I pasticci del governo non vanno in pensione. Previdenza, la tassa spacca l’esecutivo. Il viceministro Morando: intervento inutile.
Una stroncatura che più netta non si può. E che dimostra, una volta di più, come sui temi cruciali di politica economica il governo vada sempre più spesso in ordine sparso. Sul terreno scivoloso della previdenza, per esempio, basta registrare il pensiero del viceministro dell’economia, Enrico Morando (Pd), a proposito dell’idea di un prelievo sulle pensioni più alte, grosso modo dai 3 mila/3.500 euro al mese, lanciata giusto qualche giorno fa dal collega di governo Giuliano Poletti, ministro del lavoro. “Non considero in questo momento utile distogliere l’azione di governo e l’attenzione dell’opinione pubblica dalle riforme strutturali che stiamo cercando di portare avanti”, ha detto senza troppi giri di parole Morando a La Notizia, non nascondendo il suo disappunto nei confronti della proposta che ancora ieri ha tenuto banco nel dibattito politico-economico.
La bocciatura
“Tra l’altro”, ha aggiunto il viceministro di via XX Settembre, “non considero utile un confronto su un tema così complesso come quello delle pensioni, sul quale una riforma è già stata fatta di recente”. Per questo, assicura ancora Morando, “al ministero dell’economia non ci stiamo assolutamente occupando di interventi sulla previdenza”. Ma allora, vien da chiedersi, perché il ministro Poletti se ne è uscito con una proposta che ha scatenato un autentico putiferio? “Chiedetelo a Poletti”, incalza il viceministro, che alla fine taglia corto assicurando che “in questo momento le priorità sono altre”. In particolare, il riferimento è ad altri temi come fisco, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione e i provvedimenti del decreto Sblocca-Italia che dovrebbe approdare a breve in consiglio dei ministri.
Lo scontro
Di sicuro non è una bella immagine quella che viene da un governo dove le opinioni sono così divergenti. Anche perché, nonostante l’eloquente disappunto di Morando, qualche ragionamento in cantiere deve pur esserci, se addirittura filtra che l’ipotesi al vaglio sarebbe quella di un prelievo sulla differenza tra l’assegno previdenziale percepito sulla base del sistema retributivo, antecedente alla riforma Dini, e l’assegno che teoricamente si sarebbe incassato con il sistema contributivo, quello che si applica oggi ai lavoratori più giovani. Di più, perché si è calcolato che un intervento del genere potrebbe fruttare un miliardo di euro l’anno di risparmi, da utilizzare eventualmente per sostenere i trattamenti previdenziali più esigui o per finanziare la cassa integrazione. Il tutto mentre nei documenti economici del governo c’è scritto che dalla revisione della spesa sono attesi 16 miliardi nel 2015 e ben 32 miliardi l’anno successivo. Obiettivi che secondo alcuni, rebus sic stantibus, sono a dir poco utopistici. E rispetto ai quali, in ogni caso, il miliardo l’anno che si otterrebbe con il contributo sulle pensioni più alte sarebbe ben poca cosa. In ogni caso la “cifra” che va rafforzandosi in queste settimane di agosto è quella di un esecutivo molto spesso in confusione di idee.
Il precedente
La Notizia di ieri ha già raccontato il pasticcio combinato da alcuni fedelissimi del premier a proposito delle strategie di abbattimento del debito pubblico, recentemente arrivato alla cifra record di 2.168 miliardi di euro. Durante tutta l’estate Marco Carrai e il sottosegretario Angelo Rughetti, due dei maggiori esponenti del “giglio magico” dell’ex sindaco di Firenze, hanno propugnato l’idea di un Fondo patrimoniale in cui far confluire asset immobiliari e mobiliari dello Stato. Fondo del quale si dovrebbero cedere quote a investitori e Bot people. Per Carrai l’operazione sarebbe addirittura in grado di abbattere il debito di 2-300 miliardi di euro. Peccato che proprio due giorni fa un altro renziano come Lorenzo Bini Smaghi, fiorentino ed ex membro del board della Bce, abbia stroncato l’idea, considerandola praticamente velleitaria e non realizzabile con successo. E parliamo dello stesso Bini Smaghi la cui moglie, l’economista Veronica De Romanis, dovrebbe entrare in una specie di gabinetto economico che Renzi è in procinto di istituire a palazzo Chigi. Infine, sempre due giorni fa, per cercare di mettere ordine a quello che era diventato un caos totale, palazzo Chigi ha smeentito l’esistenza di piani straordinari sul debito. Come per il prelievo sulle pensioni, si tratta dell’ennesimo esempio di un modus operandi schizofrenico.
(Fonte)
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