Il caso Lampedusa e il business dei migranti
Ecco come l'emergenza immigrazione serve a fare soldi
Sotto la pressione di uno scandalo mondiale, adesso li hanno rimossi dai loro incarichi ma, per anni, i responsabili della cooperativa “LampedusaAccoglienza”, quella che gestisce i servizi all'interno del Cie di Lampedusa, sono stati considerati degli “intoccabili”. Nonostante i guai con la giustizia.
Quella aperta dalla Procura di Agrigento, per ora contro ignoti, per i reati di violenza privata e maltrattamenti non è infatti la prima inchiesta che investe l'operato dei dirigenti di questa società che da cinque anni – dopo aver vinto la gara con un ribasso del 30% – gestisce il Centro di soccorso e prima accoglienza (Cspa) dell'isola siciliana, primo approdo di tanti disperati in fuga dalle loro vite di miseria.
Qualche anno fa, infatti, l'amministratore delegato di “LampedusaAccoglienza”, Cono Galipò, fu rinviato a giudizio dalla Procura di Patti per il reato di “truffa aggravata continuata” in qualità di rappresentante legale di "Sisifo" nella gestione delle sue strutture per l’accoglienza di immigrati a S. Angelo di Brolo, in provincia di Messina.
Secondo l'accusa, infatti, alcuni migranti erano stati trattenuti all'interno di una di queste per un tempo molto più lungo del necessario, in alcuni casi fino a 300 giorni, anche a fronte dell'ottenimento del permesso di soggiorno, con lo scopo di far incassare alla società una somma superiore a quella prevista, addirittura ben 468 milioni di euro in più.
Un sistema, insieme a quello di stipare all'interno dei centri molte più persone di quanto la capienza della struttura consentirebbe, largamente praticato in quasi tutta la Sicilia e non solo.
Attivo dal 2008, nel 2010 S.Angelo di Brolo chiuse per essere riconvertito, nel giro di poco, in residenza sanitaria assistenziale per anziani non autosufficienti e disabili la cui gestione venne affidata alla cooperativa “Servizi sociali” di San Piero Patti, il cui rappresentante legale, guarda caso, era sempre lo stesso Cono Galipò e il direttore generale il figlio Carmelo, consigliere comunale di minoranza a Capo d’Orlando, comune messinese dove Galipò padre è attivo nel settore turistico-alberghiero.
Ex sindacalista Cgil e iscritto al Pci, Cono Galipò ha militato nel Psi, in Forza Italia, nella Margherita e infine nel Pd. Ma è in qualità di vicepresidente di “Sisifo” e amministratore delegato di “LampedusaAccoglienza” (di cui Sisifo detiene il 66,6%) che Galipò è entrato nel gotha delle cooperative sociali.
Tra le varie società che da anni partecipano alle gare indette dal Ministero dell'Interno per spartirsi una torta da 600 milioni di euro all'anno, è proprio “Sisifo”, consorzio di 25 cooperative, a farla da padrone. Da sola o in associazione con altri soggetti, “Sisifo” gestisce (o si è aggiudicata) l’assistenza domiciliare integrata nelle Asp di Agrigento, Caltanissetta, Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani. Tra le altre attività: gestione di Rsa (Residenze sanitarie assistite) a Novara di Sicilia, Pietraperzia e S. Piero Patti; casa protetta per anziani a Paternò, centro soccorso di prima accoglienza di Lampedusa e S. Angelo di Brolo e Cara di Mineo. Il presidente, Salvo Calì, è anche il dirigente medico dell’Asp di Catania, direttore del Distretto sanitario di Giarre e segretario generale del Smi, Sindacato medici italiani.
“LampedusaAccoglienza” è una delle cooperative del consorzio Sisifo, gestisce il centro dal 2007 e negli ultimi due anni ha ospitato circa 45 mila persone ottenendo un rimborso dallo Stato di 34 euro al giorno a migrante per un giro d'affari che sfiora i 2 milioni e mezzo di euro.
Poterci mettere piede è praticamente impossibile. L'ingresso, infatti, è severamente vietato ai giornalisti, ma quello dei migranti costretti a denudarsi e a sottoporsi all'aperto al trattamento anti-scabbia, non sarebbe l'unico caso di maltrattamenti subiti nel tempo all'interno della struttura dove, hanno raccontano in forma anonima alcuni operatori, le condizioni igienico-sanitarie sono assolutamente insufficienti, gli arredi inadeguati, il cibo disgustoso.
Come già fatto in passato Cono Galipò si è difeso allontando da sé ogni responsabilità e accusando gli stessi migranti di aver inscenato una protesta solo perché stufi di aspettare il loro turno per il trattamento che, assicura Galipò, generalmente viene svolto in infermeria eccetto nei casi di grande affollamento.
I magistrati però hanno deciso di vederci chiaro mentre da Bruxelles è già arrivata la minaccia di tagliare i fondi destinati all'Italia per l'emergenza migranti.
(Fonte)
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