A
undici anni dal G8
2001,
che ebbe luogo a Genova dal 19 al 21 luglio, Amnesty International
constata con disappunto che le centinaia di vittime delle gravi
violazioni dei diritti umani
compiute in quei giorni da funzionari e agenti delle forze di polizia
non hanno ottenuto piena giustizia, anche a causa della mancanza
del reato di tortura
nel codice penale e di misure di identificazione degli agenti durante
le operazioni di ordine pubblico, come l'uso di codici alfanumerici
sulle uniformi.
Diversi
casi emersi negli anni trascorsi da quegli eventi hanno continuato a
chiamare in causa le responsabilità delle forze di polizia,
confermando l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la
prevenzione delle violazioni. La condanna definitiva, confermata
dal 21 giugno in Cassazione,
per omicidio colposo degli agenti responsabili della morte
di Federico Aldrovandi durante un fermo nel 2005;
la sentenza definitiva per omicidio volontario dell’agente di
polizia stradale che nel 2007 esplose il colpo di pistola che uccise
Gabriele Sandri;
i procedimenti in corso per la morte
di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva e Stefano Cucchi mentre si trovavano
in stato di custodia;
le accuse di lesioni, aggressione, sequestro di persona e calunnia
agli agenti della polizia municipale che tennero in stato
di fermo Emmanuel Bonsu;
sono fatti che dovrebbero interrogare profondamente le istituzioni
italiane e che confermano l’urgenza di misure legislative e
istituzionali per la prevenzione degli abusi.
Le
forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti
umani in ogni paese:
hanno, tra le proprie responsabilità, quelle di ricevere denunce su
abusi dei diritti umani, svolgere le indagini e garantire il corretto
svolgimento delle manifestazioni, proteggendo chi vi partecipa da
minacce e violenze. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua
importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il
rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il
riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza.
Amnesty
International chiede agli stati di assicurare che le forze di polizia
operino nel rispetto degli standard internazionali sull’uso della
forza e delle armi, di prevenire
violazioni dei diritti umani e di assicurare indagini rapide e
approfondite e procedimenti equi per l’accertamento delle
responsabilità, quando emergano denunce di violazioni.
In
Italia mancano tuttora importanti strumenti per la prevenzione e la
punizione degli abusi, quali organismi di monitoraggio sul rispetto
dei diritti umani e sui luoghi di detenzione, misure di
identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine
pubblico e la previsione del reato di tortura nel codice penale.
(Da Amnesty International del 19/07/2011)
REATO DI TORTURA, AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA SCRIVE AL MINISTRO SEVERINO: UN PRECISO OBBLIGO DEL GOVERNO ITALIANO DA LUNGO TRMPO DISATTESO, CON EFFETTI PRATICI NEGATIVI
Carlotta Sami, direttrice generale di
Amnesty International Italia, ha inviato oggi una lettera al ministro
della Giustizia, Paola Severino Di Benedetto, chiedendole di
esercitare un ruolo fondamentale nell'assicurare che l'Italia
introduca finalmente nel codice penale il reato di tortura, adottando
un testo che sia in linea con il dettato della Convenzione delle
Nazioni Unite contro la tortura, ossia non restrittivo rispetto alla
definizione in essa contenuta.
"Assicurare l'attuazione della
Convenzione in tutte le sue parti, inclusa quella fondamentale di
introdurre il reato di tortura nel codice penale, è un preciso
obbligo del governo italiano, sinora disatteso, con effetti pratici
molto negativi che non hanno mancato di farsi sentire in processi in
cui le responsabilità di funzionari e agenti dello stato erano
soggette ad accertamento" - si legge nella lettera al ministro
Severino.
Amnesty International Italia ha accolto
con molto favore la ripresa della discussione in sede parlamentare
della proposta di introdurre il reato di tortura nel nostro
ordinamento, attualmente all'esame della Commissione Giustizia del
Senato.
Tuttavia, alcuni aspetti dell'ultimo
testo proposto in Commissione Giustizia destano la preoccupazione
dell'organizzazione per i diritti umani, come ad esempio, l'assenza
degli elementi di intimidazione e coercizione tra le finalità della
tortura e la sostituzione delle parole "fisiche o psichiche",
contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura,
con il termine riduttivo "psico-fisiche".
Nella lettera, Carlotta Sami ha
informato il ministro Severino che l'appello
sul rispetto dei diritti umani da parte delle forze di polizia,
rivolto al presidente del Consiglio Monti e ai presidenti delle
Camere, è stato presentato come petizione popolare sia al Senato che
alla Camera nel mese di maggio, date le migliaia di firme raccolte da
Amnesty International Italia.
(Da Amnesty International del 06/07/2012)
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