A Bologna dio Cei
Il capo della Cei, Bagnasco lancia l'anatema contro il referendum
bolognese del 26 maggio in difesa della scuola pubblica e laica. Il
sindaco Merola (Pd) e gran parte della politica cittadina difende il
finanziamento delle materne private. L'adesione di Rodotà alla
battaglia del comitato Articolo 33, un principio costituzionale non
negoziabile PAGINE 2, 3 Il programma per la scuola che il cardinale
Angelo Bagnasco consegna al governo Letta-Alfano appena insediato si
articola in un unico punto: più soldi alle scuole cattoliche.
Con buona
pace della Costituzione che, è vero, stabilisce che i soggetti privati
possano aprire delle scuole a condizione che non vi siano «oneri per lo
Stato»; ma in realtà, sostiene il presidente della Conferenza episcopale
italiana nella sua interpretazione revisionista dell'articolo 33 della
Carta, i padri costituenti non volevano intendere che lo Stato non
dovesse finanziarie le scuole private. Quindi, conclude Bagnasco, è
«pretestuoso» invocare la Costituzione per difendere la scuola statale e
criticare il sostegno economico a quella paritaria. Come sta facendo,
per esempio, il Comitato bolognese «Articolo 33», che ha promosso un
referendum consultivo - si voterà il prossimo 26 maggio - per bloccare i
finanziamenti del Comune di Bologna alle scuole dell'infanzia paritarie
private e destinarli interamente a quelle comunali e statali. Sembrava
aver cominciato bene il suo intervento di ieri, Bagnasco, al convegno
«La Chiesa per la scuola», promosso dalla Cei e in corso fino a questa
mattina all'Hotel Ergife di Roma, a due passi dalla sede centrale dei
vescovi italiani. «Una società che non investa energie economiche e
umane nella scuola, nella formazione e nell'innovazione, finisce per
subordinare l'uomo al lavoro e al denaro, come appare in modo drammatico
nella finanziarizzazione dell'economia e nella conseguente
subordinazione del lavoro alla finanza», aveva detto il presidente della
Cei, lamentando anche «l'insufficiente sostegno delle istituzioni, come
mostrano non da ultimo i tagli al personale e ai fondi stanziati per le
attività e la strumentazione. Da qui il disagio vissuto da tanta parte
degli insegnanti, spesso scoraggiati e disillusi perché scarsamente
valorizzati e non pienamente riconosciuti nel loro importante e delicato
compito formativo». Poi però è risultato chiaro a chi e a cosa si
riferiva: alla scuola «paritaria» cattolica, penalizzata, secondo
Bagnasco, dalle scarse risorse che lo Stato le destinerebbe, in spregio
del «principio di sussidiarietà». La Costituzione «riconosce alla
famiglia il dovere e il diritto di educare e istruire i figli secondo
una linea educativa liberamente scelta», sostiene il presidente della
Cei. «Si tratta di una grave manipolazione perché questa affermazione
non è affatto contenuta nella Costituzione», rileva Antonia Sani,
coordinatrice dell'associazione «Per la scuola della Repubblica». Da
qui discenderebbe il diritto per i genitori di mandare i propri figli
nelle scuole cattoliche, mantenute dallo Stato. La stampella normativa -
e su questo punto è difficile dar torto a Bagnasco - è la legge 62 del
2000, fortemente voluta dall'allora ministro della Pubblica istruzione
Luigi Berlinguer, la quale stabilì che «il sistema nazionale di
istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie
private e degli enti locali». Nonostante queste disposizioni, protesta
Bagnasco, «permangono svariate difficoltà applicative della legge» per
quanto riguarda «l'incertezza della disponibilità finanziaria» e «la
lentezza nell'erogazione dei fondi». La parità, chiede il cardinale,
«deve divenire effettiva». Quindi lo Stato deve allentare i cordoni
della borsa. Del resto Bagnasco parla a un governo amico, zeppo di
cultori della sussidiarietà - dai ciellini Lupi e Mauro allo stesso
Letta -, per incoraggiarlo a essere più generoso del precedente, che
pure nella legge di stabilità riuscì a trovare 223 milioni di euro per
le scuole paritarie, tagliandone contestualmente 700 milioni alla
statale. «Senza oneri per lo Stato è l'unico punto fermo della
Costituzione, sagacemente previsto dai nostri padri costituenti, che va
ribadito», spiega Antonia Sani. «Se fosse integralmente rispettato, e
non calpestato dalle convenzioni e dalla legge istitutiva delle scuole
private paritarie, si potrebbe rispondere alle esigenze di tutti quei
cittadini che oggi si vedono costretti a frequentare scuole private,
spesso a indirizzo religioso, a causa dell'insufficienza e
dell'inadeguatezza di tanti edifici pubblici».
(Fonte)
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