sabato 19 settembre 2015

I MARÒ E QUELLA CERTA STAMPA CHE NON SI SA RASSEGNARE


Dopo anni in cui pochi o nessuno dei media nostrani sembrava essersi accorto della vicenda dei due Fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, tutto ad un tratto, dopo l'avvio dell'arbitrato internazionale, si è visto un'improvviso aumento di articoli e notizie (dove stavano prima questi signori?). In verità qualcuno di una certa parte politica aveva anche scritto ma gli articoli era incentrati principalmente sulla colpevolezza dei due marò a prescindere (le "divise", a certi, fanno venire l'orticaria). Fin dagli inizi di questa triste storia si sono formati due schieramenti sudddivisi tra colpevolisti e innocentisti quasi fossero tifosi di una o dell'altra squadra durante una partita di pallone.

I colpevolisti erano avallati da una certa stampa che non ha mai voluto  (o potuto?) prendere in considerazione, ignorandola, l'analisi fatta dal Consulente Tecnico Luigi Di Stefano e disponibile fin da quasi subito sulla sua pagina web. Lo stesso, già il  23 Aprile 2012, aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma con la sua prima analisi che però non è stata mai presa in considerazione ne dai "media" ne dalle italiche istituzioni. Forse solo perchè appartenente a quella parte politica considerata avversa (in Italia la professionalità non conta nulla).

Successivamente si è venuti a sapere che proprio Di Stefano era venuto in possesso di parte degli incartamenti (quelli a lui utili per approfondire le sue indagini) depositati dagli indiani al Tribunale di Amburgo  durante le udienze del 10 e 11 agosto 2015. Come avrà fatto ad ottenere quei documenti che nessuno aveva pensato di acquisire? ... con una richiesta, via email, al tribunale, semplice no? 

Alcuni giorni dopo esce su "Il Primato Nazionale" un primo articolo di Di Stefano dal titolo "Marò: il castello di carta indiano". 

Nei giorni successivi tutti i media si sono scatenati sulla notizia dell'autopsia effettuata sul corpo di Valentine Jalestine, uno dei due presunti pescatori uccisi, dove risulta che il proiettile rinvenuto nel cranio non proviene dalle armi dei marò (calibro maggiore delle munizioni in loro dotazione). Quindi si assiste ad un vero fiume di articoli che parlano di questa importante scoperta che poi di nuovo non ha proprio nulla, già tutto scritto fin dagli inizi nell'analisi di Di Stefano.

Tutto questo "gridare" però crea imbarazzo in molti colpevolisti ed ecco quindi apparire, su "Repubblica", un primo tentativo di smontare questo entusiasmo.
Sulla stessa linea il 17 settembre appare, su "China Files", un'altro articolo .
Il 18 settembre. su "Quelsi", viene pubblicato un corposo articolo dove è esposto quanto non funziona in quelle teorie colpevoliste.

Qui sotto voglio riportare un recente articolo dove in calce vengono citati tutti gli ultimi articoli divulgati da quanti non vogliono rassegnarsi all'innocenza dei due fucilieri del Battaglione San Marco.

Ora, dopo un paio di giorni di "euforismo", è ricalato il più totale silenzio! Aspettiamo la prossima puntata.

Il supposto scoop di QN sul caso dei due Marò

Premetto che io faccio il tifo per i due Marò e che secondo me la competenza a processarli è dello Stato italiano, ma questo non m’impedisce di conservare sulla vicenda la massima obiettività.

La settimana scorsa, QN-Quotidiano Nazionale ha diffuso la notizia,[1]rilanciata da quasi tutti i media, dell’autogol fatto dall’India, che avrebbe allegato agli atti depositati presso il Tribunale internazionale per il diritto del mare (Itlos), che doveva decidere esclusivamente sull’ammissibilità dell’arbitrato alla Corte dell’Aja, la prova documentale che i proiettili estratti dai corpi delle due vittime – i due pescatori del Saint Antony, Valentine Jelastine e Ajeesh Pink - erano più lunghi di quelli in dotazione ai marò.

Leggendo la notizia, mi è tornato subito in mente un articolo di Repubblicadi qualche anno fa, che riferiva in esclusiva dell’inchiesta di un ammiraglio italiano. Mi sono messo a cercarlo in rete e l’ho trovato.[2]

Cercandolo, mi sono ovviamente imbattuto anche nella voce di Wikipedia[3], che, oltre a riportare l’articolo predetto di Repubblica, contiene nelle note alcuni scritti interessanti, tra cui quelli di Matteo Miavaldi, che è un giornalista italiano che lavora in India per conto di un giornale cinese e che ha seguito assiduamente e accuratamente il caso fin dall’inizio (vedi al riguardo la voce Wikipedia, note 11 e 12). Da essa, ho anche appreso del ruolo svolto nella vicenda dal sedicente ingegnere Luigi Di Stefano, autore di un documento "tecnico" che scagiona i due militari dall'uccisione dei pescatori indiani. Il Di Stefano è un dirigente del movimento politico di estrema destra Casa Pound e pare essere la fonte sia di QN-Quotidiano Nazionale, sia de Il Giornale e altri organi di stampa di destra, che stanno fin dall’inizio portando avanti una campagna di stampa per la liberazione dei due Marò, propalando però anche notizie infondate o molto di parte.

Discutendone in rete con quelli che avevano postato l’articolo di QN per sostenere l’innocenza di Latorre e Girone, ho linkato l’articolo diRepubblica del 2013 ed osservato che il punto non era che noi dovessimo stabilire se sono stati Latorre e Girone, ma che, secondo la ricostruzione diRepubblica su fonte attendibile, i proiettili di calibro 5,56 mm, di produzione italiana, erano in dotazione alla Nato. E che, come si ipotizzò tre anni fa, possono essere stati esplosi da altri militari italiani di guardia alla nave (in totale erano sei), i quali avevano in dotazione armi con proiettili di quel calibro (Repubblica ne fa anche i nomi: i sottocapi Andronico e Voglino). I quali – rammento – sono stati ascoltati tutti come testimoni dal Tribunale indiano solo in videoconferenza, poiché l’Italia si oppose acché venissero escussi in India.

Approfondendo gli aspetti balistici, ho ricavato che, non essendo stato ancora celebrato il processo in India, sono noti finora soltanto i risultati dell’indagine eseguita dalla polizia dello Stato del Kerala, ma non quelli dell’inchiesta effettuata successivamente dalla polizia federale National Investigation Agency (Nia). A questo riguardo, allego due articoli, uno diRepubblica[4] e un altro di Matteo Miavaldi.[5]


[1] "I marò non usano quei proiettili". E c'è la truffa dei testimoni fotocopia
India, nelle carte depositate al Tribunale del Mare tutti i trucchi dell'accusa
di LORENZO BIANCHI
11 settembre 2015

[2] Marò, la verità degli italiani su quei 33 minuti.
Il giallo: i fucili erano quelli di altri soldati
Il contenuto di una "inchiesta sommaria" prodotta pochi giorni dopo l'incidente sulla Enrica Lexie. I proiettili estratti dai corpi delle due vittime esplosi da armi che non erano di Latorre e Girone. La ricostruzione: segnali luminosi, prime raffiche in acqua e persone armate sulla barca. Così furono scambiati per pirati
di MAURA GUALCO e VINCENZO NIGRO
06 aprile 2013

Seconda parte dell’articolo d’inchiesta di Repubblica


[4] Marò, il giallo dei documenti presentati ad Amburgo. India potrebbe aver inviato una vecchia perizia con dati sbagliati sui proiettili
Una perizia successiva conferma la compatibilità tra il proiettile estratto e le munizioni in dotazione ai fucilieri italiani
11 settembre 2015

[5] Proiettili troppo lunghi, marò, somali e cingalesi: cosa non torna
Matteo Miavaldi
Mercoledì, 16 Settembre 2015

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