Il signore delle larghe intese rischia di vedere crollare la sua impalcatura a opera di Grillo e Renzi Il Corriere corre in soccorso: il “re ” è amareggiato. A rischio amnistia, indulto e “riforma” della Carta
Cronache dal Napolitanistan. Prima e terza pagina del Corriere della Sera di ieri. L’amarezza di Giorgio Napolitano impregna ben duecento righe di piombo del quotidiano più diffuso del Paese, con la massima evidenza. “Le riflessioni del Colle su carceri e Costituzione. Amarezza di Napolitano per le critiche ‘Tutti dovrebbero stare ai fatti’”. E giù una meticolosa, puntigliosa ricostruzione delle “parole” del Colle su riforme, Costituzione e amnistia, “mettendo da parte le animosità, le interpretazioni strumentali (e cioè il quesito dei quesiti: l’amnistia e l’indulto serviranno a B.?, ndr), le divagazioni dietrologiche”. L’articolo contiene numerosi frasi virgolettate attribuite al capo dello Stato ma non si tratta di un’intervista, né di un colloquio informale o dell’anticipazione di un monito. Un semplice retroscena, solamente. Per la serie: il Colle ispira, via Solferino scrive. La celebre pignoleria di Napolitano costringe il Corsera anche a ricordare che il presidente della Repubblica intervenne a un convegno di Torino il 22 aprile 2009 per invocare “una rinnovata stagione costituente”. Convegno, si badi bene, che faceva capo a quel Zagrebelsky sceso in piazza sabato scorso a Roma in difesa della nostra Carta. Di qui l’amarezza. Tanta amarezza, che nella parte finale dell’articolo trasfigura in “stupore per la richiesta di impeachment dei grillini”.
È probabile che a causare la reazione di Napolitano per inteposto quotidiano sia stata l’uscita renziana contro gli annunciati provvedimenti di clemenza. Una mossa quindi, quella del Colle, che tradisce un po’ di nervosismo e insofferenza , non solo amarezza, per le variabili impazzite che possono far saltare la dittatura delle larghe intese, insediatasi a Palazzo Chigi nell’autunno di due anni fa (Monti senatore a vita poi premier) e istituzionalizzata con il governo politico Letta-Alfano, che fu anche la prima condizione posta per la riconferma al Quirinale sei mesi fa. Di qui il carattere ormai ossessivo del presidenzialismo di Re Giorgio. Capo dello stato. Capo del governo, di fatto. Commissario del suo partito di provenienza, il Pd (e ieri Fabrizio Rondolino sul Giornale ha ricordato ancora una volta che nel novembre 2011 Bersani voleva andare al voto e Napolitano disse di no). Lord protettore delle colombe governiste del Pdl, i cosiddetti alfaniani. Editore politico dei principali quotidiani italiani. Il monitoraggio del Quirinale è costante e ieri ha toccato anche Internet, altro cruccio del sovrano vegliardo. Le sue parole sui “propagandisti d’odio” si possono interpretare come un ulteriore affondo a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle, che sulla Rete hanno costruito il loro “boom” elettorale, che lo stesso Napolitano, all’inizio, fece finta di non sentire.
Con l’amarezza solenne scolpita su cinque colonne del Corsera, Re Giorgio prosegue nella recinzione dell’arco costituzionale, meglio arco Napolitano, per chiudere questo ventennio della Seconda Repubblica e del berlusconismo, secondo la nota definizione del premier Enrico Letta. Non è un caso che qualche solerte ministro democrat abbia paragonato Renzi a Grillo sulla questione dell’amnistia. Il sindaco di Firenze, al di là della propaganda da primarie, ha colto un punto fondamentale nella pancia del Pd: il timore che il realismo togliattiano di Napolitano (la cui popolarità è scesa comunque di venti punti in due anni, dal 62 al 42 per cento) possa rappresentare la tomba del partito. Un tema, lo sganciamento dal Quirinale, che Barbara Spinelli in un’intervista recente al Fatto considera cruciale per la sopravvivenza dei postcomunisti.
Ma il rebus principale tra le schegge dei non allineati all’arco Napolitano riguarda il caso Berlusconi. La resa dei conti finale nel Pdl è legata alle conseguenze della decadenza da senatore del Leader Condannato. Tutte le divisioni, le spaccature, le polemiche, finanche l’odio di questi giorni nel centrodestra si giocheranno a fine mese, se non a novembre, quando la questione approderà nell’aula del Senato. La chiusura del ventennio, per Re Giorgio, prevede un’uscita di scena nobile e dolce per il Cavaliere. Gli alfaniani vantano già la vittoria conseguita sulla fiducia al governo Letta di due settimane fa, ma nessuno può nascondere il vero pensiero di B. sui suoi guai. Il pensiero di un uomo che ancora oggi si sente tradito da Re Giorgio. Se il governo delle larghe intese passerà indenne quel tornante storico allora la vittoria del Quirinale sarà a tutto campo, capace anche di resistere all’iniziativa grillina di impeachment. Se invece il sistema dovesse saltare tutto è possibile. L’implosione del Pdl cambierà certamente quadro politico, rivoluzionan do equilibri e rapporti personali. Ecco perché Napolitano monitora, ispira, telefona. Il suo presidenzialismo ha qual che nervo scoperto.
(Fonte)
(Fonte)
Nessun commento:
Posta un commento