Staffan De Mistura, un inamovibile che già il 28 novembre 2011 viene nominato nel Governo Monti Sottosegretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri e successivamente, il 27 marzo 2013 è stato promosso, dallo stesso Monti, viceministro degli Affari Esteri. Il 3 maggio 2013 viene nominato inviato speciale presso il governo indiano per il caso dei marò da parte del Governo Letta. Cambia ancora il governo e il 22 febbraio 2014 arriva Matteo Renzi che conferma De Mistura nonostante, sembra, non abbia combinato molto in quel delicato ruolo e i due fucilieri del San Marco sono ancora in India.
Cosa ci faccia ancora lì non è dato a sapere anche perchè, di lui Luttwak (noto esperto di politica estera e di strategie
militari ed economiche) dice: «Un personaggio che non è un esperto ma che ha fatto la sua intera carriera all'Onu, dove essere totalmente incapace non è certo un ostacolo alla carriera. È solo un bellimbusto e in India, ma non solo lì, è considerato un cretino». Quindi è stato, sempre secondo Luttwak, un'errore clamoroso inviare il sottosegretario italiano a occuparsi di questo caso affermando pure che dopo l'arresto era stata individuata
una soluzione che rispettasse lo stato di diritto di un Paese come l'India
senza penalizzare troppo i due militari italiani.
Se Luttwak ha ragione, mi chiedo (anche perchè non si intravvedono risultati), come mai De Mistura è stato riconfermato da Renzi? quali sono i suoi pregi?
CASO MARÒ: MISURA E DE MISTURA DI UN FALLIMENTO – IL GAGÀ DELLA DIPLOMAZIA INCARNA L’IMPOTENZA DELL’ITALIA CHE VA ALLO SCONTRO COL COCKTAIL IN MANO AL POSTO DELLA MIMETICA - LUTTWAK: ‘È SOLO UN BELLIMBUSTO E IN INDIA È CONSIDERATO UN CRETINO’
Soave,
salottiero, con quel delizioso birignao da giocatore di canasta, Steffan de
Mistura è il volto della sconfitta italiana nel caso dei marò – Nominato da
Monti (ad insaputa di Terzi) ha rivelato da subito una certa inadeguatezza: gli
indiani si sono chiesti perché avessero inviato lui che all’Onu è considerato
amico del Pakitan, ossia del loro nemico storico…..
Nonostante
il suo buon volere, Staffan De Mistura è così associato al fallimento sui marò,
da farci venire il magone ogni volta che lo vediamo. Da mesi appare in tv per
darci pessime notizie con quel delizioso birignao da giocatore di canasta che
fa a pugni con la drammaticità della situazione. Il contrasto tra la iattanza
indiana e i modi da boudoir settecentesco di Staffan incarna alla perfezione
l'impotenza dell'Italia che va allo scontro con pasticcini e bignè, anziché col
coltello tra i denti.
De
Mistura è stimabilissima persona con esperienza negli aiuti umanitari maturata
in 40 anni da alto funzionario dell' Onu. Sta di fatto,però,che quando ho
chiesto giudizi su di lui tra diplomatici, militari, ecc., la prima reazione di
tutti- tutti- , è stata una risata. Staffan fa ridere perché, nella
circostanza, è considerato troppo soave e salottiero per una missione da
cinghialoni grintosi decisi a reagire al ricatto col ricatto.
Si
racconta che dopo l'arresto dei due fucilieri, le autorità indiane si fossero impressionate
per una marcia di solidarietà a Roma di oltre cinquemila persone. «Gli italiani
sono arrabbiati con noi?», chiesero a De Mistura che era già a Delhi. Chiunque
avrebbe confermato: «Sono incavolati neri!». Lui, invece, memore di essere un marchese
dalmata e confidando nelle buone maniere più che nei cazzotti, rispose
amabilmente: «Cosa sono cinquemila persone su una popolazione di sessanta milioni?
». Gli indiani pensarono allora che se gli italiani se ne infischiavano dei
marò, loro potevano pure condannarli a morte.
De Mistura fu catapultato nella faccenda per caso.
Era
sottosegretario agli Esteri, nominato da Mario Monti (novembre 2011) perché
apparteneva alla cerchia al loden del suo governo: nobile, tecnico, estraneo alla
politica. Gli erano stati affidati i cocktail internazionali, potendo
conversare in sette lingue: italiano, svedese, francese, tedesco, inglese,
spagnolo, arabo. Aveva appena iniziato a svolgere la funzione, quando gli Indù
ci presero i marò.
L'Italia
si suicidò subito accettando la giurisdizione indiana anziché internazionalizzare
la vertenza. Monti, di fronte al pantano, tolse a De Mistura calice e olivetta
e lo incaricò dell'incombenza, considerandolo il più adatto a viaggiare sia
perché con l'Onu era stato dappertutto, Somalia, Sudan Afghanistan, ecc., sia
perché adora l'aereo. Il ministro degli Esteri di allora, marchese Terzi di
Sant'Agata, fece poi sapere che la scelta del marchese De Mistura fu fatta a
sua insaputa. La missione partiva col piede sbagliato e si ingarbugliò con lo
scorrere dei mesi.
Molti
hanno rinfacciato al nostro Staffan una certa inadeguatezza. Per cominciare,
gli indiani si sono chiesti perché accidenti gli italiani avessero inviato lui,
che all'Onu è considerato, pare, molto amico del Pakistan, ossia del loro
nemico storico. Per cui diversi turbanti lo hanno guardato in cagnesco.
Straconvinto che il fallimento della mediazione sia da imputare a lui, è Edward
Luttwak, il politologo Usa esperto di cose italiane, che ha detto: «De Mistura
ha fatto la carriera all'Onu, dove essere totalmente incapaci non è un
ostacolo. É solo un bellimbusto e in India è considerato un cretino».
Quello
che si può dire, è che Staffan dovrebbe indossare la mimetica, invece
dell'abito da golf. L'India vuole entrare al Consiglio di sicurezza dell' Onu
come membro permanente? Bene: o libera i marò o l'Italia pianta un casino come
già fece anni fa l'ambasciatore all' Onu, Fulci, che bloccò a lungo analoghe
aspirazioni della Germania. Dunque, meno erre moscia e più sibilanti.
Il
sessantasettenne De Mistura è stato inquadrato fin da ragazzo come un fighetto
pariolino con, in più, l'esotismo delle sue complicate origini. Gli amici di
gioventù lo ricor-dano con le toppe di cuoio sui gomiti delle giacche, che a
Roma avevano ancora in pochi, e i capelli rossicci.
«Non
aveva né i colori, né i sapori di un italiano», dice un suo sodale del Gruppo
Studentesco Europeo di Via della Ferratella, do¬ve nei primi anni '60 i ragazzi
fantasti-cavano con Altiero Spinelli di una futura Europa unita. Staffan, sangue
misto e poliglotta com'è, l'europeismo e il cosmopolitismo li ha nei pori. Di
famiglia marchionale italiana di Sebenico, il padre, alla fine della guerra,
dopo che i comunisti gli ebbero infoibato un fratello, fuggì dalla Dalmazia di
Tito per Roma. Si trasferì poi a Stoccolma dove sposò una nobile svedese.
Qui,
nel 1947, nacque Staffan. Apolide, prima di diventare svedese. Infine, preso da
nostalgia, il babbo ritornò a Roma con la famiglia. Da allora (1951), salvo
parentesi, il Nostro ha sempre fatto capo alla Città Eterna, nonostante l'indefinibile
accento, che sa un po' di tundra e un po' di pampa, del suo perfetto italiano.
Prese la licenza nel Liceo Massimo dei Gesuiti, la laurea con lode in Scienze
Politiche alla Sapienza e una specializzazione in «Negoziati complessi» risultata
perfettamente inutile in India.
La
sua carriera all'Onu, iniziata nel 1971, è costellata di missioni in Paesi rischiosi,
cam-pagne alimentari, esodi di massa, lanci paracadutati di vettovaglie,
avventure rocambole-sche. Finché, nel 1999, commosso da tanta abnegazione e
orgoglioso per quella metà di sangue nostro che gli viaggiava nelle vene, il
presidente Ciampi, motu proprio , gli conferì la cittadinanza italiana. Da allora,
Staffan è una riserva della Repubblica e un'icona nazionale.
Vive
a due passi da Piazza di Spagna, con la moglie francese, Genevienne, e due
figlie. Con sublime affettazione circola su una 500 Giardinetta del 1966 e
divide il tempo tra missioni e onori. Dopo la cittadinanza di Ciampi, il
presidente Napolitano nel 2007 lo ha nominato Grande Ufficiale della Repubblica,
l'Università di Genova gli ha dato una laurea honoris causa in Scienze strategiche,
Assisi gli ha conferito la cittadinanza onoraria in nome della Pace, a Trieste
è stato proclamato nel 2009 «dalmata dell' anno», nel 2010 ha ricevuto il premio
Fiuggi di Cultura.
In
ciascuna di queste occasioni Staffan ripete, egualmente serio e commosso,
l'aneddoto preferito sul come e perché decise di consacrarsi all'umanità. Aveva
17 anni e stava facendo uno stage in ambito Onu a Cipro quando «sulla Linea
blu, che divide la parte greca dell'isola da quella turca, un ragazzo fu ucciso
da un cecchino sotto i miei occhi. Da allora, ho sviluppato una decisa
ribellione verso la violenza e l'ingiustizia». Bravo, Staffan, se ne ricordi
anche quando scende dai piantagrane Indù.
(Fonte)
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