Diventa operativa la direttiva del governo che consente ai dettaglianti di continuare a esporre (a prezzi scontati) i prodotti "da consumare preferibilmente entro" anche dopo che è passata la data di scadenza. La crisi ad Atene ha fatto rallentare anche quest'anno del 14% i consumi al dettaglio
ATENE - La Grecia affila le armi anti-austerity e - in attesa di una ripresa che non si vede ancora all'orizzonte - dà il via libera operativo alla vendita dei cibi scaduti. Il Governo ellenico ha pubblicato la direttiva che dal primo settembre consentirà ai supermercati di tenere sugli scaffali anche i prodotti etichettati "da consumare preferibilmente entro" dopo la data di scadenza. La merce di questo tipo dovrà essere collocata in spazi appositi ben separati dagli altri cibi e sarà venduta per periodo limitato e a forte sconto. Un modo per venire incontro a una popolazione costretta a tirare la cinghia dall'austerity lacrime e sangue imposta dalla Troika che per ora ha prodotto un risicato pareggio di bilancio ma anche una disoccupazione record al 27,6% (64,9% per i ragazzi tra i 15 e i 24 anni) e un calo delle vendite al dettaglio nel primo semestre del 2013 vicino al 14%.
"Questo provvedimento non comporta nessun pericolo per i consumatori e la loro salute - ha sottolineato Giorgos Stergiou del ministero dello sviluppo economico -. Il marchio "da consumarsi preferibilmente entro" è uno strumento di sicurezza e marketing dei produttori ma non significa assolutamente che il prodotto non sia ancora buono o pericoloso". I prodotti con giorno e mese di scadenza potranno rimanere in vendita nell'area "promozioni" per una settimana dopo la data, quelli con mese e anno per un mese e quelli con un limite legato solamente all'anno, per tre.
La "liberalizzazione" dei cibi scaduti è uno strumento in più per i cittadini ellenici per far quadrare i conti di casa. L'economia di Atene ha perso un quarto del suo valore in sei anni di recessione e nel 2013 il pil scenderà di un altro 4,4% secondo le stime del Governo. Il risultato sociale è drammatico: 1,1 milione di persone (circa un quarto della popolazione attiva tra lavoratori e pensionati) dichiara redditi inferiori ai 6mila euro, ben al di sotto dei 7.178 euro che indicano la soglia di povertà. Il reddito medio nel 2012, secondo le cifre del ministero delle finanze, è stato di 14.640 euro annuali, il 17,8% in meno dell'anno precedente. Mentre la pressione fiscale media - gonfiata dalle norme imposte da Bce, Ue e Fmi in cambio di 230 miliardi di prestiti - è salita da 1.091 a 1.654 euro a testa.
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