Esistono due tipi di amnistia. Tipo 1 (dritta) e Tipo 2 (a rovescio).
Tipo 1: quella alla democristiana.
Con questo meccanismo l’Italia è campata per decenni. Si sceglie un limite massimo di reclusione (3 anni?) e si escludono dal beneficio un certo tipo di reati (cosiddetti orribili, omicidi e via elencando).
Semplice. Comodo. Medievale. Sintomo di mancata correzione delle storture del codice.
Figuriamoci, in questo Parlamento, il dibattito che ne scaturirebbe.
Berlusconi sì, Berlusconi no e via a scendere.
Un Berlusconi, fra l’altro, che già gode di un indulto voluto dal governo Prodi nel 2006, ministro Mastella, prima che i profeti del centrosinistra potessero immaginare che proprio per quel reato il Cavaliere avrebbe pagato la prima condanna definitiva.
O, dice qualche malpensante, proprio per quello.
Fatto sta che, oggi, berlusconianamente, non si può immaginare di rifare quella scelta e, proprio nel nome di Silvio, si deve escludere Silvio dal beneficio (come ha detto il ministro Cancellieri).
Giusto? Forse, ma di fatto uno stop all’indulto-amnistia invocati dal Capo dello Stato. Con un solo fine: non presentarci al semestre europeo con una bella condanna per violazione dei diritti umani (l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti umani per trattamenti crudeli e degradanti equiparabili alla tortura e ha avuto un anno di tempo per rimediare a uno stato di illegalità. La data limite indicata dalla Corte europea di Strasburgo è il maggio 2014).
Il 27 settembre 2012, fu ricevuta al Quirinale una delegazione dei 139 giuristi e garanti dei diritti dei detenuti che avevano sottoscritto una lettera aperta a Napolitano elaborata dal professor Andrea Pugiotto con la richiesta dell’invio alle Camere di un messaggio ai sensi dell’articolo 87 della Costituzione.
Il Presidente disse no.
Proprio per il timore che il messaggio cadesse nel vuoto e per il rischio di duplici reazioni: le polemiche legate alla retorica securitaria, le polemiche legate al presunto possibile favore a Berlusconi. Eccole puntuali: il ministro-saggio-della-Repubblica Quagliariello ha già lasciato intendere che il Pdl non voterà una legge contra personam. Elemento cui va aggiunto il quorum dei due terzi per avere il via libera parlamentare. Con che voti? Non è dato sapere.
Ed ecco l’amnistia Tipo 2.
Quella che immagina un Paese civile, ovvero non l’Italia.
Come funziona?
Banale: il codice penale si evolve, la necessità del carcere cambia con il tempo. Esistono momenti in cui la “civiltà” sostituisce la pena carceraria con forme diverse di recupero. Ecco, in un Paese normale si fa l’amnistia a rovescio.
Prima si decidono i reati che non sono più reati, ovvero si immagina un codice più moderno, capace di non trasformare il carcere da luogo di detenzione per i criminali a discarica sociale, poi si vota un’amnistia per i reati che, nell’intenzione del legislatore, smetteranno di essere puniti con il carcere. E così si pareggiano le erbe del prato, detta male con Manzoni. Ma si ragiona in prospettiva di futuro e non di passato.
Così concepita, l’amnistia non è più un favore a qualcuno, non lo può essere. Così concepita non esiste il pericolo che tocchi un amico o un nemico. Per il semplice fatto che diventa una norma, stavolta sì straordinaria, per adeguare una fotografia vecchia a unìidea nuova di legislazione.
Cosa ci sarebbe di più semplice?
E invece no, nemmeno questo è possibile.
Perché su questo tema non esiste una maggioranza, né in Parlamento né al governo.
Non esiste un progetto compiuto di riforma del codice penale, capace di diminuire le storture per cui oggi oltre metà della popolazione carceraria italiana è composta di tossicondipendenti o persone in attesa di processo. Non esiste nessuno che ci abbia pensato davvero in questi anni.
(Fonte)
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