.... ovvero uno di quelli che l'hanno proprio duro, ..... il cervello s'intende.
Non poteva esserci miglior pubblicità che il caso della
laurea albanese del Trota, alle ragioni di quanti difendiamo il valore
legale del titolo di studio e la certificazione pubblica della qualità
della formazione.
La notizia della laurea comprata da Renzo Bossi all’Università
Kristal di Tirana, dove si è laureato in 13 mesi così a distanza da non
esserci andato neanche per la Laurea, è la miglior chiosa alla parabola
storica della Lega Nord. Come per il fascismo, nato anche dalla critica
radicale dell’italietta liberale e degli accomodamenti familistici di
questa, anche la Lega Nord replica in farsa il peggio dei fenomeni che
pretendeva denunciare.
Quel “familismo amorale” che studi sociologici orientati attribuivano
al mezzogiorno, individuando di conseguenza una parte sana del paese
stranamente immune geograficamente dai difetti del paese, invece
allignano senza eccezione ovunque. I “figli di papà” e il “tengo
famiglia” sono gli articolo uno della Costituzione materiale del paese
dagli stati preunitari all’Italia liberale, da quella fascista a quella
repubblicana, da Gemonio a Lampedusa, da Imperia a Otranto.
Il caso della laurea albanese testimonia che nel Nord dove la
polemica anticulturale è stata più forte in questi anni e dove l’operaio
(apparentemente) non desiderava avere più il figlio dottore, proprio il
massimo censore del “culturame” a colpi di corna, rutti e gesti
dell’ombrello, si abbarbichi al pezzo di carta per il figlio ipodotato
come riconoscimento disprezzato eppure indispensabile. Non
poteva esserci miglior pubblicità che il caso della laurea del Trota,
alle ragioni di quanti difendiamo il valore legale del titolo di studio e
la certificazione pubblica della qualità della formazione.
In Italia, il vero pezzo di carta, con buona pace dei bocconiani, è e
sarà la carta d’identità, familiare. La supposizione che il figlio di
Bossi possa usare la sua improbabile laurea testimonia che l’abolizione
del valore legale creerebbe una giungla nella quale non i migliori
(dotati di lauree conferite da atenei considerati “migliori”) ma i più
forti (privilegiati familisticamente, magari favoriti spudoratamente da
atenei interessati ad averli come allievi) sarebbero avvantaggiati. È
solo il valore legale, la rigida certificazione di percorsi di studio
comparabili (quale quello che porta al riconoscimento di lauree
straniere) a garantire dai peggiori abusi oltre a garantire il rispetto
del diritto costituzionale allo studio dei capaci e meritevoli anche se privi di mezzi.
Dopo vent’anni nei quali la Lega Nord ha violato i diritti civili di
migliaia di insegnanti meridionali, facendo barricate per impedire loro
di lavorare e farneticando di scuole padane dove insegnare il dialetto
della Val Brembana, proprio il figlio del capo va a prendersi la laurea
in Albania. È all’ennesima potenza una replica del caso di Mariastella
Gelmini, anch’essa sguaiatamente antimeridionale, che però prese
l’abilitazione d’avvocato a Reggio Calabria “perché più facile”.
Si capisce che un’Italia per decenni governata dal diplomato alla
scuola Radio Elettra Umberto Bossi o dalla pseudo-avvocato Gelmini abbia
per anni avuto nella scuola pubblica, nell’Università e nella ricerca
scientifica il peggior nemico. Quanta soggezione deve fare alla Gelmini
un vero avvocato, quanto marziano deve sembrare al Trota un vero
laureato in marketing! Ciò non c’entra nulla con la legittimità del non
aver potuto studiare, per censo o perché la vita ha scelto così. C’entra
col non aver voluto studiare ma volersi mostrarsi per quello che non si
è. Potremmo farci un’alzata di spalla delle frustrazioni di Gelmini o
Bossi se non avessero contribuito in questi anni ad affossare il sistema
educativo e la ricerca italiana.
Avrebbero potuto mandarlo ovunque, gli Stati Uniti pullulano di
college di prima o di quarta serie dove i rampolli delle classi
dirigenti mondiali prendono i pezzi di carta con i quali subentrare ai
loro papà. Ha scelto di mandarlo in Albania, paese popolato da una razza
inferiore per anni simbolo della politica xenofobica della Lega.
Dovremmo ringraziarlo il Rettore dell’Università Kristal per aver
venduto quel pezzo di carta a Renzo Bossi pagato dai contribuenti di
Bari e di Arezzo. Ha dimostrato quanto ipocrita e strumentale alla
preparazione culturale subalterna dei propri elettori fosse (oltretutto)
il razzismo della Lega. Un razzismo finalizzato al solo mantenimento
dei privilegi della classe dirigente per sé e per i propri figli.
Il male assoluto di questo paese non appare così tanto essere
l’infimo livello della politica, la corruzione dilagante, l’evasione
fiscale, ma quella cristallizzazione premoderna di una società dove
ognuno è destinato a rimanere a vita nella casta di provenienza.
Demolita la speranza del sole dell’avvenire socialista e disciolto il
sogno americano della promozione individualista offerta dal
neoliberismo, ognuno stia come sta. Senza ascensore sociale (e non se ne
conosce altro che l’istruzione) l’Italia è destinata a essere governata
dai Trota, dalle Mariastella e dai Piersilvio, che restano “razza
padrona”. Forse il Trota non sarà mai ministro (speriamo…) ma la Porche
in garage non gliela leva più nessuno.
C’è qualcosa di perverso in questa famiglia italiana che non si
limita (come fosse poco) a dare strumenti ai propri figli per farsi
strada nella vita ma, non appena può, lavora per costruire a questi
autostrade tra le macerie di un paese, l’Italia, che dobbiamo
ricostruire da zero. Va da sé che per ogni laurea comprata c’è un
laureato vero che resta disoccupato, per ogni figlio di papà imposto,
c’è una vocazione altrui frustrata. È anche per fare spazio ai trota (i
trota figli di notai, medici, architetti, politici, docenti
universitari…) che un’intera generazione di bravi laureati fugge
all’estero o è confinata nella precarietà.
Bisognerebbe inventarsi qualcosa, magari mandarli fin da bambini in
un kibbutz in Galilea, questi figli tutt’altro che degeneri delle nostre
classi dirigenti. Chissà, magari in un kibbutz di quelli di una volta,
senza papà, senza scorta e senza laurea taroccata, forse anche Renzo
Bossi imparerebbe a vivere.
(di Gennaro Carotenuto da: www.gennarocarotenuto.it)
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