sabato 11 maggio 2013

L’Italia usi il suo oro per minacciare l’uscita dall’Eurozona


Lingotti d'oro



L’Italia ha tutti i mezzi per resistere alla crisi, a patto che voglia davvero farlo: deve cioè minacciare l’uscita dall’unione monetaria europea, che la sta strangolando. Lo sostiene l’inglese Ambrose Evans-Pritchard, di fronte alla recente proposta del World Gold Council: utilizzare la riserva aurea italiana, la quarta al mondo, per mitigare i dettami di austerità imposti dall’Eurozona. Duemila tonnellate d’oro, come garanzia di una prima tranche per le eventuali perdite degli obbligazionisti: in questo modo, l’Italia potrebbe raccogliere sul mercato dei capitali almeno 400 miliardi di euro e sfuggire al ricatto del debito per un paio d’anni. Ma se a monte non cambiano le regole di Bruxelles – avverte l’economista del “Telegraph” – dopo una boccata d’ossigeno biennale l’Italia potrebbe trovarsi definitivamente nei guai. E senza più neppure il salvagente dei suoi lingotti d’oro.


La riserva aurea come garanzia, ricorda Evans-Pritchard in un intervento ripreso da “Come Don Chisciotte”, è già stata utilizzata nel 1974, quando l’Italia chiese un prestito di due miliardi di dollari alla Bundesbank. Stessa cosa fece il Portogallo, che sempre negli anni ‘70 ottenne un miliardo di dollari dalla Banca dei Regolamenti Internazionali. E così anche l’India, che nel ’91 usò il suo oro per ricevere un prestito dal Giappone. Un sondaggio congiunto Wgc-Ipsos ha rilevato che il 61% degli imprenditori italiani e il 52% del pubblico sosterrebbe questa idea, mentre solo una piccola minoranza sarebbe contraria. Il rapporto dice: con l’Italia che deve ancora affrontare importanti sfide finanziarie, il patrimonio dello Stato – come ad esempio le riserve d’oro – costituisce una possibilità per conquistarsi un certo spazio vitale. Un debito sovrano garantito con “obbligazioni auree” costituirebbe un debito sostenuto da garanzie reali come l’oro. In questo modo, utilizzando una parte delle riserve auree, gli Stati sovrani possono ottenere prestiti con minori interessi, senza (eventualmente) dover vendere un’oncia del loro oro.

L’uso dell’oro sarebbe comunque un ripiego: sostituirebbe il valore “naturale” dello Stato sovrano, cioè la libera creazione di moneta – cosa che avviene nel resto del mondo, da Londra a Washington, da Mosca a Pechino. La riserva aurea aiuterebbe i governi dell’Eurozona a recuperare parte della sovranità perduta, prima con la “privatizzazione” delle banche centrali e poi con quella della moneta. Così, si riconquisterebbe la “fiducia” dei mercati obbligazionari a costi di finanziamento più bassi. Misura temporanea, ovviamente: mentre la moneta sovrana garantisce potenzialità di emissione teoricamente illimitate, per sostenere il costo del deficit, il “tesoretto” aureo non è ovviamente infinito. Ricorrendovi, le nazioni azzoppate dall’euro potrebbero persino guadagnarci, e cioè «aumentare tra quattro e cinque volte il valore delle loro riserve in oro», dal momento che «un prestito obbligazionario garantito al 20% con oro potrebbe raccogliere fondi sufficienti per coprire circa l’80% del rifinanziamento di cui ha bisogno l’Italia per due anni».

In questo modo, riferisce Evans-Pritchard, si potrebbe attendere più serenamente la famosa “ripresa”: «Si potrebbe abbassare il livello del debito sovrano senza far aumentare l’inflazione e si darebbe all’Italia tempo e risorse per lavorare su riforme e rilancio dell’economia». In altre parole, utilizzando l’oro per emettere titoli di debito sovrano si otterrebbe una maggiore flessibilità senza infierire oltre con l’austerità. «Questo è esattamente il modo di pensare che dovrebbe attecchire negli Stati occupati dall’unione monetaria europea», dice il giornalista inglese, «e l’Italia è sotto occupazione da quando la Bce ha effettivamente rovesciato il governo eletto con il colpo di Stato del novembre 2011 – con la complicità attiva del presidente Napolitano, un ex stalinista che ha poi trasferito la sua mania ideologica nel progetto dell’Unione Europea».

Debito garantito con l’oro: il disegno è stato presentato lo scorso ottobre da Alessandro di Carpegna Brivio, amministratore delegato della Camperio Sim. Soluzione inevitabile? Tutt’altro, secondo Evans-Pritchard: «Basterebbe che il nuovo premier Enrico Letta dicesse all’Europa di andare a buttarsi a fiume», perché la “reflazione” – cioè la somma tra inflazione e recessione – se avvenisse in un solo paese violerebbe le regole dell’unione monetaria europea. «Ma è altamente improbabile che Mr. Letta lo faccia», essendo cresciuto nell’entourage di Romano Prodi e in particolare alla scuola di Beniamino Andreatta, l’architetto della “grande privatizzazione” che preparò lo smantellamento storico dell’industria pubblica italiana, il motore strategico dello sviluppo che faceva paura alla concorrenza francese e tedesca. L’atteggiamento di Letta, aggiunge il notista del “Telegraph”, ricorda quello di Hollande: con la sua politica fiscale, il presidente francese «sta tentando di far contrarre il Pil di quest’anno del 2%, in modo anticiclico durante una recessione, perché è così intriso del suo europeismo che non se la sente di mandare al diavolo i sapientoni di Bruxelles e di Francoforte, anche se qualcuno del suo Partito Socialista vorrebbe farlo».

Ambrose Evans-Pritchard teme che il piano del World Gold Council finirebbe solo per «puntellare l’impalcatura di questa impraticabile Unione il più a lungo possibile, per poi lasciare l’Italia ancora più vulnerabile, dopo essersi giocata anche la sua ultima carta», la quarta riserva aurea mondiale. «Nemmeno questa strategia, comunque, risolverebbe il problema fondamentale di una Italia che ha perso costantemente competitività». Tentare un recupero con una “svalutazione interna” metterebbe a dura prova la coesione sociale, «che potrebbe arrivare fino al punto di rottura». E quindi? «Quello che dovrebbe fare l’Italia sarebbe dire alla Germania che non continuerà ad essere un membro dell’Uem a meno che il Nord non “si riadegui-reflettendo” con una “rivalutazione interna” che riporti il divario Nord-Sud a valori accettabili». In questo caso – allora sì – l’Italia «potrebbe anche usare le sue riserve d’oro per rendere questa minaccia veramente credibile». La Germania, conclude Pritchard, dovrebbe sapere che l’Italia ha tutti i mezzi per stabilizzare il mercato obbligazionario «appena liberatasi dai cappi dell’Europa». Con l’avanzo primario di bilancio al 2,5% del Pil, «non si troverebbe ad affrontare nessuna crisi di finanziamento». La parola a Berlino, dove si voterà a settembre: «Aspettiamo che l’Imperatore del Sacro Romano Impero venga a Canossa».
(Fonte)
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