Bruxelles: crepi la Grecia , purché resti lontana dalla Russia
Torturati da Bruxelles, i greci
non hanno futuro: sono senza cibo e non hanno soldi per curarsi. Quello che sta
accadendo alla Grecia nel 2013 non ha eguali in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: la popolazione è
abbandonata a se stessa, senza lavoro e senza protezioni, tantomeno sanitarie.
E nelle manifestazioni di piazza cominciano a circolare armi. «Un’esplosione
sociale è inevitabile», afferma l’ex diplomatico greco Leonidas
Chrysanthopoulos. Ormai l’unica domanda è: quando la rivolta scoppierà. Perché
tutto questo? Semplice: per il lucro degli speculatori di Wall Street, gli
avvoltoi del debito greco, e per il dominio dell’egemonia euro-atlantica: se la
Grecia dovesse collassare e uscire dall’Eurozona, spiega al
“Corriere della Sera” l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, Europa e Usa potrebbero
perdere il controllo sui Balcani: gli Stati oggi attratti da Bruxelles
potrebbero spaventarsi e tornare sotto l’ala della Russia.
In gioco, le grandi risorse del sottosuolo e la posizione
strategica della Grecia. Lo afferma il popolare compositore Mikis Theodorakis,
oggi leader del movimento indipendente “Spitha”: la Grecia è ricca di risorse
naturali, possiede una sviluppata industria navale e un enorme potenziale per
far crescere la sua produzione agricola e industriale, oltre che il turismo.
Per salvare la Grecia ,
Theodorakis punta su Mosca e Pechino: «Proponiamo di negoziare un prestito
dalla Russia o dalla Cina ad un tasso di interesse inferiore». Interesse
ulteriormente ridotto attraverso una joint venture con compagnie russe, come
per l’oleodotto Burgas-Alexandroupolis, «in modo da sfruttare insieme le
ricchezze del nostro paese». I beni del sottosuolo greco comprendono risorse
estraibili di valore, petrolio e gas. Senza contare la valenza strategica dei
porti ellenici. Obiettivo dell’alleanza con la Russia : permettere alla
Grecia di «respirare liberamente», anziché continuare ad «abbassare la testa di
fronte agli interessi e ai capricci dei ricchi paesi occidentali».
Tuttavia, rileva Anna Filimonova in un intervento su
“Stratetic Culture”, ripreso da “Come Don Chisciotte”, queste proposte vengono sistematicamente ignorate,
nonostante la disponibilità della Russia: già in passato la Gazprom aveva manifestato
interesse comprando la parte di proprietà statale (65%) della Depa Corporation,
che si occupa della distribuzione di gas in Grecia. «Ma l’affare è saltato,
come indicato dai rappresentanti della Gazprom, a causa dell’assenza delle
garanzie adeguate da parte del governo greco e della possibilità che Bruxelles
avrebbe posto il veto sull’accordo». Da un lato, osserva la Filimonova , «l’Unione
Europea minaccia Atene con duri provvedimenti se il piano di privatizzare gran
parte del paese dovesse fallire». E dall’altro, «sta ostacolando gli accordi di
privatizzazione con i partner “sbagliati”, primo su tutti la Russia , sabotando la
possibilità di recupero per l’economia della Grecia». Motivo
geopolitico: la paura che una rivolta anti-euro in Grecia possa
“spaventare” l’area balcanica, congelando l’integrazione verso Bruxelles.
Per il tedesco Fischer, un risultato simile è altamente
indesiderabile, in quanto aprirebbe la strada alla Russia al dominio sui
Balcani. Così, l’Fmi rilancia e pone l’accento sul significato speciale della
partecipazione della Grecia al progetto del Gasdotto Trans-Adriatico (Tap) per
esportare gas naturale dall’Azerbaijan all’Europa attraverso
la Grecia ,
l’Albania ed il Nord Italia. È inoltre previsto il rilancio del programma per
la privatizzazione della compagnia del gas Depa per la metà del 2014, e i
preparativi per la vendita sono stati fatti a gran velocità. Il 3 agosto 2013,
la compagnia greca del gas e del petrolio Hellenic Petroleum ha approvato
l’acquisizione da parte della compagnia petrolifera della Repubblica
dell’Azerbaijan (Socar) della maggioranza delle azioni dell’operatore greco del
sistema di trasporti del gas, la
Defsa. E ’ in atto la “grande rapina” annunciata dal trader di
Wall Street Alessio Rastani poco prima della nomina di Lucas Papademos come
primo ministro: «A noi non importa molto di come aggiusteranno l’economia,
il nostro lavoro è guadagnarci. Personalmente sogno questo momento da tre anni,
tutte le sere vado a letto e sogno un’altra recessione: quando il mercato
crolla, se sai cosa fare, se hai il giusto piano da assemblare, puoi farci un
sacco di soldi».
A quanto pare, conclude Anna Filimonova, il “piano giusto” è
stato messo in moto: i tagli devastanti per ridurre al 124% del
Pil il totale del debito greco hanno in realtà proiettato il debito al 156% del
Pil nel 2012, debito che nel 2013 sarà di almeno il 175% ed entro il 2014
arriverà al 190% del Pil nazionale. Un disastro, come previsto. E l’offensiva
su vasta scala contro la proprietà dello Stato continua: «Nel 2010 il governo
di George Papandreou ha garantito ai creditori internazionali che sarebbe stato
in grado di guadagnare almeno 50 miliardi di euro tramite la privatizzazione
della proprietà statale della Grecia; tuttavia, secondo le successive stime
degli esperti, entro il 2016 non verranno guadagnati più di 9,5 miliardi di
dollari dalla privatizzazione. E questo, nonostante il fatto che è stato
privatizzato praticamente tutto – il settore energetico, i trasporti, la
costa». Persino il servizio fiscale è stato privatizzato, così come le
università: oggi gli atenei sono proprietà privata per il 49%, in violazione
della Costituzione ellenica. «Ma in Grecia ci sono tutti i modi per aggirare la
legge: ad esempio, per poter espandere la privatizzazione, sono state abolite
69 leggi che avrebbero complicato le cose». E nella sfera della
privatizzazione, «c’è un regola per cui non è permesso restituire allo Stato un
oggetto privatizzato».
Ed ecco, puntuale, la catastrofe. «In un rapporto dell’Onu
pubblicato nel maggio 2013 – continua la Filimonova – è stato osservato che più del 10%
del totale della popolazione del paese vive in condizioni di estrema povertà. La Grecia rimane il solo paese
dell’Eurozona senza un complesso schema di assistenza sociale, i servizi
sanitari sono quasi inaccessibili ai poveri e ai cittadini con redditi bassi e
quasi un terzo della popolazione non ha un’assicurazione medica statale».
Nonostante la liquidazione forzata dello stato sociale, la crisi
che si è abbattuta sul paese non fa che peggiorare. E i pagamenti dei debiti ai
creditori internazionali si fanno più difficili: «Quando nel marzo 2012 alcuni
investitori privati furono costretti a cancellare più del 50% del debito greco,
la Goldman Sachs ,
ad esempio, si è rifiutata di ristrutturare il debito della Grecia». Così, «i
prestiti nazionali da 5 miliardi di dollari verranno ripagati alla banca per
intero».
Di recente, la
Grecia ha avuto “l’onore” di essere la prima in Europa per
la riduzione delle spese di bilancio sui servizi sanitari. In particolare, le
spese sui medicinali sono state ridotte da 5,6 miliardi di euro (2010) a 3,8
miliardi nel 2011 e 2,88 miliardi nel 2012. «Come diretta conseguenza, più di
50 compagnie farmaceutiche internazionali hanno sospeso l’invio di medicinali
alla Grecia». Così, chi ha un parente all’ospedale deve «correre estenuanti
maratone da una farmacia all’altra per cercare le medicine necessarie». Poi
mancano attrezzature ospedaliere, e scarseggiano i sanitari: «Gli ospedali
statali contano solo circa 6.500 dottori e 20.000 infermiere e inservienti;
massicce quantità di medici professionisti stanno lasciando il paese». Ormai,
curarsi costa una follia: «Persino chi ha un lavoro ha difficoltà a pagare per
i servizi
medici, i cui prezzi sono bruscamente aumentati». Sicché, si rinuncia alla
salute, «specialmente nelle regioni rurali e sulle isole».
Impietosi anche i numeri dell’economia,
grazie alla “cura” dell’austerity: nel periodo 2008-2012 il volume dell’economia
greca è diminuito di almeno il 25%, «peggio delle cifre della Grande
Depressione americana del 1929». Quest’anno il governo greco si aspetta
un’ulteriore diminuzione del Pil del 4,5%. E naturalmente, le misure di
austerità non hanno intaccato banchieri o armatori: la Grecia è il terzo paradiso
fiscale degli armatori nel mondo, ricorda Anna Filimonova. L’impatto delle
“riforme strutturali” – aumento dei prezzi, delle tasse e della disoccupazione
– ha colpito i segmenti più poveri della popolazione. Numeri: nell’aprile 2013,
il tasso didisoccupazione ha raggiunto il 27,2%. «Dietro questa cifra giace il
destino di 4,56 milioni di persone. In 450.000 famiglie greche non c’è una sola
persona occupata. Dei 2,6 milioni di persone che lavorano nel settore pubblico,
900.000 sono state licenziate nel solo 2009».
Buio pesto sul futuro, a cominciare da quello dei ragazzi:
«Tra i giovani dai 15 ai 24 anni, il tasso di disoccupazione è del 60%, anche
se secondo gli specialisti questa cifra non riflette il vero stato delle cose.
I sussidi di disoccupazione sono stati tagliati e ora li ricevono solo 225.000
disoccupati». E non è finita: l’Eurotroika comporterà il licenziamento di altre
150.000 lavoratori del settore pubblico entro il 2015. La Grecia in ebollizione: ha
pazientato per anni, ai limiti della sopravvivenza, ma ora questo limite
potrebbe essere oltrepassato, così come quello della pazienza. Dal 2009, le
piazze elleniche sono state agitate da 8.000 scioperi in Grecia, compresi gli
scioperi generali. «Oggi la situazione nel paese è tale da trovarsi sull’orlo
degli scontri armati: i casi in cui i manifestanti fanno uso di armi vengono
osservati sempre più spesso».
(Fonte)
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