11 Agosto 2015 - Ci voleva una squadra di avvocati inglesi, e nello specifico l'avvocato Daniel Betlehem, per dichiarare forte e chiaro che:
- “ E' stupefacente la pretesa dell'India di caratterizzare fin da ora i Marò come assassini”;
- “ I Marò respingono l'accusa di aver sparato i colpi che hanno ucciso i poveri pescatori”;
- “ Vi erano altre navi nella zona quel giorno e vi sono altri rapporti di attacchi pirata”;
- “L'obiettivo perseguito dall'India è stato solo quello di creare un pregiudizio. E' un gioco pericoloso quello che sta giocando l'India dopo aver costruito un castello di carte”.
Queste affermazioni, pronunciate questa mattina da Sir Betlehem nel tribunale di Amburgo, sono di una semplicità e chiarezza cristallina e non sono sottili disquisizioni in punta di diritto per la cui pronuncia era richiesto un principe del foro internazionale (va detto, per inciso, che l'avvocato Betlehem ed i suoi collaboratori hanno argomentato al meglio, di fronte al tribunale ITLOS di Amburgo, anche tutti gli altri aspetti di natura più giuridica concernenti la normativa UNCLOS).
Sono invece affermazioni di semplice senso comune che OGNI politico italiano avrebbe avuto il dovere di fare e pretendere che fossero fatte da chi di dovere fin dall'inizio della vicenda che vede coinvolti i due fucilieri di marina e, ancora di più, dopo aver avuto tra le mani le prove della loro innocenza che Capuozzo, Di Stefano ed il sottoscritto hanno prodotto oltre due anni fa.
Naturalmente bisognerebbe ora andare oltre le affermazioni fatte da Sir Betlehem e questo dovrebbe essere il doveroso compito tanto della politica che del mondo dell'informazione italiana.
Se l'India si fosse trovata di fronte ad affermazioni come quelle fatte oggi ed a comportamenti conseguenti da parte italiana (anziché alla nota e sciagurata gestione della vicenda da parte di tre successivi governi) la vicenda dei Marò non sarebbe marcita così come è invece avvenuto. Salvatore Girone non sarebbe ancora ostaggio in India oggi dopo tre anni e mezzo. E tra India ed Italia in questi due giorni di udienze ad Amburgo non sarebero 'volati gli stracci' come è invece avvenuto (pur concedendo che lo show possa in teoria essere stato in parte funzionale ad una possibile soluzione di compromesso).
La controversia sulla titolarità della giurisdizione (avviata attraverso il ricorso all'arbitrato internazionale) sarà lunga, complessa e tutt'altro che scontata negli esiti.
Così come tutt'altro che scontato sarà l'atteggiamento che assumerà la Corte Suprema indiana a fronte dei nuovi possibili sviluppi (ricordo che il ricorso all'arbitrato internazionale è stato sì 'accettato' dal governo indiano anche per ragioni di propria convenienza, ma che la Corte Suprema ha finora solo chiesto al governo di riferire nel merito nella prossima udienza fissata al momento il 26 Agosto prossimo).
Se la questione della giurisdizione è complessa, è invece assai chiaro (per chi ha studiato a fondo la vicenda) come si sono svolti i fatti.
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono innocenti e niente hanno a che fare con la morte dei due pescatori indiani.
Oggi un avvocato inglese ha finalmente denunciato e posto ufficialmente un primo freno alle prevaricazioni ed ai soprusi 'narrativi' indiani che la politica e la stampa italiana hanno vergognosamente accettato per tre anni e mezzo.
Qualunque siano le prossime decisioni del tribunale di Amburgo e del tribunale arbitrale dell'Aja, che verrà prossimamente costituito, sta ora all'Italia non perdere nuovamente la strada.
I Marò sono innocenti e questa innocenza l'Italia dovrà ribadirla e farla valere in ogni sede anche a costo di mettere a nudo tutte le 'porcherie' che in tre anni e mezzo sono state compiute sia in India che in Italia.
Piegarsi di fronte alla prepotenza e ricercare di continuo soluzioni di ripiego, come ha dimostrato ancora una volta anche questa vicenda, non paga mai.
(di Stefano Tronconi)
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