Signor Presidente, signori governanti volete la "morte" della Nazione e dei suoi cittadini?, quel popolo sovrano, citato nella Costituzione, che state cambiando e che non potreste? o avete modificato, a nostra insaputa, l'articolo 138 e ora fate quel che vi pare? date almeno una spiegazione!
Juncker per la Gran Bretagna è fastidioso, ma per Francia e Italia è letale
I
parlamenti sovrani d'Europa sono vittime di un gioco di prestigio
costituzionale, anche se alcuni sono più sottomessi rispetto ad altri.
Il metodo degno di Oliver Cromwell che Jean-Claude Juncker ha imposto
agli Stati è una violazione dei trattati.
L'episodio chiarisce la
necessità per la Gran Bretagna di ritirarsi dall'Unione, così come per
la Francia o per qualsiasi altro paese che voglia rimanere autonomo
sotto uno stato di diritto.
Il trattato di
Lisbona non ha creato uno stato europeo, in qualsivoglia forma. La
Francia e la Gran Bretagna hanno combattuto ferocemente per impedire che
questo accadesse, quando il testo è stato redatto nella sua forma
originale come Costituzione Europea. Esse hanno insistito che l'UE
rimanesse una organizzazione "intergovernativa", ed hanno fatto bene.
Agire diversamente avrebbe significato svuotare le democrazie nazionali senza sostituirle con qualcosa di funzionante.
La
spinta della Germania per uno stato federale - idealistica e pericolosa
in egual misura - è stata sconfitta. La coppia formata da Valery
Giscard d'Estaing e Lord Kerr ha sventato la minaccia.
Il
trattato che è venuto fuori non ha dato al Parlamento europeo il potere
di scegliere il presidente della Commissione. La prerogativa rimane ai
leader eletti dell'UE, responsabili verso i loro elettori, una
salvaguardia che assicura l'autorità agli Stati sovrani.
Gli
eurodeputati hanno il diritto di sfiduciare la Commissione. Non possono
nominarla. Eppure è esattamente quello che hanno fatto. Una cricca di falchi integralisti a Strasburgo ha imposto a forza il Presidente Juncker
sulla base di una serie di argomentazioni fallaci. Gli spauriti leader
dell'UE hanno accettato il fatto compiuto, o per ottenere concessioni o
per ingraziarsi il favore di Berlino.
Questo gruppo di parlamentari superstiti nasconde la caccia alle poltrone e la brama di potere
dietro alla bandiera della democrazia, affermando che il gruppo di
centro-destra (PPE) ha l'autorità per imporre la sua scelta perché ha
"vinto" le elezioni europee.
E invece il terremoto elettorale di
maggio è andato in direzione completamente opposta, un urlo primordiale
dei popoli europei contro la prepotenza dell’UE e la distruzione di
posti di lavoro causata dalla brutale austerità. Il Fronte Nazionale ha vinto in Francia chiedendo l’uscita dall’euro
e col rifiuto viscerale del progetto dell'Unione Europea, una svolta
vera e propria in un paese che è ancora il cuore pulsante dell'Europa.
Bisogna
essere politicamente analfabeti per ritenere saggio o appropriato, in
questo momento, affidare la macchina UE a un vecchio insider,
uno dei maggiori responsabili delle disgraziate decisioni che hanno
portato l'Europa nella sua attuale empasse e un maestro del metodo
Monnet.
"Prendiamo
una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo di vedere cosa
succede. Se non c'è nessuna protesta, perché la maggior parte delle
persone non capisce cosa stiamo facendo, andiamo avanti passo dopo passo
fino a quando siamo oltre il punto di non ritorno", ha dichiarato tempo fa al “Der Spiegel”.
Juncker
è un regalo per Marine Le Pen, leader del Fronte Nazionale, che ora
promette come primo atto di protesta di boicottare la ratifica di
Strasburgo. "Io non parteciperò alla votazione per il carceriere della
prigione: cercherò la fuga dalla prigione," ha detto.
Juncker è
un regalo anche per Beppe Grillo del M5S italiano, che ha definito il
Presidente Juncker come il volto di politiche terrificanti – che hanno
intrappolato l'Europa in un decennio perduto. "Ovunque passi Juncker in
Europa, non cresce più l'erba", ha detto Grillo.
Il PPE ha
proporzionalmente perso più consensi di tutti alle elezioni. Quasi
nessuno che abbia votato in Grecia per “Nuova Democrazia” si rendeva
conto che stava allo stesso tempo scegliendo il signor Juncker come
Presidente, incaricato di decidere il loro destino per cinque anni, lo
stesso uomo che ha giocato un ruolo importante nel dramma nazionale come
capo dell'Eurogruppo. Quanti Irlandesi che hanno votato per Fine Gael
del PPE volevano ulteriori passi avanti nell'integrazione dell'UE?
Cerchiamo
di essere onesti. Questa parodia è stata imposta dal blocco tedesco di
Europarlamentari, sia per aumentare i poteri della propria istituzione
sia perché il Presidente Juncker è ritenuto (per ora) il più sicuro
curatore dello status quo nell’UE, che serve abbastanza bene gli
interessi tedeschi. Juncker è stato sostenuto con uno strano entusiasmo
da una stampa tedesca che sembra pensare che questi metodi riusciranno a
colmare il "deficit democratico" dell'UE.
Questo status quo è
rovinoso per la Francia e per l'Italia, eppure Francois Hollande e
Matteo Renzi hanno acconsentito docilmente, lasciando David Cameron a
fare una resistenza donchisciottesca contro una decisione che è quasi suicida per
l'Unione Europea stessa. Pensano di essersi assicurati un po’ di
flessibilità sull’austerità con un compromesso, ma nelle conclusioni del
vertice non c'è stato nessun cambiamento sostanziale delle norme UE sul disavanzo.
"La minaccia di una maggiore flessibilità nella politica fiscale
dell'UE è stata evitata," ha detto il premier di Olandese Mark Rutte,
ammettendo così di aver fatto un buco nell'acqua, prima ancora di essere
tornato a casa.
In ogni caso delle forze più grandi sono già al
lavoro. La stagnazione permanente dell'economia è già tradotta in legge
nell'UE grazie al Fiscal Compact. Ogni paese deve tagliare il
proprio debito pubblico in maniera meccanica per vent'anni, finché non
raggiunge il rapporto del 60% del PIL, indipendentemente dalla politica
monetaria o dallo stato dell’economia mondiale. Questo sta già
incalzando la Francia, che scivola sempre più a fondo in una trappola di
deflazione da debito, con una crescita zero che fa impennare la traiettoria del debito, nonostante un pacchetto di austerità dopo l'altro.
Il
debito pubblico francese è balzato al 93,6% del PIL nel primo
trimestre, dal 91,8% del trimestre precedente. Gilles Carrez, capo della
commissione finanze del Parlamento francese, dice che probabilmente
entro il prossimo anno la Francia sfonderà il tetto del 100%. Questo
significa che il debito dovrà essere tagliato di 40 punti percentuali,
ossia di un 2% all’anno, nel bel mezzo di una crisi di disoccupazione.
L'Italia sta anche peggio,
con debito che si avvita sopra il 133%. Il signor Renzi può provare a
guadagnare un piccolo margine di manovra per investimenti supplementari,
ma a questo punto il compito è troppo arduo per qualsiasi leader
politico. La camicia di forza dell’UE lo obbliga a ottenere un surplus
di bilancio primario del 5% del PIL anno dopo anno, sempre che la Banca
Centrale Europea riesca a raggiungere il suo obiettivo di inflazione del
2%, cosa che per ora non riesce a fare. Con lo 0,5% attuale, per conformarsi alle regole l'Italia deve ottenere un surplus vicino al 7%.
Ma
ciò non è né possibile né auspicabile in un paese con una forza lavoro
che si contrae e una demografia alla giapponese. Renzi avrebbe dovuto
affrontare il Cancelliere tedesco Angela Merkel quando il suo successo
elettorale schiacciante era ancora fresco, chiedendo un blitz di
reflazione per cambiare completamente il panorama economico europeo. Ma
ha perso la sua chance, il che porta a chiedersi se egli non sia
soltanto un chiacchierone, che probabilmente verrà messo a tacere in
fretta. Forse era impossibile per lui ottenere di più senza l’aiuto di
Hollande, ormai una figuratragica che replica le politiche
deflazionistiche di Pierre Laval nel 1935.
Per Francia e Italia,
gli orrori della trappola della deflazione da debito possono restare
dissimulati finché regge il ciclo di liquidità globale, se la Cina va
avanti ancora con gli stimoli e il capo della Fed, la Yellen, si
preoccupa di creare posti di lavoro al di sopra di tutto. Ma una
volta che il ciclo cambia, Renzi e Hollande malediranno il giorno in cui
hanno accettato di venire a patti con la Merkel a Bruxelles.
Si
è detto molto sulla diplomazia da scontro aperto di Cameron. Ma che
dire della diplomazia della Germania? Angela Merkel ha allegramente
perseguito i suoi interessi con effetti benefici sulla psicologia
politica della Gran Bretagna, facendo salire il consenso per un’uscita
della Gran Bretagna dalla UE fino a un record del 47,39%, nell'ultimo
sondaggio di MoS, a quanto pare per placare la stampa tedesca e gli
euro-burocrati del suo stesso partito.
Berlino ora si sta
preoccupando di limitare i danni. Il vice-Cancelliere Sigmar Gabriel ha
detto che l’uscita britannica significherebbe la disintegrazione del
progetto europeo. "Non dobbiamo sottovalutare l'impatto sugli Stati
Anglosassoni e sui mercati finanziari. L’Europa sembrerebbe lacerata e
indebolita agli occhi del mondo. Già viene considerata un continente in
declino" ha detto.
Il ministro tedesco delle finanze Wolfgang
Schauble ha detto che l’uscita britannica sarebbe "assolutamente
inaccettabile", promettendo di fare tutto il possibile per mantenere la
Gran Bretagna nel sistema. In effetti è così. Un’uscita britannica
sconvolgerebbe la chimica interna dell'Unione Europea, rischiando una
reazione a catena. Il centro di gravità si sposterebbe verso il sud e
verso le regioni più povere dell'Est, lasciando la Germania con
un'egemonia insostenibile, privata di un alleato chiave a favore del
libero scambio e delle riforma del mercato.
Come le cose si
evolveranno nei prossimi tre anni dipende dal fatto se l'economia della
Gran Bretagna continuerà a crescere più dell'Eurozona del 2% all’anno.
Il Regno Unito ha la popolazione che cresce più velocemente nell'UE, con
un aumento di 400.000 persone all’anno, in un momento in cui la
Germania sta già entrando in una crisi demografica. Naturalmente è un
boom fragile - costruito sui disavanzi commerciali - ma se dura, il
panorama politico sarà irriconoscibile quando si voterà per l’uscita nel
2017.
Mentre la scorsa settimana in vacanza leggevo la biografia
di Pitt il giovane scritta da William Hague, mi ha colpito il punto di
vista europeo riguardo la Gran Bretagna nel 1780, dopo che aveva perso
le colonie Americane. Giuseppe II D’Austria emise la classica sentenza,
presumendo che il paese sarebbe "completamente crollato e per sempre,
disceso al rango di una potenza di secondo ordine, come la Svezia o la
Danimarca." Non sarebbe passato molto prima che Vienna implorasse
sovvenzioni, e l’ubriacone Pitt divenisse l'arbitro dell'Europa. Tale
era la forza della crescita economica integrata.
Ora Mr Hague
(segretario di Stato per gli affari Esteri, ndVdE) si trova nella strana
posizione di interpretare il ruolo diplomatico che descrive così bene
nel suo libro. Forse lui potrebbe dirci che cosa avrebbe fatto Pitt a
proposito di Mr Juncker.
Nessun commento:
Posta un commento