Ricorsi in arrivo e profitti milionari che potrebbero andare in fumo. Dopo la maxipenale da 2,5 miliardi di euro affibbiata venerdì dalla Corte dei Conti a dieci concessionari di gioco italiani per i disservizi delle loro slot machine fino al 2007, le aziende colpite cominciano a metabolizzare la botta, progettando le prossime iniziative legali ma soprattutto calcolando quanto le sanzioni potrebbero impattare sui loro conti.
Va detto che i magistrati contabili hanno ridotto di oltre il 95% la
cifra richiesta inizialmente dal pm Marco Smiroldo, che quasi cinque
anni fa sulla base di una perizia consegnatagli dalla Guardia di Finanza
aveva quantificato in 98 miliardi il possibile danno
causato dalle scorrettezze tecnico-contabili a suo dire adottate dai
concessionari (in fondo al post, alcuni stralci della sentenza riportati
dall’agenzia Agipronews).
Anche così, però, si tratta di una ferita dolorosa per gli operatori
di settore, frustrati anche dal fatto che solo pochi mesi fa
circolassero tra i loro manager e i rispettivi uffici legali voci su una
sanzione limitata a soli 500 milioni di euro complessivi.
La penale più alta, pari a 845 milioni, è quella che dovrà pagare Bplus (ex
Atlantis World), società originaria delle Antille olandesi gestita dal
catanese Francesco Corallo, già molto chiacchierata. Sin dal momento del
suo sbarco in Italia nel 2004 la Atlantis - Bplus sovrasta gli altri
operatori con una quota di mercato che sfiora il 30 per cento e oggi, di
conseguenza, primeggia anche nella multa richiesta dall’erario.
Ma anche i suoi concorrenti non festeggiano di certo: la Corte ha
chiesto 120 milioni agli spagnoli di Cirsa Italia, 245 a Sisal Slot, 100
a Lottomatica, 150 a Gmatica, 115 all’altro player spagnolo Codere, 200
ad Hbg, 235 milioni a Gamenet, 255 a Cogetech e 210 alla Snai.
Il comparto delle macchinette, in Italia, vale cifre da capogiro: nel 2011 399 mila apparecchi installati hanno raccolto poco meno di 45 miliardi,
cioè oltre la metà di quanto totalizzato dall’azzardo di Stato. Ma se
si sottraggono al totale il payout (cioè le somme restituite in
vincite), le tasse (circa 4 miliardi), i costi vivi e le percentuali che
spettano a chi ospita le slot (bar, tabaccherie, ricevitorie e così
via), quel che rimane in tasca alle concessionarie ammonta a circa mezzo miliardo l’anno.
Significa che se l’importo delle sanzioni dovesse essere confermato
dalle prossime sentenze, la gallina dalle uova d’oro nei prossimi cinque
anni macinerà utili solo allo scopo di pagare le cifre contestate.
Le conseguenze non si sono fatte attendere. Lottomatica e Snai,
le due principali aziende italiane (e le sole due quotate in Borsa) del
segmento giochi e scommesse, hanno annunciato già lunedì mattina
l’intenzione di ricorrere contro il provvedimento, prontamente seguite
da Sisal. Tutti gli altri procederanno analogamente, secondo quanto
riferito da Acadi, l’associazione di categoria che oltre a Sisal
raccoglie altre due società multate.
Il fatto che per l’eventuale sentenza di appello occorreranno almeno
un paio d’anni gioca a favore dei ricorrenti, anche perché non è
prevista immediata procedura liquidatoria della causa e saranno
probabilmente richieste una o più nuove perizie che, tenuto conto del
contesto sperimentale dei provvedimenti dell’epoca, potrebbero
consentire di limare ulteriormente la cifra dovuta. Questo almeno è
quanto si aspettano i legali di alcuni operatori, sentiti da Panorama.it.
Eppure, secondo gli analisti di Intermonte “la notizia aumenta sin
d’ora l’incertezza sul settore”. Risultato: venerdì, dopo l’annuncio
della maximulta, Lottomatica ha perso sul listino milanese il 3%
nonostante un preconsuntivo 2011 assolutamente positivo (ricavi e
margine in crescita rispettivamente del 28,5% e del 17,5%), mentre Snai,
che al momento ha addirittura una capitalizzazione di Borsa inferiore
all’importo della multa, ha ceduto l’8%.
Un’altra società, la Equita Sim, ha contribuito lunedì mattina a
buttare acqua sul fuoco: i suoi analisti ritengono infatti che ci sia
spazio per un’ulteriore riduzione in appello delle sanzioni “visto che,
pur essendo una frazione di quanto inizialmente contestato, sono ancora
spropositate rispetto all’aggio percepito. Le sanzioni sarebbero tra
l’altro probabilmente insostenibili per molti degli operatori coinvolti,
Lottomatica a parte, creando una forte turbativa su un settore che
offre ritorni importanti all’erario”.
Nella prima parte della settimana gli operatori di Borsa sembrano
aver recepito le indicazioni degli specialisti. Tra lunedì e martedì
Lottomatica e Snai non hanno partecipato al rally dei listini coinciso
con il salvataggio greco: la prima ha accusato un’ulteriore contrazione
dello 0,2%, mentre la seconda è rimasta sostanzialmente stabile senza
però recuperare il terreno perso venerdì.
GLI STRALCI DELLA SENTENZA
I dieci concessionari delle new slot nel periodo 2004-2006 hanno
tenuto un comportamento teso a ottenere la maggior fetta di mercato,
disinteressandosi dei problemi relativi al collegamento delle macchine
alla rete di Sogei, anzi continuando a chiedere ulteriori nulla osta per
altri apparecchi. È quanto si legge nella sentenza della Corte dei
Conti che ha condannato i dieci concessionari al pagamento di 2,5
miliardi di euro.
L’obiettivo principale della rete andrebbe riscontrato nel
costante flusso di informazioni tra la rete dei concessionari e il
sistema centrale al fine di verificare e controllare l’effettivo
andamento delle giocate. «Un obiettivo disatteso», si legge nel testo
della sentenza, anzi «l’azione della Procura non solo ha evidenziato uno
sperpero di risorse pubbliche», ma secondo i giudici contabili ha anche
«messo in luce gravissime illegalità che hanno escluso quasi del tutto
l’esercizio del controllo pubblico sul gioco».
La «scarsa disponibilità di linee di comunicazione dedicate» per il
collegamento, riscontrata anche nella perizia affidata alla Digit PA,
«non esclude per nulla la responsabilità delle società concessionarie»,
che si erano assunte «l’obbligo di realizzare il servizio, garantendone i
livelli previsti, con propri mezzi e organizzazione, ovvero con quelli
di terzi» e che dunque sarebbero «responsabili anche dei ritardi
derivanti dalle resistenze e dalla mancanza di collaborazione dei
gestori e degli esercenti».
Ritardi che sono stati «certamente anche causati dall’elevato numero di apparecchi che avrebbero dovuto essere collegati alla rete», un numero che continuava a crescere visto che le società continuavano a chiedere nulla osta per «un numero di macchinette molto superiore alle 5.000 della dichiarazione iniziale creando gravissime difficoltà nel collegamento e, in seguito, nella fase di conduzione della rete (specialmente nei primi mesi del 2005)».
Ritardi che sono stati «certamente anche causati dall’elevato numero di apparecchi che avrebbero dovuto essere collegati alla rete», un numero che continuava a crescere visto che le società continuavano a chiedere nulla osta per «un numero di macchinette molto superiore alle 5.000 della dichiarazione iniziale creando gravissime difficoltà nel collegamento e, in seguito, nella fase di conduzione della rete (specialmente nei primi mesi del 2005)».
Allo stesso tempo le società non si sarebbero adoperate, «in
ottemperanza agli obblighi stabiliti in concessione, perché fosse
pienamente realizzato il collegamento di tutti gli apparecchicon nulla
osta per garantire il costante flusso di dati delle giocate verso il
sistema centrale» rappresentato dai Monopoli di Stato. Il pagamento
forfettario proposto dalle società coinvolte, secondo la Corte, non è
sufficiente, visto che elude l’obiettivo principale di controllare il
gioco e accertare la base imponibile: un obiettivo che, riporta il testo
della sentenza, «rappresenta la normalità, la legalità», mentre
«l’accertamento con il procedimento presunto (o indotto come dice il
legislatore) deve essere l’eccezione non la regola».
(da blog.panorama.it di Gianluca Ferraris 22 Febbraio 2012)
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