“Un giorno qualunque, di un turno di servizio qualunque, uno scenario visto e rivisto, l’ennesimo delinquente che inizia a correre. Ma stavolta mi fermo, per qualche istante, inizio a pensare, una domanda si fa largo nella mia testa “perchè?”.
Perchè inseguirlo? Perchè corrergli dietro? Non sarebbe più facile “perderlo di vista”, dire “è riuscito a scappare”? Perchè lo facciamo?
Inseguirlo comporta tutta una serie di rischi, qualche livido se sei fortunato, che i tuoi figli crescano solo con la tua foto sul comodino, se non lo sei.
Ma non è tutto, no, perchè puoi anche avere la meglio tu, lo speri, però devi stare molto attento, non fargli male, non provarci, non vorrai mica che qualche giornalista o passante con l’immancabile telefonino ti riprenda per poi darti in pasto ai media? Fermalo, ma moderatamente, con contegno. O davanti al Giudice, insieme a lui, ci finirai anche tu.
E’ giusto, parli con la vittima di uno stupro, magari con una coppia di anziani in lacrime perchè hanno appena perso i risparmi di una vita, e poi, quando hai davanti il colpevole, che magari prova anche a colpirti, sicuramente ad insultarti o sputarti, dovresti cortesemente ammanettarlo? Ci avete preso per dei robot? Nessuna adrenalina, nessuna emozione.
Ok.
Beh, ma mi direte, il nostro compito è arrestarlo e basta, poi ci penserà la Giustizia. Ora, io non vorrei allarmarvi, ma forse il dubbio lo avete già, la legge italiana è efficace solo con le persone oneste, solo con chi le multe deve pagarle, solo con chi ha la fedina penale pulita e si troverebbe la vita stravolta da una denuncia, per tutti gli altri è solo un contrattempo.
Ricordo una volta, stavo parlando con un poliziotto della Repubblica Ceca, si parlava di lavoro, ad un certo punto gli ho spiegato cosa fossero gli arresti domiciliari. E’ scoppiato a ridere.
La Giustizia italiana… ho perso il conto delle volte che ho visto uscire dal Comando persone fermate, persone che qualche ora prima mi hanno colpito, offeso, prima di me, perchè io devo anche compilare chili di scartoffie per ogni dannata cosa che faccio, lo richiede la burocrazia.
Si, ma lo fate per la gente, avete scelto di difendere le persone. Vero. Ma quando ho scelto di indossare la mia divisa nessuno mi aveva detto che in questo paese non c’è alcun rispetto per le divise, c’è timore, diffidenza, non rispetto per quello che facciamo. Basta fare un giro su internet, dove le persone hanno erroneamente quella sensazione di poter dire liberamente tutto quello che vogliono, per vedere i commenti che le gente ci riserva, sempre pronta a gridare allo scandalo, al sopruso, alla vergogna.
Però dai, fate una bella vita, un sacco di privilegi. Si, vero. Ricordo con piacere ogni maledetto panino del McDonald mangiato di corsa sulla macchina per cenare, tutti i caffè e le vitamine prese dopo un turno di notte, tutte le volte che invece di farmi gli affari miei sono intervenuto fuori servizio e ho passato il mio giorno libero a compilare atti, accompagnato dagli insulti della mia ragazza perchè sono stato un incosciente.
E di quello che giornalmente vediamo in strada? Violenza, morti, ingiustizia. Questo lavoro ti cambia, ti segna, ti rende cinico. Sai come si riconosce qualcuno che ha portato la divisa per molti anni? Dagli occhi, dallo sguardo. E’ ostile, duro, stanco.
Ma non importa, dobbiamo essere robot, giusto?
E, come robot, infallibili, non sia mai che qualche colpevole non sia preso subito, prontamente, alla fine è tutto semplice, non vedete come fanno in CSI? Incompetenti, in America si che sanno lavorare, mica come voi qui in Italia!
Computer con schermo 3D, laboratori altamente tecnologici, analisi fantascientifiche, cosa vuoi che sia trovare il colpevole?
Ho brutte notizie per voi. I nostri PC hanno ancora lo schermo a tubo catodico, e la carta della stampante a volte me la devo portare da casa.
Quindi, detto questo, perchè correre? Perchè non far finta di non vedere?
Non lo so. Indossare una divisa, rispettarla, è una cosa strana da spiegare, forse è vero, ti nobilita, forse ti spinge sempre a fare la cosa giusta, nonostante tutto. Ogni giorno lotti per un’ideale, per un qualcosa che sai essere irreale, ma non per te.
E poi ci sono quelle cose, che chi non indossa una divisa non può capire, quelle piccole cose come il sollievo di rientrare a fine turno e vedere che lo hanno fatto anche tutti i colleghi, il restituire anche una semplice borsetta ad una signora anziana che ti abbraccia, i bambini che ti salutano per strada, che ti chiedono di vedere come è fatta la macchina di servizio, che impazziscono se gli regali una spilla e ti dicono ” da grande voglio farlo anche io…”, i grazie delle persone, e non intendi quelle frasi piene di ipocrisia, i “grazie, buon lavoro” che ti rifila di tanto in tanto qualcuno a cui hai appena risparmiato un verbale, intendo i grazie sinceri, quelli rari, di qualcuno a cui hai appena salvato qualcosa di importante.
Ed il portare la mano alla visiera per l’ennesimo collega morto in servizio. La rabbia di quel momento mi ha sempre dato una forza inesauribile, la forza di tirare avanti per perseguire un obiettivo che nessuno vede. Tranne te.
Fanculo ai pensieri, anche questa volta, si corre.”
(di L.M.C)
C.P. E' notizia di questi giorni che il "militare" si è suicidato, dopo aver lasciato un'emblematico messaggio su Facebook, con un colpo di pistola al petto dopo aver chiamato il 112 chiedendo aiuto e pronunciando contemporaneamente frasi sconnesse come riportato dalla stampa..
Da un suo scritto (riportato sopra) e, da altri presenti sul "social" , non mi sembra trattarsi di uno squilibrato come si potrebbe pensare leggendo il suo ultimo messaggio.
Che sarà veramente successo?
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