sabato 4 maggio 2013

Ma Dio aveva tutti questi vantaggi reclamati oggi dalla chiesa? a me non pare ... lui era umile e sapeva cospargersi la testa di cenere mentre questi ....

A Bologna dio Cei



Il capo della Cei, Bagnasco lancia l'anatema contro il referendum bolognese del 26 maggio in difesa della scuola pubblica e laica. Il sindaco Merola (Pd) e gran parte della politica cittadina difende il finanziamento delle materne private. L'adesione di Rodotà alla battaglia del comitato Articolo 33, un principio costituzionale non negoziabile PAGINE 2, 3 Il programma per la scuola che il cardinale Angelo Bagnasco consegna al governo Letta-Alfano appena insediato si articola in un unico punto: più soldi alle scuole cattoliche.

Con buona pace della Costituzione che, è vero, stabilisce che i soggetti privati possano aprire delle scuole a condizione che non vi siano «oneri per lo Stato»; ma in realtà, sostiene il presidente della Conferenza episcopale italiana nella sua interpretazione revisionista dell'articolo 33 della Carta, i padri costituenti non volevano intendere che lo Stato non dovesse finanziarie le scuole private. Quindi, conclude Bagnasco, è «pretestuoso» invocare la Costituzione per difendere la scuola statale e criticare il sostegno economico a quella paritaria. Come sta facendo, per esempio, il Comitato bolognese «Articolo 33», che ha promosso un referendum consultivo - si voterà il prossimo 26 maggio - per bloccare i finanziamenti del Comune di Bologna alle scuole dell'infanzia paritarie private e destinarli interamente a quelle comunali e statali. Sembrava aver cominciato bene il suo intervento di ieri, Bagnasco, al convegno «La Chiesa per la scuola», promosso dalla Cei e in corso fino a questa mattina all'Hotel Ergife di Roma, a due passi dalla sede centrale dei vescovi italiani. «Una società che non investa energie economiche e umane nella scuola, nella formazione e nell'innovazione, finisce per subordinare l'uomo al lavoro e al denaro, come appare in modo drammatico nella finanziarizzazione dell'economia e nella conseguente subordinazione del lavoro alla finanza», aveva detto il presidente della Cei, lamentando anche «l'insufficiente sostegno delle istituzioni, come mostrano non da ultimo i tagli al personale e ai fondi stanziati per le attività e la strumentazione. Da qui il disagio vissuto da tanta parte degli insegnanti, spesso scoraggiati e disillusi perché scarsamente valorizzati e non pienamente riconosciuti nel loro importante e delicato compito formativo». Poi però è risultato chiaro a chi e a cosa si riferiva: alla scuola «paritaria» cattolica, penalizzata, secondo Bagnasco, dalle scarse risorse che lo Stato le destinerebbe, in spregio del «principio di sussidiarietà». La Costituzione «riconosce alla famiglia il dovere e il diritto di educare e istruire i figli secondo una linea educativa liberamente scelta», sostiene il presidente della Cei. «Si tratta di una grave manipolazione perché questa affermazione non è affatto contenuta nella Costituzione», rileva Antonia Sani, coordinatrice dell'associazione «Per la scuola della Repubblica». Da qui discenderebbe il diritto per i genitori di mandare i propri figli nelle scuole cattoliche, mantenute dallo Stato. La stampella normativa - e su questo punto è difficile dar torto a Bagnasco - è la legge 62 del 2000, fortemente voluta dall'allora ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer, la quale stabilì che «il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali». Nonostante queste disposizioni, protesta Bagnasco, «permangono svariate difficoltà applicative della legge» per quanto riguarda «l'incertezza della disponibilità finanziaria» e «la lentezza nell'erogazione dei fondi». La parità, chiede il cardinale, «deve divenire effettiva». Quindi lo Stato deve allentare i cordoni della borsa. Del resto Bagnasco parla a un governo amico, zeppo di cultori della sussidiarietà - dai ciellini Lupi e Mauro allo stesso Letta -, per incoraggiarlo a essere più generoso del precedente, che pure nella legge di stabilità riuscì a trovare 223 milioni di euro per le scuole paritarie, tagliandone contestualmente 700 milioni alla statale. «Senza oneri per lo Stato è l'unico punto fermo della Costituzione, sagacemente previsto dai nostri padri costituenti, che va ribadito», spiega Antonia Sani. «Se fosse integralmente rispettato, e non calpestato dalle convenzioni e dalla legge istitutiva delle scuole private paritarie, si potrebbe rispondere alle esigenze di tutti quei cittadini che oggi si vedono costretti a frequentare scuole private, spesso a indirizzo religioso, a causa dell'insufficienza e dell'inadeguatezza di tanti edifici pubblici». 
(Fonte)
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