Convenzione per le riforme: Berlusconi vuole la Presidenza
Il Popolo
della Libertà pressa per l'incarico a Berlusconi, ma è muro del Pd: fino
a che punto resisterà l'equilibrio del Governo Letta?
Dopo le preoccupazioni espresse da Matteo Renzi (“un conto è fare un
Governo col Pdl, un altro è dare la Convenzione a Berlusconi”), si
infiamma il dibattito sulla Presidenza della Commissione per le riforme.
Sul tema è tornato il neo – viceministro Stefano Fassina che, in una
intervista rilasciata al Tg3 si è detto convinto della necessità di
trovare una figura di garanzia e che “il senatore Berlusconi non sia fra
questi”. In precedenza anche Violante aveva sottolineato come il Popolo
della Libertà avesse già il ministro per le Riforme e quanto dunque non
fosse opportuno che le cariche si cumulassero. Ovviamente il tutto in
attesa di capire con precisione i modi ed i tempi del lavoro dei
delegati alla Convenzione (che sembra possano essere 75 e non
necessariamente parlamentari).
Dal Popolo della Libertà ovviamente fanno spallucce alle
sottolineature dei democratici e, con Cicchitto, anticipano quello che
sarà il leit motiv della richiesta: “La presidenza della Convenzione
deve essere attribuita a un'autorevole personalità del centrodestra
anche perché tutte le cariche di rilievo politico istituzionale sono
state ricoperte da esponenti della sinistra e addirittura, per quello
che riguarda la presidenza della Camera, da un esponente della
formazione di sinistra”. Del resto, qualche giorno fa vi avevamo
raccontato di come la candidatura di Berlusconi alla guida della Convenzione rischiasse “di
provocare ben più di qualche mal di pancia, soprattutto in quella parte
del Pd che già ha digerito a fatica la rinuncia alla linea del
cambiamento e l'appoggio al governo delle larghe intese. Del resto, si
tratterebbe della conferma del “patto di ferro della vecchia politica” e
probabilmente della pietra tombale su ogni ipotesi di allargamento del
processo di riforma alle opposizioni parlamentari“.
È chiaro che il fuoco di sbarramento del Pd e la reazione stizzita del centrodestra rispetto a tale ipotesi
rappresentano mosse quasi obbligate, ma non rinviabile è una
riflessione sul ruolo e sul peso di Silvio Berlusconi nell'esecutivo
appena nato. Che “Berlusconi sia l'azionista di maggioranza del
Governo”, per dirla con le parole di Civati, è apparso chiaro già nella
nomina dei sottosegretari, con Letta costretto ad avallare alcune nomine
e ad evitarne altre, e la questione potrebbe ripresentarsi quando si
tratterà di eleggere i Presidenti delle Commissioni. Il punto è che
Berlusconi è il convitato di pietra del Governo Letta e molto
difficilmente i partiti riusciranno ad ignorare le sue due principali
preoccupazioni: l'esigenza di ritagliarsi un ruolo da padre nobile delle
riforme e la necessità di uno scudo definitivo contro l'azione della
magistratura.
(Fonte)
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