Don Gallo senza Avvenire
Scorro i giornali e penso con un sorriso a don Andrea Gallo che fuma
il sigaro in cielo: lì si può fumare quanto ti pare, e non fa male,
diceva il mio grande amico Paolo Giuntella che se n’è andato il suo
stesso giorno, cinque anni fa. Prima pagina del “Manifesto”
(bellissima): «Il padre Nostro», foto del prete di strada con in mano un
fazzoletto rosso. “Repubblica”: «Addio a don Gallo, il prete dei
dimenticati», editoriale in prima di Vito Mancuso. “La Stampa”: «Ha
unito cielo e terra», il ricordo di don Luigi Ciotti (in prima). “Il
Fatto quotidiano”: «Grazie Don», e le prime cinque pagine. Arrivo ad
“Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana che ama
definirsi il giornale dei cattolici italiani e la foto di don Gallo, in
prima pagina, non c’è.
L’occhio passa in rassegna i titoli, ecco
finalmente la parola Genova, taglio centrale. Oh, bene, è un ricordo di
don Gallo? Macchè: «Unioni civili: Genova strappa», informa il foglio
dei vescovi. «Nel capoluogo ligure via libera al registro delle coppie
di fatto». Ah, ecco, evidentemente era quella la notizia non
negoziabile. E la morte del prete ligure? Sfoglia sfoglia bisogna
arrivare fino a pagina 13. Taglio basso, accanto ai necrologi. Un pezzo
non firmato, un redazionale come si dice, forse erano tutti occupati
ieri ad “Avvenire”, quattro agenzie incollate in fretta e furia, con le
parole del cardinale Bagnasco e l’avvertenza per l’uso: «Non di rado le
sue prese di posizione erano apparse in aperto contrasto con
l’insegnamento della Chiesa». Tante volte qualche sprovveduto lettore
cascasse nel tranello.
In tutta amicizia: non crede il direttore Marco Tarquinio, ottimo
giornalista, di dover spiegare un simile trattamento? Perché oggi la
comunità nazionale con Napolitano e i più deboli e intellettuali laici
lontanissimi dal cattolicesimo piangono per la morte di un uomo di
Chiesa e il giornale della Cei, invece, lo oscura, lo sbatte in
tredicesima pagina, una notiziola da nulla che può interessare al
massimo una piccola nicchia di fissati? Eppure don Gallo era un prete
scomodo, di certo eterodosso per occhi clericali abituati più a
decifrare gli equilibri di Curia che ascoltare la brezza leggera della
Parola di Dio, ha vissuto la sua obbedienza alla Chiesa in modo
conflittuale, ma è sempre rimasto un prete, con la sua tonaca nera di
sacerdote all’antica, pre-conciliare cresciuto nella diocesi del
cardinale Siri, non ha mai abbandonato la comunione ecclesiale. Era un
cristiano, un volto di quella Chiesa povera che invoca ogni giorno nelle
sue omelie della messa del mattino papa Francesco, la Chiesa del
Magnificat («ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli
umili…») dunque scan
Escludere don Gallo dalla comunità cattolica, o anche solo dalla
prima pagina, è più che una gaffe: significa avere la volontà magari
inconscia di emettere una sorta di scomunica a mezzo stampa. Per fortuna
il cardinale Bagnasco sta tenendo un comportamento molto diverso e
celebrerà i funerali del suo prete. Per il resto, sappiamo bene che la
storia del cattolicesimo è piena di santi che hanno sofferto le
persecuzioni nella loro Chiesa, l’obbligo del silenzio, la cancellazione
dalla memoria, salvo poi essere elevati alla gloria degli altari, come
si dice, e restare nel cuore dei fedeli e degli esclusi dal mondo, i
dannati della terra cui hanno dato voce. Mentre dei loro censori e
inquisitori non è rimasta traccia. È successo di recente con
l’arcivescovo del Salvador Oscar Romero, di cui dopo decenni di oblio
vaticano papa Bergoglio ha riaperto il processo di beatificazione.
Succederà anche con don Andrea Gallo che per il popolo in cammino alla
ricerca di Dio, in ogni forma, è già un santo. Nonostante “Avvenire”.
(Fonte)
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