Renzi marpionnato alla conquista di New York - al Council on
Foreign Relations matteuccio si scusa per l’inglese maccheronico e promette
praterie agli investitori: “cambierò le leggi sul lavoro”
Renzi promette di battere la sinistra del partito e di “sconfiggere la ‘vetocrazia’ dei sindacati e della pubblica amministrazione, di chi va in ufficio per stare al telefono o sui social network invece di lavorare e dare certificati ai cittadini”...
1. VIDEO - IL DISCORSO INTEGRALE DI RENZI AL COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS
2. IL MESSAGGIO DI RENZI AGLI INVESTITORI: “SUL LAVORO IO NON MI FERMERÒ”
La platea del blasonato Council di relazioni internazionali, angolo su Park Avenue, a tratti si diverte. Renzi prende in giro anche il suo inglese, «cancellate le registrazioni, è terribile la mia pronuncia, lo so». Ma il terzo presidente italiano in tre anni, di fronte a manager, professori, diplomatici e banchieri americani, ha un messaggio da recapitare: non pensate che finisca come gli altri, «non è possibile che io mi fermi o mi tiri indietro».
In prima fila c’è Sergio Marchionne, alla fine definirà l’intervento del premier «eccezionale». Al di là delle gag il contenuto è ricco di messaggi, il primo alla sinistra del suo partito: lunedì prossimo c’è la direzione, «ci si ascolta, si decide e poi si va tutti insieme, ci sono delle cose che in Italia vanno fatte» e il Jobs act, che promette poco dopo anche ai presidenti delle principali multinazionali americane, dall’Ibm alla Coca Cola, riuniti insieme ai manager dei fondi comuni d’investimento nella sede di Bloomberg, all’ora di pranzo, è in cima alla lista del capo del governo.
Nella declinazione americana del problema l’inquadratura scelta da Renzi suscita interesse, a tratti incredulità. Lui ci mette tutta l’enfasi possibile: il mercato del lavoro attuale «è focalizzato sul passato, alla fine crea disoccupati, la sinistra radicale vuole lasciare immutato lo Statuto dei Lavoratori così com’è stato concepito 44 anni fa», e alcuni pensano addirittura che «difendere lo Statuto vuol dire essere di sinistra». Pausa, e «io non sono repubblicano, vi assicuro che sono il leader del Pd, di sinistra, ma adesso è il giudice a decidere se un licenziamento è legittimo, dobbiamo cambiare oltre che ridurre il numero delle leggi sulla materia, siamo a 2100, dobbiamo ridurle a 40».
Renzi fa il giro della Manhattan che conta subito dopo l’intervento di Obama alle Nazioni Unite: lo ha molto apprezzato, «soprattutto per il suo insistere sul fatto che non è una guerra all’Islam, uno scontro di religioni, si stanno violando i diritti umani e bisogna intervenire». Ma la giornata, nell’agenda del premier, è dedicata al proprio Paese, nel pomeriggio rilascia interviste ai principali organi di informazione.
Assicura che non cadrà nel rischio di «avere consenso solo per il consenso, qualcuno dirà che sono pazzo ma io voglio realmente cambiare in modo radicale, rivoluzionario, il mio Paese; Meucci inventò il telefono ma non ebbe il copyright, per mancanza di denaro, siamo il Paese della grandi idee che non riusciamo a realizzare, io cercherò di ridare autenticità alla nostra Italia».
Per fare tutto questo dovrà sconfiggere la «vetocrazia» dei sindacati e della pubblica amministrazione, di tutti coloro che vanno in ufficio «per stare al telefono o sui social network invece di lavorare e dare certificati ai cittadini». Dovrà cambiare la relazione con Bruxelles, la capitale di quella Ue che «è il regno della tecnocrazia senza visione, se non quella delle slides» e dell’austerity. E invece lui in Italia sta cercando di scardinare il sistema, aprirlo agli investitori esteri, «e non importa il passaporto ma il valore che creano».
Sergio Marchionne, ad di Fiat Chrysler, alla fine farà un applauso ai messaggi di Renzi, «spero per il bene dell’Italia che lo si lasci lavorare, ha un coraggio enorme, guarda al futuro, gli consiglio di non arrendersi, ma non credo abbia bisogno dei miei consigli». «Il Paese — aggiunge — deve essere ricostruito, su una base diversa. Dobbiamo credere nel futuro. Io l’ho fatto nel mio piccolo, ma è estremamente doloroso smontare e ricostruire un sistema e non viene capito da tutti. Spero che non molli».
Domani si rivedranno ad Auburn Hills, Michigan, sede della Chrysler. «Gli faremo vedere un’altra parte della Fiat, un pezzo di Made in Italy, la parte americana collegata con quella italiana, che stanno lavorando insieme e creando un futuro insieme». Un futuro in cui gli investimenti in Italia, promette ancora l’amministratore, saranno crescenti in modo proporzionale al grado di riforme che Renzi riuscirà a portare a compimento.
Infine una domanda sul fondo di ieri del Corriere critico con Renzi , Marchionne sorvola e risponde così: «Normalmente non lo leggo». Poco prima aveva sorvolato anche il premier: faccio gli auguri al giornale per la nuova grafica. (Fonte)
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