Estratto dell'intervista che il rappresentante permanente dell'Italia alle Nazioni Unite, Sebastiano Cardi, ha concesso a La VOCE e riguardante la parte dei due "Marò" detenuti in India.
Dopo l'incontro del ministro Mogherini con il Segretario Generale dell'ONU, in conferenza stampa avete detto che si è parlato anche della caso dei marò italiani ancora prigionieri in India. Recentemente, l'ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che è stato suo collega e anche ambasciatore in questa sede, commentando l'annuncio del governo Renzi di voler portare la questione ad un arbitrato internazionale, ha dichiarato "finalmente", aggiungendo che si era "perduto ormai troppo tempo" (ricordiamo che Terzi si dimise dal governo Monti per contrasti sulla linea da seguire riguardo proprio alla questione dei marò, nda). Secondo lei, ha ragione Terzi a dire "finalmente", e che a questo coinvolgimento dell'ONU e all'arbitrato internazionale ci si doveva arrivare almeno un anno e mezzo fa?
L'arbitrato internazionale non riguarda direttamente l'ONU, ma sarà, se arriveremo all'arbitrato, fatto secondo le regole della convenzione del diritto sul mare, cioè l'UNCLOS, una convenzione nata sotto gli auspici dell'ONU. Ma non si tratterà di un arbitrato ONU. Qui non credo si tratti di un problema di tempo, diciamo che è una questione estremamente difficile e che va gestita con estrema delicatezza. Intanto riguarda due paesi comunque amici. Non è che noi abbiamo un problema con l'India. E quindi dobbiamo fare, come ha annunciato il governo e credo che si stia facendo, tutto quello che si può fare in via bilaterale e che è poi un pochino quello che il Segretario Generale Ban Ki-moon ha chiesto quando diceva che due importanti paesi dell'ONU devono saper cercare di risolvere una controversia tra di loro. Noi riteniamo però che la questione non sia di natura bilaterale. Io stesso e l'allora ministro Emma Bonino, ci siamo rivolti direttamente al Segretario Generale Ban Ki-moon, spiegando che chiaramente questa questione investe dei principi internazionali, la lotta alla pirateria, le immunità funzionali dei militari in servizio per lo stato, ai sensi di funzioni delle Nazioni Unite. Quindi, al di là dell'aspetto dei tempi, che ovviamente sono molto lunghi, e questo è un problema soprattutto per questi due poveri marò, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, che facevano il loro dovere e che sono stati in qualche modo trattenuti, quello che è necessario è ottenere il sostegno di tutte le parti internazionali e quindi anche delle Nazioni Unite per cercare di facilitare un esito positivo con l'uscita dei marò dall'India e col riconoscimento del fatto che l'India non ha giurisdizione, perché l'incidente (in cui morirono i due pescatori indiani, Ajesh Pinky di 25 anni e Selestian Valentine di 45 anni, scambiati per pirati, nda) avvenne al di fuori delle acque territoriali indiane. E naturalmente anche il sostegno di organizzazioni importanti come l'ONU per poter, se ci fosse un arbitrato, eventualmente, avere una soluzione che sia secondo noi favorevole alle ragioni fondate dell'Italia.