Si complica la strada verso i famosi 80 euro. Venerdì prossimo il governo Renzi effettuerà il tanto atteso taglio dell'IRPEF, che permetterà ai dipendenti (pubblici e privati) di trovare, da maggio, circa 80 euro in più in busta paga. Una promessa impegnativa che necessita di quasi 7 miliardi subito e di 10 miliardi annui dal 2015. Infatti, è soltanto attraverso questo cifre che sarà possibile garantire a 10 milioni di italiani di poter beneficiare mensilmente di quella che Renzi ha soprannominato "una vera e propria quattordicesima". Ricordiamo che i beneficiari saranno i dipendenti con uno stipendio inferiore ai 25mila euro lordi, mentre risulteranno esclusi (almeno per ora) pensionati e incapienti (chi guadagna meno di 8mila euro all'anno). Ma il percorso non sarà così lineare.
Prima di tutto, Renzi dovrà rispondere in merito all'audizione del presidente ISTAT Antonio Golini che, commentando il DEF (Documento di Economia e Finanza) davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha dichiarato che i famosi 80 euro porteranno un beneficio medio di al massimo 66 euro. In pratica meno di quanto promesso. Questo perché l'ISTAT non ha preso in considerazione gli 80 euro in sé per sé, ma ha voluto studiare l'impatto che questi soldi porteranno concretamente alla famiglie, a seconda delle loro diverse fasce di reddito e delle loro particolari caratteristiche. Ecco perché l'Istituto ha diviso in cinque parti uguali le famiglie italiane, così da valutarne al meglio l'impatto reale.
Per la prima fascia, quella comprendente le famiglie più povere, l'impatto medio di beneficio in busta paga sarà di 714 euro su base annua, che si traduce in circa 60 euro al mese. Bisogna tuttavia specificare che in questa prima fascia sono compresi moltissimi incapienti, che come già detto non godranno di questa riduzione (forse potrebbero beneficiare di un bonus ma non ci sono certezze a riguardo). Lo stesso conteggio "falsato" si ha per la quinta fascia, quella delle famiglie più ricche, dove l'impatto medio di beneficio sarà di 451 euro, quindi di 38 euro al mese. Ma anche in queste fascia sono compresi moltissimi dipendenti con redditi superiori al tetto massimo di 25mila euro.
Nelle fasce intermedie l'impatto medio aumenta. Per le famiglie di seconda fascia il beneficio medio sarà di 796 euro (66 euro), per quelle di terza fascia sarà di 768 (64 euro) e per quelle di quarta sarà di 696 (58 euro). Insomma, cifre leggermente lontane da quei 960 euro annui promessi da Renzi. Ripetiamo, non perché gli 80 euro non saranno tali. Saranno comunque 80 ma avranno un peso differente da famiglia a famiglia, a seconda dei componenti del nucleo familiare, della quantità di figli, dalle caratteristiche e dal numero degli stipendi per ciascun nucleo. E' questo che l'ISTAT ha voluto studiare.
ISTAT a parte, rimangono i dubbi sulle coperture. Il DEF che ha presentato Palazzo Chigi, sembrerebbe tranquillizzare i più scettici: le coperture ci sarebbero e addirittura sarebbero più del necessario. Ma non tutti sono così ottimisti e fiduciosi. D'altronde si sa, l'uomo è malfidato per natura. La paura è che Renzi abbia fatto il passo più lungo della gamba, che abbia promesso troppo senza prima accertare la disponibilità economica. Per l'ex sindaco fiorentino i soldi ci sono, punto e basta. Va bene, ci fidiamo e aspettiamo venerdì. Ma perché questi soldi (10 miliardi all'anno, non proprio "qualche spiccio") sono usciti fuori solo ora? Dove si erano nascosti durante l'era del fu Enrico Letta?
C'è un'indiscrezione dell'ANSA che potrebbe indurre a pensare che in realtà Renzi starebbe bluffando. Secondo l'Agenzia, il governo starebbe studiando un provvedimento per recuperare i soldi evasi dal non pagamento del canone RAI. Una lotta all'evasione importante e un recupero di denaro stimato attorno ai 300 milioni di euro, di cui 150 andrebbero alla RAI e 150 al governo, che li metterebbe fra le coperture per il taglio dell'IRPEF. E qui nasce la solita domanda: siamo sicuri che i soldi ci siano e in abbondanza? No perché la sensazione è che il governo stia andando alla ricerca disperata di liquidi e ovunque. E non è proprio un sintomo di tranquillità.
Ma l'elemento più preoccupante è l'audizione di Luigi Signorini, vice-direttore di Bankitalia, che è stato ascoltato con interesse dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. La Banca d'Italia non si fida proprio di questa manovra fiscale. La perplessità nasce dal fatto che i risparmi della spending review del governo e di Carlo Cottarelli, non basterebbero a finanziare la tanto decantata quattordicesima al ceto medio impoverito. La ragione è una: Renzi si starebbe focalizzando sulle coperture necessarie a questo sgravio, dimenticando che l'Italia dovrà sostenere coperture anche per altri tipi di spesa. Quindi, già dal 2015, i soldi presi dai tagli di Cottarelli potrebbero non bastare per tenere i conti in ordine. E poi c'è la strategia delle privatizzazioni. L'idea del governo è di ottenere uno 0,7% di PIL da un preciso programma di dismissioni, quindi anche dalla privatizzazione degli asset statali. Per Bankitalia l'idea è troppo ambiziosa:"Negli ultimi 10 anni gli importi da dismissioni mobiliari sono stati pari a 0,2 punti di PIL in media l'anno".
Anche la Corte dei Conti è titubante. Ascoltato dalla Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il presidente della Corte, Raffaele Squitieri, ha commentato con timore il DEF. Secondo Squitieri, la spending review del governo è da considerare un'iniziativa apprezzabile per la riduzione della spesa pubblica. Tuttavia, Squitieri si è augurato che le stime dell'esecutivo siano corrette, poiché un errore di calcolo porterebbe a conseguenze disastrose.
(Fonte)
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