Sembra proprio che ricorrano gli estremi della classica situazione da “colmo dei colmi”. Il ministero dell’economia, che dovrebbe fare della lotta all’evasione fiscale uno di suoi principali obiettivi, è in società con una famiglia di “palazzinari” la cui rampolla è accusata di aver nascosto al Fisco qualcosa come 2 miliardi di euro. Come è possibile? Eppure è esattamente quello che succede dalle parti del dicastero di via XX Settembre, che tutt’ora risulta socio della famiglia Armellini, ovvero della stirpe di immobiliaristi romani la cui discendente, Angiola, è stata nei giorni scorsi accusata di una maxievasione per aver “occultato” 1.243 immobili, sostanzialmente riconducibili a lei ma formalmente intestati a soggetti di diritto estero.
Il veicolo
Sta di fatto che il Tesoro, oggi guidato da Fabrizio Saccomanni, e gli Armellini sono soci all’interno della Alfiere. Si tratta della società, costituita diversi anni fa, per portare avanti un progetto immobiliare nel quartiere romano dell’Eur, ossia la realizzazione di un megacentro residenziale, progettato nientemeno che da Renzo Piano, al posto delle tre torri dell’ex ministero delle Finanze. Progetto da 130 milioni di euro che, come raccontato da La Notizia del 3 dicembre 2013, è clamorosamente naufragato sotto il peso schiacciante dei debiti contratti proprio dai soci privati del ministero. Si dà infatti il caso che il 50% dell’Alfiere sia in mano a Fintecna, la finanziaria controllata dal Tesoro per il tramite della Cassa depositi e prestiti. L’altro 50% della società è invece in mano a un’altra società che si chiama Progetto Alfiere, costituita nel luglio del 2005, nel cui capitale figurano diversi soci privati. Parliamo della Lamaro Appalti della famiglia Toti (19%), della Astrim, che fa capo ad Alfio Marchini (19%), di Idea Fimit, società immobiliare del gruppo De Agostini (19%), di Tecnimont Civil Construction dell’imprenditore Fabrizio Di Amato (19%), dell’Immobiliare Fondiaria-Sai, passata dai Ligresti al gruppo Unipol (19%) e di Eurospazio (5%). Ebbene, è proprio su quest’ultima società, ovvero la Eurospazio, che va concentrata l’attenzione. Formalmente, infatti, il suo capitale è in mano a due fiduciarie, la Control Consul (98%) e la Revfid (2%). Si tratta di strumenti che, come spesso accade, sono utilizzati per non rendere visibili i veri proprietari della società partecipata. Ma fonti qualificate di Fintecna Immobiliare, consultate ieri da La Notizia, confermano che la Eurospazio è di fatto riconducibile alla famiglia Armellini. Insomma, la stirpe dei palazzinari romani, seppur con una piccola quota, risulta tutt’ora socia del ministero dell’economia attraverso tutto questo intreccio di società e veicoli fiduciari. Una situazione non proprio da manuale, verrebbe da dire.
Lo scenario
Anche perché, come detto, nel frattempo il progetto delle torri di Renzo Piano ha fatto una pessima fine. Da un vecchio bilancio 2010 della società Alfiere risulta che l’idea dell’archistar, il cui costo era stimato in 130 milioni di euro, avrebbe garantito un ritorno di 565 milioni dalla vendita del complesso residenziale che sarebbe dovuto nascere dopo la demolizione delle torri dell’ex ministero delle finanze. Edifici che, invece, sono ancora in piedi tutti bucherellati, al punto di meritarsi il soprannome di “Beirut”. Il fatto è che oggi l’Alfiere si trova schiacciata da debiti bancari per 130 milioni. E i privati, con immobili adesso difficilmente appetibili dal mercato, vogliono fuggire.
(Fonte)
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