martedì 7 febbraio 2012

Pillole di Costituzione

Art. 49.
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.



Politica = malaffare. Questa è, lo abbiamo detto più volte, l'equazione che oramai pervade la coscienza della grande maggioranza del popolo italiano . E la parola politica viene associata al termine “partito” e così chiunque sia iscritto ad un partito o, peggio ancora, ricopra un incarico anche minimo in un qualsiasi partito, viene considerato un traffichino, un imbroglione, un ladro, uno che sta li per fare solo i propri interessi, per garantire un posto ai propri figli, o per ottenere qualche prebenda.
E queste idee non appartengono solo a chi è fuori da qualsiasi partito o non va mai a votare, ma sono condivise anche da chi è un semplice iscritto ad un partito o un semplice elettore. Secondo alcune indagini demoscopiche pensa così il 96% degli italiani. Chi fa politica pensa solo a se stesso, questa la conclusione a cui si giunge quando si tenta di parlare di politica mentre magari si va al lavoro in un pullman o si è al bar con gli amici. E i fatti come quelli accaduti nell'ultima settimana inerenti il furto di ben 13 milioni di finanziamento pubblico dell'ex partito della Margherita da parte del suo tesoriere non fanno altro che confermare questi ragionamenti che vengono anzi gridati a più non posso proprio da quei giornali di destra che più di altri hanno contribuito a che la situazione politica diventasse quello che oggi è.

Se queste sono le idee dominanti, e purtroppo lo sono, ciò significa che l'art. 49 della nostra Costituzione è stato già distrutto nei fatti. Non è stato abolito formalmente ma lo è nella coscienza collettiva degli italiani che rifiutano la politica ed i partiti e sono oramai pronti psicologicamente ad accettare l'avvento di una dittatura aperta, con coseguiente abolizione di tutti i partiti, come fra l'altro dimostrano i dati di consenso molto elevati di cui gode il governo Monti, che è espressione della dittatura di una ben precisa classe sociale.Eppure l'articolo 49 esprime idee difficilmente attaccabili da qualsiasi punto di visto lo si voglia leggere, da quello etico a quello morale, a quello filosofico a quello giuridico perchè in esso sono espressi i principi base della democrazia. 
Innanzitutto viene sancito il “diritto di associarsi liberamente in partiti”. Non ci sono autorizzazioni da chiedere o carte bollate o tasse da pagare per associarsi in partiti. Non c'è un potere regio che possa impedirlo, né un partito unico a cui doversi necessariamente iscrivere pena l'esclusione da qualsiasi posto di lavoro o la perdita di qualsiasi diritto civile come era nel periodo fascista.
L'articolo 49 parte proprio dall'esperienza drammatica del regime fascista durante il quale i partiti erano aboliti, c'era un partito unico a cui bisognava necessariamente essere iscritti, fin dalla più tenera età ( si cominciava coi balilla fin dalla scuola elementare), se si voleva evitare di essere perseguitati, di essere mandati al confino o processati dal Tribunale Speciale.
L'articolo 49 elimina in poche parole cariche di significato tutte le leggi fasciste che avevano instaurato il regime mussoliniano, le cosiddette “leggi fascistissime” fra cui il Regio Decreto 1848/26 che prevedeva lo scioglimento di tutti i partiti, associazioni e organizzazioni che esplicavano azione contraria al regime rendendo il Partito Fascista l'unico ammesso.
Nell'articolo 49 ci sono, ancora, altri tre concetti su cui occorre soffermarsi che sono espressi nella parte conclusiva con la frase “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
C'è innanzitutto il concetto espresso dal verbo “concorrere”, c'è poi il concetto di “metodo democratico”, c'è infine il concetto di “politica nazionale”.
Cosa significa “concorrere”? Significa innanzitutto che non può esserci un partito unico. Il verbo “concorrere”, che deriva dal latino concŭrrere che significa “correre con”, “correre insieme a qualcuno”, indica l'azione del “dare il proprio contributo a qualcosa”, o meglio ancora, cooperare, contribuire, partecipare a realizzare qualcosa insieme ad altri. Nessun partito da solo può avere la rappresentanza assoluta dell'intera “politica nazionale” che diventa un bene comune costituzionalmente garantito. C'è quindi sia il concetto di molteplicità dei partiti che insieme cooperano, sia quello di relativismo del contributo di ognuno di essi che deve necessariamente confrontarsi con quello di altri partiti e cioè di altre libere associazioni di cittadini che con metodo democratico, ecco il secondo punto, cercano di determinare la politica nazionale, ecco il terzo punto.
Quindi unità nella molteplicità, bene comune di tutta la nazione, quello che l'art. 49 chiama “politica nazionale”, che deve essere l'elemento ispiratore di tutte le iniziative dei partiti e che per tale motivo non possono avere padroni o essere organizzati o diretti da logge segrete in mano a gruppi di potere.
Quindi democrazia finalizzata al bene comune e non al raggiungimento degli interessi di singole classi che utilizzino il loro potere economico per mettere in discussione il bene comune (cioè la “politica nazionale”) per favorire i propri interessi personali o di gruppo sociale.
Tutto quello che dall'inizio degli anni '90 del secolo scorso ad oggi è stato fatto sul tema dei partiti è dunque palesemente anticostituzionale, a cominciare dalle leggi elettorali che hanno messo in discussione proprio lo spirito e la lettera dell'articolo 49, fino all'ultima che prescrive addirittura l'obbligo per le coalizioni o per i sindogli partiti di indicare il “candidato premier”, che è una categoria chiaramente incostituzionale e che ha portato nei simboli di vari partiti il nome dei capi-proprietari di tali partiti, a destra come a sinistra, tutte cose che sono violazioni esplicite dell'art. 49 della Costituzione.
Per uscire dunque dalla situazione nella quale ci troviamo, repetita iuvant, bisogna ritornare alla Costituzione e al suo rispetto integrale. Bisogna diventare "partigiani della Costituzione", come ha detto recentemente il magistrato Antonio Ingroia, sostituto procuratore della Repubblica di Palermo.
(di Giovanni Sarubbi da www.ildialogo.org)
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