Processo Mediaset, Silvio Berlusconi chiama i suoi in piazza a Brescia contro le toghe. E nel bunker si riparla di elezioni a ottobre
Tutti in piazza. Per difendere Berlusconi dalla persecuzione giudiziaria. L’ordine viene diramato di mattina presto: sabato a Brescia, si farà una manifestazione
“classica”, come era stata immaginata in un primo momento. Con folla
osannante e Berlusconi che arringa i suoi contro le toghe che vogliono
demolirlo, nel patrimonio, nella politica e nella dignità. Quelle di
Milano. Ma anche quelle di Napoli, che in mattinata hanno chiesto il
rinvio a giudizio per Berlusconi nell'ambito dell'inchiesta sulla
compravendita di parlamentari. E lunedì è possibile - l'ipotesi si sta
valutando in queste ore - una nuova manifestazione di fronte alla
procura di Milano, mentre Ilda Boccassini pronuncerà la sua requisitoria
sul processo Ruby.
Alla fine Silvio Berlusconi non ha retto, assecondando una rabbia
profonda, incontenibile. La notte non solo non ha portato prudenza, ma
ha indotto il leader, nella solitudine di chi valuta come devastanti per
la propria vita gli effetti della sentenza Mediaset, ad assecondare
l’indole del lottatore. Che, se deve cadere, cade sul campo. E così
ordina un nuovo cambio di programma in vista di sabato. La
manifestazione era stata ammorbidita, abbandonando l’idea del comizio
in piazza, e sostituendolo con una sobria conferenza stampa, per evitare
di infuocare il clima e di destabilizzare il governo. Ma, raccontano
nell’inner circle del Cavaliere, un conto è non attaccare il governo, un
conto è non reagire di fronte al killeraggio giudiziario.
E a questo punto tutto è possibile, di fronte alla mobilitazione, che
inizierà sabato, ma su cui nella war room del Capo si sta studiando un
vero e proprio piano di guerra. Perché il Cavaliere non ha alcuna
intenzione di tirare già il governo, ma tutto lo stato maggiore è
consapevole che le sue parole contro i giudici saranno tritolo puro
sotto la fragile impalcatura che regge il governo Enrico Letta: “Non è
difficile immaginare - dice un ex ministro di peso - che cosa succederà
quando Berlusconi parlerà dei magistrati come di un cancro della
democrazia o dell’azione della procura di Milano come eversiva. Il Pd
regge?”.
Già, il Pd regge? La risposta pare essere implicita, e l’ex premier pare aver messo nel conto le conseguenze più estreme. Basta
vedere l’invito alla mobilitazione sugli house organ dell’ex premier
per capire come un clima da guerra civile sia stato messo nel conto.
Anche perché, è il ragionamento, il colpo arrivato dalla procura di
Milano mostra che la pacificazione nazionale è impossibile, finché dalle
Aule di tribunale continueranno ad arrivare raffiche degne “un plotone
di esecuzione”. Ecco il punto: non ha funzionato l’operazione statista
messa in campo dal minuto dopo le elezioni: la linea responsabile, il
governo di larghe intese, la rinuncia al voto, la rielezione di
Napolitano, che è anche capo del Csm, coi voti del Pdl. E non solo non è
cambiato il clima, ma è ripartito l’attacco finale dalla procura di
Milano.
E adesso il Cavaliere vede nero davvero. Se questa è l’aria, già si
sente il rumore dei prossimi colpi, dopo l’appello su Mediaset. Ovvero
la sentenza Ruby che arriverà entro metà giugno, in primo grado. Per non
parlare della richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di
Napoli sulla compravendita dei parlamentari. Con la devastazione
dell’immagine di chi, impegnato a fare lo statista, si vede descritto
nelle aule di tribunale come un malfattore e uno che induce una
minorenne alla prostituzione. L’attacco finale, appunto. Di fronte al
quale l’unica risposta che Berlusconi sente davvero nelle corde è la
chiamata del suo popolo, nella consapevolezza che il primo effetto della
sua mossa e delle sue parole sarà portare il Pd, che proprio sabato è
riunito in una difficile assemblea per ritrovare la rotta, sull’orlo di
una crisi di nervi. Con mezzo partito che dirà: “Basta con Berlusconi”.
Insomma, la tregua rischia di essere già finita. Ma con i sondaggi che
danno il centrodestra in testa, e il Pd senza leader e risucchiato nel
gorgo di un congresso in autunno, le sorti del governo non rappresentano
certo un cruccio per Berlusconi. E a palazzo Grazioli già si riparla di
voto a ottobre.
(Fonte)
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