Il nuovo governo si appresta a colpire i soliti noti con Ici, Iva e quant’altro. E non si riesce a sentire neppure un sospiro di progressismo.
La settimana scorsa il presidente della Commissione europea Barroso
aveva detto: “Stiamo attraversando una crisi profondamente sistemica”,
dimostrando come il fatto sia diventato chiaro anche ai narcotizzati di
Bruxelles.
Il Parlamento italiani intanto ha votato nel tripudio generale la
fiducia al professor Monti. Una maggioranza schiacciante, che in altri
tempi si sarebbe definita bulgara, ha lanciato il nuovo esecutivo
nell’iperspazio.
In questa situazione però nessuno rileva come il missile Mario Monti
viaggi senza avere un pianeta da raggiungere. Nessuna crisi strutturale o
‘di sistema’, infatti, è superabile in assenza di una alternativa al
modello saltato per aria.
Il capitalismo, nella sua ultima formulazione iperliberista sostenuta
da Reagan e Thatcher e poi riformata dai ‘democratici’ Blair e Clinton,
è defunto con l’esplodere della catastrofe dei subprime cominciata
negli Usa all’inizio del 2008 e con il cedimento del debito sovrano di
molti Paesi del cosiddetto Nord del mondo.
Nel frattempo una nuova potenza economica mondiale, la Cina popolare,
sta divorando i mercati del pianeta, conquistando di ora in ora primati
fino ad ora permessi solo agli statunitensi ed all’Europa. A capo di
quello sterminato Paese asiatico c’è un Partito comunista.
Dopo la crisi il Nord del mondo si sta popolando di poveri,
disoccupati, quasi poveri, giovani senza ideali e prospettive e il Sud
sta vivendo i contraccolpi della crisi di riflesso, vedendo aumentare
ulteriormente le proprie difficoltà e subendo (senza ben compendere) il
rinascere di guerre coloniali patetiche e sanguinarie come quella
lanciata in Libia da Londra, Parigi e Washington per il controllo del
gas e del petrolio di Gheddafi.
Pechino, alla finestra dopo aver comperato una gran parte del debito a
stelle e strisce, adesso è pronta a divorare quello europeo, diventando
di fatto il vero leader del nuovo millennio falsamente globalizzato, in
realtà monocentrico.
Barak Obama, sempre più in balia dei ‘poteri forti’ del suo Paese, ha
cominciato a dislocare i marines sul fronte asiatico, mentre in
moltissime città studenti e nuovi poveri subiscono la repressione di
repubblicani e democratici intenzionati a far sparire dalle strade la
protesta del movimento che contesta lo strapotere di Wall Street.
In un quadro internazionale così desolante si valuta ‘il valore’ di
una economia nazionale sulla base di riferimenti ‘virtuali’, non di rado
ignorando quelli che un tempo si chiamavano ‘fondamentali’.
Il dominio della finanza di carta sta erodendo la ricchezza reale dei
Paesi e questo meccanismo sta smantellando quel sistema produttivo
concreto, materiale, sul quale si era fondato non solo il capitalismo
moderno, ma anche si era costruita la cultura progressita dello Stato
assistenziale, dei diritti civili, delle libertà politiche, sindacali e
personali.
Italia, Irlanda, Islanda, Grecia, Portogallo, Spagna sono oggi in
guai serissimi, Francia, Belgio, Gran Bretagna e tutta la squadra degli
‘ex Est comunista’ seguono a ruota. La Germania, nel suo primato
immaginario, si sente al sicuro, senza comprendere che per essere ricchi
bisogna che ci sia qualcuno in grado di sostenere quella ricchezza. E
se intorno ai confini della Repubblica federale circolano pezzenti a chi
venderà le sue auto la supercompetitiva ‘locomotiva’ germanica?
L’Italia, dopo trent’anni di Berlusconi, è diventata la provincia
scema dell’impero, il luogo nel quale si discute di Bunga Bunga e non di
strategie per il futuro. I cittadini non percepiscono la dimensione
dello tsunami che ha già investito il Belpaese ed i partiti, fedele
espressione di questo ‘handicap’, suppongono di poter continuare a
galleggiare come sempre tra piccole e grandi truffe, giochi di potere e
lottizzazzioni. Giornali e telegiornali, infine, sono muti o quasi di
fronte allo sfascio.
Le voci che tentano di far riflettere i cittadini, che hanno compreso
come il modello sul quale fino ieri era impostata la vita nazionale sia
esaurito per sempre sono poche e del tutto ignorate dal sistema dei
media.
Per questo gli italiani non sanno che nessuna Ici, nessuna Iva e
nessuna ‘manovra’ potrà mai ripianare i debiti e produrre il denaro
necessario per mantere gli antichi stili di vita.
Il Paese muore ed il professor Monti è stato chiamato a curare il
malato con l’aspirina. E lo farà bruciando una montagna di denaro reale
per compesare un debito enorme e senza ritorno, prodotto da volumi
immensi di ricchezza sperperata da uomini politici e governanti
dissenati.
E come noi italiani, per motivi diversi, sono nella palude quasi
tutti gli altri Paesi europei, colpiti o dal cedimento del debito
sovrano o dal possibile collasso del sistema bancario o dalle due cose
insieme.
Uno scenario tanto complicato e senza precedenti dovrebbe spingere i
‘saggi’ ad immaginare un altro futuro, un modello nuovo, in grado di
conciliare i diritti con la redistribuzione delle risorse e delle
ricchezze.
Ma questo dibattito quasi non c’è, avvilito da reduci della falce e
martello e da rinnovatori che hanno dimenticato l’eguaglianza e l’hanno
sostituita con la meritocrazia.
Sinistra ‘radicale’ e ‘riformisti’ allo stato dei fatti sono la
stessa immagine riflessa nello specchio deformante della conservazione
ed i ‘movimenti’ di indignati o simili rappresentano solo un settore
marginale e confuso di una generazione senza tradizione e memoria.
Col professore della Bocconi l’Italia si ritroverà meno sola di
quanto non fosse durante il governo di ‘Papi Silvio’ (l’Europa ci
riammetterà nel salotto buono dal quale eravamo stati cacciati a causa
dei festini di Arcore), ma nessuno si illuda che la situazione possa
migliorare per i più deboli, per i giovani, per i disoccupati, per gli
anziani. Perchè i soldi che dobbiamo restituire sono molti di più di
quelli che abbiamo.
E così è se vi pare.
(dalla redazione di www.inviatospeciale.com del 21 novembre 2011)
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