lunedì 11 gennaio 2016

I MARÒ SONO INNOCENTI, TUTTE LE FALSITÀ INDIANE - ANNEX 3


ANNEX 3: Applicabilita' della "SUA Act"
In questo documento verrà fatta l'analisi di ANNEX 3 per la parte relativa alla applicazione al caso della legge indiana SUA Act del 2002
Kerala police charge sheet, 15 February 2012http://www.seeninside.net/piracy/itlos-annex-03.pdf
Il SUA Act
THE SUPPRESSION OF UNLAWFUL ACTS AGAINST SAFETY OF MARITIME NAVIGATION AND FIXED PLATFORMS ON CONTINENTAL SHELF ACT, 2002 - ACT NO. 69 OF 2002
(Legge sulla repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima e piattaforme fisse sulla piattaforma continentale, 2002 - Legge 69/2002)
In sostanza il SUA Act è una legge per reprimere pirateria, terrorismo e ogni altro crimine commesso in mare, su naviglio o piattaforme fisse, che si trovino genericamente sulla piattaforma continentale indiana.
NOTA: La piattaforma continentale è un luogo geografico, non un luogo giuridico. Solo in questo modo la sovranità giudiziaria indiana può giungere fuori dalle acque territoriali e comunque ben oltre i limiti consentiti dai trattati internazionali.
In questa trattazione ci interessa indicare che la SUA Act è di principio contraria al Diritto giuridico europeo per una diversa interpretazione dei diritti della difesa e dei doveri dell'accusa, rovesciando di fatto l'onere della prova di innocenza a carico dell'accusato, il contrario di quanto prevede il Diritto europeo e italiano che mette invece l'onere della prova a carico della pubblica accusa.
Le autorità indiane hanno dichiarato l'applicabilità della SUA Act al caso Enrica Lexie fin dal 12 maggio 2012, come risulta dallo Chargesheet (Rapporto finale alla magistratura).

SUA-in-Chargesheet1
ANNEX 3 - Chargesheet: Le ipotesi di reato sottoposte dalla polizia ai magistrati del Kerala

A questo l'Italia ha elevato formale opposizione alla Corte Suprema indiana contestando l'applicabilità del SUA Act al caso Enrica Lexie, ma prima di una sentenza della Corte Suprema è intervenuta la sentenza dello ITLOS che ha obbligato le due parti (India e Italia) a sospendere ogni attività giudiziaria sul caso Enrica Lexie fino alla sentenza definitiva sulla giurisdizione (India o Italia) che si otterrà al Tribunale dell'Aia.
Quindi nulla impedisce nel caso la giurisdizione venga riconosciuta all'India che questa possa poi celebrare il processo applicando la SUA Act.
Sezioni e principi del SUA Act contrari al Diritto internazionale, europeo e italiano

SEZIONE 3 del SUA Act (Reati)

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3. Offences against ship, fixed platform, cargo of a ship, maritime navigational facilities, etc.
(1) Whoever unlawfully and intentionally
- (a) commits an act of violence against a person on board a fixed platform or a ship which is likely to endanger the safety of the fixed platform or, as the case may be, safe navigation of the ship shall be punished with imprisonment for a term which may extend to ten years.
3. Reati contro navi, piattaforme fissa, carico di una nave, strutture di navigazione, ecc .
(1) Chiunque illegittimamente e intenzionalmente
- (a) commette un atto di violenza contro una persona a bordo di una piattaforma fissa o una nave che rischia di mettere in pericolo la sicurezza del piattaforma fissa o, a seconda dei casi, la navigazione sicura della nave deve essere punito con la reclusione per un periodo che può estendersi a dieci anni.
omissis...
- (i) causes death to any person shall be punished with death;- (i) provoca la morte di qualunque persona è punito con la morte;
Il punto (i) è contrario al principio della gradualità della pena. La morte si può causare per semplice colpa, preterintenzionalità, eccesso colposo, etc. ma anche in caso di colpevolezza accertata la pena deve essere commisurata alla gravità del reato commesso.
Nel SUA Act questo principio manca e si dichiara perentoriamente che "la morte" va punita con "la morte".
Siamo quindi in presenza della ben nota "Legge del Taglione" uscita dall'ordinamento giuridico europeo già secoli fa, e non si può consentirne l'applicabilità in tempi moderni, tanto più in un caso in cui i due accusati si dichiarano innocenti.
PENA DI MORTE (PROMEMORIA)

21 marzo 2013
La Presidenza del Consiglio dei Ministri annuncia che l'Italia ha avuto garanzie circa la non applicabilità della pena di morte agli imputati senza le quali non avrebbe permesso il loro rientro in India al termine della licenza elettorale.
DeMisturaWarranty
Nota dell'Ambasciata dell'India in Italia inviata al nostro Min. Affari Esteri il 21 marzo 2013

In realtà la nota che il sottosegretario Staffan de Mistura sventola in udienza parlamentare asserendo che il governo indiano ha fornito all’Italia una "assicurazione scritta ufficiale" sulla non applicabilità della pena di morte nei confronti dei due fucilieri si limita ad una sola frase, diplomaticamente ambigua che non garantisce ne esclude nulla:

"Per la consolidata giurisprudenza indiana, questo caso non ricade tra quelli che attirano la pena di morte, che è come dicono il più raro dei rari casi. Pertanto, non è necessario essere in apprensione al riguardo" 

22 marzo 2013
I due militari rientrano a Delhi.
23 marzo 2013
Il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, dichiara in parlamento: "Che il loro processo in India non rientra nei casi in cui è prevista l’applicazione della pena di morte" ma anche che "non c'è stato nessun accordo, né ci sono state garanzie" nei colloqui fra i due governi volti a permettere il ritorno dei marò in India.

Il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, in un’intervista afferma che non è stata data alcuna garanzia sulla non applicazione della pena di morte al governo italiano.

28 marzo 2014
Viene ammesso un ricorso italiano in merito all'esclusione della SUA Act dal caso, ma ad oggi in merito nessun pronunciamento definitivo è stata emesso dalle Corti indiane.

L'arbitrato internazionale ITLOS ha ora congelato ogni decisione e procedimento giudiziario.


La violazione del SUA Act resta tra le ipotesi di reato.
La pena di morte non è esclusa ... ma è rara.
"Pertanto, non è necessario essere in apprensione al riguardo ..."
NIA-SUAAct
La violazione della sez.3 del SUA Act resta tra le ipotesi di reato (fonte: sito NIA - 10 gennaio 2016)

SEZIONE 13 del SUA Act (Presunzione di Reato)

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13. Presumptions as to offences under section 3.

- In a prosecution for an offence under sub-section (1) of section 3, if it is proved:
(a) that the arms, ammunition or explosives were recovered from the possession of the accused and there is reason to believe that such arms, ammunition or explosives of similar nature were used in the commission of such offence;
(b) that there is evidence of use of force, threat of force or any other form of intimidation caused to the crew or passengers in connection with the commission of such offence; or

(c) that there is evidence of an intended threat of using bomb, fire, arms, ammunition, or explosives or committing any form of violence against the crew, passengers or cargo of a ship or fixed platform located on the Continental Shelf of India,

the Designated Court shall presume, unless the contrary is proved, that the accused had committed such offence.
13. La presunzione come reati di cui alla sezione 3.
- In un procedimento penale per un reato ai sensi comma (1) della sezione 3, se è provato:
(a) che le armi, munizioni o esplosivi sono stati recuperati dal possesso degli accusati e vi è ragione di credere che tali armi, munizioni o esplosivi di natura analoga sono stati utilizzati nel commissione di tale reato;
(b) che vi sono prove di uso della forza, la minaccia della forza o qualsiasi altre forme di intimidazione ha causato per l'equipaggio o passeggeri in collegamento con la commissione di tale reato; o
(c) che ci sono prove di una intenzionale minaccia di utilizzare bomba, fuoco, armi, munizioni o esplosivi o di commettere qualsiasi forma di violenza contro l'equipaggio, passeggeri o carico di una nave o di piattaforma fissa situati sulla piattaforma continentale di India,
il Giudice Designato deve presumere, salvo prova contraria, che gli imputati hanno commesso tale reato.
Dall'analisi della norma emerge come il combinato disposto delle Sez. 3 e 13 del SUA Act determina una sorta di "automatismo giudiziario" che priva il Giudice di sentenziare in base al proprio motivato convincimento al di là di ogni ragionevole dubbio.
Qualora ricorrano le condizioni viste in precedenza
il Giudice Designato deve presumere, salvo prova contraria, che gli imputati hanno commesso tale reato.
In questo modo si rovesciano le basi del Diritto dove spetta all'accusa "dimostrare la colpevolezza", e certo non all'accusato di "provare la propria innocenza".
Difatti, la presunzione di innocenza, e in generale il diritto al giusto processo, è ormai indiscutibilmente parte dei c.d. "principi generali riconosciuti dalle Nazioni civili" (come da art. 38 co. 1 lett. c. dello Statuto della Corte internazionale di giustizia) e quindi costituisce fonte di diritto internazionale, cui tutti gli Stati si devono conformare. India inclusa.
Imponendo una normativa come il SUA Act a cittadini di altri Stati, ambito in cui invece le relazioni sono governate dal diritto internazionale, l’India palesemente viola un principio di diritto internazionale, per la cui violazione l’Italia avrebbe titolo di rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia poco fa citata.
La cosa fa ancor di più riflettere e fa scalpore se si pensa che l’ordinamento italiano, e quello europeo – continentale (c.d. civil law), hanno mutuato il diritto al giusto processo proprio dal diritto anglosassone. Infatti, solo negli ultimi decenni molti codici europei si sono “adeguati” al sistema del contraddittorio, al principio della parità tra accusa e difesa, e via dicendo. Prima solo i Paesi anglosassoni e la loro tradizione giuridica secolare parlavano di e applicavano il giusto processo.
L’India, in quanto ex colonia britannica, negli ultimi due secoli ha fatto suo il diritto anglosassone e lo sta applicando, quando gli conviene, nei confronti dei due fucilieri italiani. Difatti, l’India sa benissimo che averli arrestati contrasta con il diritto internazionale ma, a sua discolpa, si è appellata a un principio puramente anglosassone: male captus, bene detentus. Cioè, anche se ti ho catturato illegalmente (male captus), ti processo “giustamente” (bene detentus).
Invece, sul giusto processo nei confronti di cittadini, perlopiù stranieri, deroga alla propria tradizione e ai principi cui si conforma il suo ordinamento. Pur di giustificare e affermare la propria giurisdizione penale su acque non territoriali, l’India tradisce se stessa.
D’altronde il SUA Act in sé è molto contestato, dal momento che l’IMO (International Maritime Organisation) che in prima linea si occupa della normativa internazionale antipirateria ha presentato delle rimostranze circa la normativa indiana. Infatti, il SUA Act indiano non è altro che l’attuazione a livello nazionale della più ampia SUA Convention adottata dall’IMO nel 1988, con relativi protocolli, ed entrata in vigore nel 2010. In questa Convenzione l’uccisione di una persona è considerata punibile (art.3 para.1 lettera g) solo se commessa in connessione con i reati elencati in precedenza (art. 3 para. 1 lettere da a) a f), quindi con reati che implichino condizioni aggiuntive rispetto al “semplice” causare la morte come richiesto dall’art.3 lettera (i) del SUA Act indiano che abbiamo visto sopra.
Ma a quanto pare l’applicazione è fatta a convenienza. Quella della SUA Convention è un’applicazione distorta, quella della Convenzione del mare è un’applicazione invece a corrente alternata: sulla giurisdizione la violano, ma per stabilire la nazionalità del peschereccio la usano come ultima risorsa.
Infatti, secondo la normativa indiana un vascello per considerarsi di nazionalità indiana (e quindi poter applicare la normativa indiana ai fatti avvenuti a bordo) deve essere registrato. Secondo la normativa internazionale, invece, è sufficiente che vi sia un collegamento tra lo Stato e il vascello: questo collegamento può essere ad esempio la nazionalità del capitano o la nazionalità della maggior parte dei componenti dell’equipaggio. Ed è sulla base di questa norma internazionale che l’India vanta la sua giurisdizione, altrimenti non avrebbe nemmeno potuto affermare che il peschereccio St.Antony fosse sotto la sua giurisdizione dal momento che esso non era registrato ma aveva una mera licenza di pesca (per l’India la licenza non rende infatti quel peschereccio un vascello battente bandiera indiana).
Non possiamo dunque "pretendere" che l'India rispetti i principi del diritto italiano o di quello europeo, ma possiamo legittimamente aspettarci che essa si conformi al diritto internazionale sempre, non solo a sua convenienza, e alla sua stessa tradizione giuridica, anziché tradirla per una mera dimostrazione di forza; se si pensa che la Costituzione indiana dichiara il diritto internazionale come “Law of the Land” quindi diritto che ha per l’India lo stesso valore della loro Costituzione.

SEZIONE 14 del SUA Act (Azioni in Buona Fede)

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14. Protection of action taken in good faith.

- (1) No suit, prosecution or other legal proceeding shall lie against any person for anything which is in good faith done or intended to be done in pursuance of the provisions of this Act.


- (2) No suit or other legal proceeding shall lie against the Central Government for any damage caused or likely to be caused for anything which is in good faith done or intended to be done in pursuance of the provisions of this Act.
14. Protezione delle azioni intraprese in buona fede .
- (1) No causa, azione penale o altro procedimento legale si instaurano nei confronti di qualsiasi persona per tutto ciò che in buona fede è fatto o destinato ad essere fatto in applicazione delle disposizioni della presente legge.
- (2) Nessuna causa o altro procedimento legale si instaurano contro il Governo Centrale per eventuali danni causati o che possono essere causati per qualsiasi cosa che in buona fede è fatta o destinata ad essere fatta in virtù del disposizioni della presente legge.
NOTA: Su alcuni media italiani si è esaltato questo articolo sulla "buona fede" sostenendo che avrebbe potuto essere applicato nei confronti dei due accusati che avrebbero "sparato in buona fede" convinti che la nave stava subendo un attacco pirata.

E' invece evidente dalla lettura della Sez. 14 del SUA Act che si tratta di ben altro: protegge chiunque, persona fisica o istituzioni da eventuali rivalse legali di chi fosse vittima di errori o eccessi o abusi nell'applicazione del SUA Act.

E' altresì evidente che questo "scudo legale" è stato ritenuto necessario proprio per la consapevolezza che quanto disposto negli art. 3 e 13 si presta ad errori, eccessi o abusi nell'applicazione del SUA Act, per cui se questi vengono commessi in "buona fede" l'autore non è processabile.

In sostanza il SUA Act ritorna alla Legge del Taglione, ma chiarisce che se dovessero emergere errori e abusi nell'applicarla chi li commette "in buona fede" non è processabile (nemmeno per colpa!) Nemmeno di fronte a una eventuale sentenza capitale contro un innocente, emessa di rito "In nome del popolo..." il Governo Centrale ne deve rispondere.
La prova del Contrario
Tornando nel merito delle contestate presunte violazioni del SUA Act, in esso sono elencate le condizioni per cui l'accusato è "dichiarato colpevole":
(a) che le armi, munizioni o esplosivi sono stati recuperati dal possesso degli accusati e vi è ragione di credere che tali armi, munizioni o esplosivi di natura analoga sono stati utilizzati nella commissione di tale reato.
E' ovvio che il possesso di un'arma non comporta la colpa, come pure la "ragione di credere" è una semplice congettura soggettiva senza valore probatorio.
In questo caso le testimonianze italiane dei due accusati e del secondo in comando Cap. Noviello (presente ai fatti e testimone oculare) sono concordi nell'affermare che:
  1. - si è sparato in acqua a scopo dissuasivo e senza colpire nessuno;
  2. - l'imbarcazione avvistata era diversa da quella poi mostrata dalle autorità indiane.
Di queste dichiarazioni, che per giungere a una sentenza di colpevolezza andrebbero smentite con prova verificabile, non c'è traccia nello Chargesheet.
Secondo il SUA Act basta il possesso delle armi e la "ragione di credere" che tali armi sono state utilizzate nella commissione del reato. E questo è sufficiente ad obbligare il Giudice ad emettere una sentenza di colpevolezza.
A meno che gli accusati non portino "la prova contraria". E come fanno?
Per loro la "prova contraria" sarebbe dimostrare che le pallottole repertate in autopsia non sono compatibili con quelle utilizzabili dalle armi in dotazione (e questo già risulta dalle misure dei proiettili indicate nell'autopsia)
Ma esistono altri documenti prodotti dagli inquirenti indiani a cui si vuole dare l'aura della "scientificità" che concludono il contrario.

La Scientificita' delle Prove

Mi limito ad evidenziare ora un solo elemento per ogni allegato, per un esame completo potete consultare l'intera analisi degli allegati indiani all'ITLOS che trovate al link:

http://www.seeninside.net/piracy/it-alle1.htm (Parte I)
http://www.seeninside.net/piracy/it-alle2.htm (Parte II)

Il sopralluogo sul peschereccio St.Antony, (Annex8)

durante il quale, esaminando i fori sul legno esposto agli agenti atmosferici del peschereccio non sappiamo bene avvalendosi di quale metodologia e quale strumentazione (ma evidentemente in grado di apprezzare il decimo di millimetrosi conclude essere certamente e senza ombra di dubbio provocati da proiettili cal. 5.56mm escludendo così ogni tipo di proiettile sparato da altre armi potenzialmente implicate nel caso (es. il proiettile cal. 5.45mm dello AK 74, le cui dimensioni variano di soli 11 centesimi di millimetro - 0.004 inch).
Sopralluogo-StAntony
Sopralluogo a bordo del St.Antony - Si esaminano i fori dei proiettili sul tettuccio posteriore

Il Rapporto Balistico, (Annex7)

dove si conclude che i due proiettili repertati nelle autopsie sono stati sparati da due dei fucili sequestrati sulla Enrica Lexie in base a una "approssimativa similitudine" fra quelli repertati intracorpore e quelli sequestrati sulla nave italiana.
Risultati-Balistica
Due proiettili di munizioni ordinarie e traccianti, contenuti alle voci 22.1 e 22.2 (ndr: cartucce calibro 5.56x45) furono disfigurate in laboratorio. I parametri fisici (ndr: le misure) del proiettile della munizione ordinaria contenuta alla voce n. 22.1 e della munizione tracciante contenuta alla voce 22.2 furono trovati approssimativamente simili ai proiettili contenuti rispettivamente alla voce 1.4 (ndr: Pinku) e 2.3 (ndr: Jalestine).
Non c'è nemmeno la traccia di prove scientifiche.
Due proiettili furono "disfigurati" in laboratorio e risultarono "approssimativamente simili" a quelli repertati nelle salme. Questo basta per poi concludere nel Ballistic Report che i proiettili nelle salme sono quelli sparati da due dei fucili sequestrati.
Contestabile e insignificante in qualsiasi Tribunale del mondo, ma poi ci pensa il SUA Act a inchiodare i due accusati imponendo a loro la "prova dell'innocenza".

La "Scena del Crimine", (Annex48)

dove si riportano le posizioni reciproche fra Enrica Lexie e St.Antony al momento degli spari con posizioni palesemente sbagliate, rappresentando la direzione della nave italiana con una differenza di 20° rispetto a quella che risulta da tutti i dati a disposizione (compresi quelli indiani).
Scena-del-Crimine
Nella ricostruzione indiana della "scena del crimine" la direzione della Enrica Lexie (sagoma bianca) è rappresentata errata di 20°. In questo modo i colpi possono colpire il lato destro del St.Antony, dove in effetti stanno.
Mettendo la Enrica Lexie nella giusta direzione (sagoma gialla) ovvero su rotta 330°N e mantenendo inalterati tutti gli altri dati forniti dalle autorità indiane si evidenza come i colpi possono solo colpire il lato opposto, il sinistro.
Se poi affrontiamo i capitoli "Eventi" (ANNEX 1) la deposizione contenuta nel "FIR" (ANNEX 2) e le "Testimonianze" (ANNEX 46) possiamo rilevare una serie macroscopica di elementi di contraddizione, imprecisione e quant'altro:
- La pretesa mancata ricezione dello SSAS Alert da parte della Guardia Costiera
- Le contraddizioni sull'orario e sulla posizione dichiarate fina dalla sera dei fatti dal testimone principale Freddy Bosco.
- La catena dell'informazione sull'incidente che risulta gestita da tre persone apparentemente estranee ai fatti per cui in sostanza non sappiamo a che ora si è sparato contro il St.Antony.
- Le testimonianze pubbliche dei pescatori facenti parte dell'equipaggio che dichiarano due giorni dopo i fatti (compreso Freddy Bosco) essere avvenuto l'incidente da tutt'altra parte (in acque territoriali!) rispetto alla posizione della Enrica Lexie.
Se poi affrontiamo lo Charghesheet (ANNEX 3) dobbiamo rilevare macroscopiche omissioni dell'indagine verso altri potenziali colpevoli, e rapportando lo Chargesheet con il Libro di Bordo depositato a Amburgo dall'Italia (da considerare giuridicamente "atto vero fino a prova contraria") addirittura l'evidenza che la Guardia Costiera si riferisce esplicitamente a un altro attacco pirata avvenuto ore prima rispetto all'incidente della Lexie. E altri elementi indicati nei rispettivi documenti specifici.
Ma tutto questo, che in dibattimento processuale fra accusa e difesa certificherebbe l'inconsistenza dell'impianto accusatorio determinandone il rigetto o l'archiviazione per manifesta infondatezza, può essere vanificato dall'applicazione del SUA Act che ridurrebbe il dibattimento a una sola domanda verso i due accusati:
Esibite la prova che siete innocenti. Altrimenti siete colpevoli.
E oltretutto per inquirenti e giudici con il paravento della Sez. 14: ove successivamente risultasse un clamoroso errore giudiziario nessuno di quelli che hanno concorso a commetterlo sarebbe imputabile, nemmeno per un blandissimo "negligenza e imperizia" vista la loro ovvia e scontata "buona fede". Che invece non è prevista per gli accusati, nemmeno come semplice "attenuante generica".
E' impossibile fornire la prova di essere innocenti a fronte di una "ragione di credere" formata su prove scientifiche raffazzonate, errate e contraddittorie come quelle citate. E' impossibile come era impossibile per la Strega provare all'Inquisitore di non essere andata al Sabba infernale volando su una scopa e di non essersi accoppiata sette volte col Diavolo.
La difesa è possibile (ed è un "diritto" sancito da tutte le Costituzioni) seguendo scrupolosamente la moderna procedura penale e le basi costituzionali del Diritto così come viene applicato in Italia, nell'Unione Europea, e in tanti altri Stati nel mondo, e affermato dal diritto internazionale.
Altrimenti non esiste il "giusto processo" Esiste quindi una ragione in più, oltre che l'interpretazione dei trattati internazionali, per non assegnare all'India la giurisdizione sul caso, ragione che supera questi trattati e investe la sfera giuridica e quindi quella dei Diritti Umani.
Le Osservazioni scritte della Repubblica dell'India
WRITTEN OBSERVATIONS OF THE REPUBLIC OF INDIA
A riprova di quanto fin qui sostenuto possiamo citare il documento depositato dall'India il 6 Agosto 2015 al Tribunale di Amburgo. In questo documento di settanta pagine (e 56 allegatiil rappresentante dell'India Dr. Neerhu Chadha ribadisce perentoriamente la colpevolezza dei due accusati.
La colpevolezza proclamata
da Written observations of the Republic of India, 6 August 2015 - Volume 1
Benché gli si potrebbe obiettare che non è stato fatto un processo e emessa una sentenza, e che a quasi quattro anni dai fatti gli inquirenti indiani ancora nemmeno hanno depositato nei loro tribunali i capi di accusa, ma si deve rilevare che (non per un avvocato, un inquirente, un giornalista, una opinione pubblica ma proprioper la Repubblica dell'India i due sono già considerati e vengono pubblicamente proclamati colpevoli.
E questo evidentemente proprio in considerazione degli "automatismi" previsti dal SUA Act, altrimenti nessuno (nemmeno uno Stato) potrebbe dichiarare colpevole un individuo prima ancora che vengano depositati in Tribunale i capi di accusa.
Le dichiarazioni dell'India a riguardo sono perentorie e inappellabili, non c'è spazio al minimo dubbio. E fra i 56 allegati a supporto ci sono anche quelli tecnici che dovrebbero dare la "prova scientifica" della colpevolezza degli accusati, e di cui si è dato qualche stralcio nelle pagine precedenti.
ANNEX 3 (SUA): Conclusioni
A parere del sottoscritto:
- a meno che di ipotizzare che il rappresentante dell'India non sapesse definire la reale valenza giuridica e scientifica degli allegati che portava a supporto delle sue affermazioni di colpevolezza;
- oppure che non avesse esaminato a dovere i documenti che andava presentando;
- e considerando che in assenza di una sentenza emessa e motivata non ci si lascia andare a proclami di colpevolezza mentre in una sede istituzionale internazionale si sta rappresentando uno "Stato sovrano" (e questo lo sanno tutti), il deposito delle "osservazioni scritte" è stato finalizzato ad avere un vantaggio nella sentenza.
Presentando la colpevolezza dei due accusati in modo perentorio e supportato da decine di allegati che probabilmente giudici e avvocati non avevano il tempo di verificare a fondo, e in assenza di un documento a difesa da parte italiana che non era nemmeno stato allestito perché l'ITLOS doveva occuparsi solo di giurisdizione, si è voluto condizionare sulla "colpevolezza" il pensiero dei giudici influenzando la decisione finale.
Presentando i due accusati come "oggettivamente colpevoli" essi sono rimasti privi della libertà personale e in "custodia giudiziaria" dell'India.
Quanto sopra descritto dimostra che la Repubblica dell'India in questa vicenda non sta cercando la "Giustizia" ma solo la "Vittoria".
(di Luigi Di Stefano - tratto da Seeninside)
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