venerdì 2 agosto 2013

Mancate bonifiche ambientali a La Maddalena, diciassette indagati.

La Maddalena, ex Arsenale, fondale marino con lastre di amianto


La Procura della Repubblica di Tempio Pausania ha chiuso l’inchiesta sulle pessime bonifiche ambientali effettuate nell’ambito del programma per la mancata riunione G 8 a La Maddalena (OT).
Diciassette indagati, capeggiati dall’ex potentissimo Capo della Protezione civile Guido Bertolaso.




Una parte di quel sistema gelatinoso che ha portato il programma dei lavori del G8 previsto a La Maddalena (poi trasferito a L’Aquila, riguardo cui già nel settembre 2011 c’è stato il rinvio a giudizio della c.d. cricca del G 8) a esser uno dei più lucrosi e scandalosi affari ai danni dello Stato e dei contribuenti.  Indagini per ipotesi di danno erariale sono inoltre condotte dalla Procura della Corte dei conti.

Nel febbraio 2012 la revoca del sequestro per il completamento delle bonifiche, ma sono emersi dalle indagini risultati veramente preoccupanti: dai 6 ettari contaminati originari siamo passati a 12, secondo quanto reso noto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania.

Un gran bel risultato per le bonifiche ambientali della gestione bertolasiana del mancato G 8 a La Maddalena che nasconde un segreto di Pulcinella: le bonifiche ambientali costate oltre 31 milioni di euro (24,140 milioni, secondo i dati della Protezione civile) sono state fatte male, per essere buoni.

Un programma farcito di illegittimità e illiceità denunciato fin da subito dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra, nell’assordante silenzio – quando non nel plauso – di tantissimi soggetti, comprese associazioni ambientaliste.

Già lo scorso 26 aprile 2010  e il 5 dicembre 2010 erano state inoltrate dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra alla Procura generale della Corte dei conti ed alla Procura della Corte dei conti per la Regione autonoma della Sardegna specifiche segnalazioni per eventuale danno erariale determinato dalle spese di fondi pubblici per le bonifiche ambientali incomplete a La Maddalena, connesse alla mancata riunione del G8 nel 2009.

L’azione è stata la naturale prosecuzione delle azioni precedenti che avevano portato all’apertura da parte della Commissione europea di specifica procedura di infrazione per non corretta applicazione delle normative in materia di valutazione di impatto ambientale e di informazione a carattere ambientale del programma di lavori per gli interventi connessi alla riunione G 8, poi trasferita a L’Aquila.    Infatti, la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea riguardo la mancata corretta applicazione delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale riguardo le opere già connesse con la riunione G 8 La Maddalena venne avviata proprio in seguito al ricorso del 21 marzo 2008 (n. 2008/4372) delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra.   Importantissimo ruolo nella verifica di procedure ed attuazione del G 8 ha avuto l’on. Monica Frassoni, già Presidente del gruppo Verdi/A.L.E. al Parlamento europeo ed ora Presidente dei Verdi europei. Dopo la conferma, nonostante le smentite e gli slalom di parole del Commissariato governativo per il G 8, del secondo parere motivato della Commissione europea, ne venne disposta l’archiviazione grazie al trasferimento del G 8 a L’Aquila. Eppure è rimasta la disciplina derogatoria in tema di ambientesegreto di Stato e normativa sugli appalti pubblici.

Si tratta, secondo quanto riportato da tutti i mass media in questi ultimi anni, di parte di quel sistema gelatinoso che appesta l’Italia da tempo. E i risultati si vedono.
Le magistrature (ordinaria ed erariale) e i nuovi Governi Monti e Letta riusciranno a far pulizia, una volta per tutte?

Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra 

La Maddalena, ex Arsenale, inqionamento del fondale marino
La Maddalena, ex Arsenale, inquinamento del fondale marino


da La Nuova Sardegna, 1 agosto 2013
Mancate bonifiche, 17 indagati: tra loro anche Guido Bertolaso La procura di Tempio ha chiuso l’inchiesta su chi ha gestito i lavori per il G8 poi trasferito all’Aquila L’ex capo della protezione civile accusato di inquinamento ambientale, falso e truffa allo Stato. Giampiero Cocco 

TEMPIO. «Abbiamo, in poco meno di otto mesi, bonificato un’area fortemente inquinata, utilizzando la miglior tecnologia esistente e affidando i lavori a imprese ad altissima specializzazione e competenza». Parole che Guido Bertolaso ripeteva a ruota libera nel 2009, poco prima che il terremoto dell’Aquila dirottasse in zona sismica il più grosso e lucroso affaire gestito dalla cricca della Ferratella: i lavori per il mancato G8 della Maddalena. L’inchiesta sulle mancate bonifiche dell’area marina davanti all’ex arsenale militare sono state appena completate e il procuratore della Repubblica di Tempio, Riccardo Rossi, ha inviato gli avvisi di concluse indagini a 17 indagati eccellenti, primo tra tutti l’ex capo indiscusso della Protezione civile Guido Bertolaso. Il quale – con i diversi componenti la struttura di missione per il G8 della Maddalena, i tecnici e funzionari dello Stato che hanno “certificato”, con un loro collaudo, il completamento dei lavori, i dirigenti e capi cantiere dell’impresa appaltatrice, la Cidonio Spa di Roma – deve rispondere di falso in atti pubblici, truffa ai danni dello Stato, inquinamento ambientale e altre accuse minori. Gli altri indagati per il «lotto numero 7» (che prevedeva la bonifica di uno specchio di mare ampio 60mila metri e costato oltre sette milioni di euro) sono l’ex capo della struttura di missione per il mancato G8 Mauro Della Giovanpaola, il direttore dei lavori Luigi Minenza, l’ingegnere e direttore operativo Riccardo Miccichè (che sino ad allora aveva realizzato un orto botanico nel sud Italia e amministrato una scuola per parrucchieri), il responsabile unico del procedimento Ferdinando Fonti, i due dirigenti della Cidonio Spa Marco Rinaldi e Matteo Canu, il provveditore per le opere pubbliche nonchè magistrato delle Acque del Veneto Patrizio Cuccioletta, la componente (con il collega Andrea Giuseppe Ferro) della commissione di collaudo Valeria Olivieri e il segretario della commissione, Luciano Saltari, e poi ancora nomi arcinoti come quello di Angelo Balducci, il potentissimo ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, gentiluomo di Sua Santità nonchè soggetto attuatore degli interventi per il mancato G8, il provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De Santis, il sismologo già condannato per il terremoto in Abruzzo Gian Michele Calvi, il responsabile nazionale dell’Ispra (ministero dell’Ambiente) Damiano Scarcella e infine il collega Gianfranco Mascazzini, direttore generale della qualità della vita del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tutti nomi altisonanti che – stando alle indagini portate avanti per oltre due anni dai carabinieri del Noe di Sassari, dai sottufficiali e ufficiali della guardia costiera e della capitaneria di porto della Maddalena, dai funzionari dell’Arpa Sardegna, con la consulenza di un pool di esperti in inquinamento ambientale – avrebbero non soltanto eliminato dai fondali dell’arcipelago maddalenino veleni e idrocarburi d’ogni genere, ma ampliato l’inquinamento in aree sino ad allora pulite. Uno dei punti contestati alla “cricca della Maddalena” è la demolizione, a botte d’esplosivo, del Molo Carbone. Un’operazione semplicissima: l’intero manufatto venne fatto saltare in aria e i detriti lasciati in fondo al mare. L’esplosivo che rimase venne bruciato dietro l’ex ospedale militare, innescando un’incendio che i vigili del fuoco impiegarono ore per domare. Il tutto con la copertura del segreto di Stato, una “coperta” che venne utilizzata per nascondere le diverse manchevolezze e la reale destinazione delle 40 mila tonnellate di materiale altamente tossico e inquinante che risulta dragato dal mare maddalenino. A questo si deve aggiungere che l’intera area dovrà essere sottoposta a nuove bonifiche, mentre circa ventimila metri quadrati di fondale non sono mai stati bonificati. «Abbiamo chiamato i migliori esperti internazionali del settore ambientale per ripulire questo mare», ripeteva Guido Bertolaso alle diverse delegazioni che visitavano il cantiere. Uno specchio di mare ancora interdetto alla navigazione, sosta, pesca e balneazione e che avrebbe dovuto essere il volano per la «portualità e ricettività marittima».

LE TAPPE. 

Nel 2007 fu Renato Soru, allora governatore dell’isola, a suggerire al premier Romano Prodi la location dell’arcipelago maddalenino per il vertice dei grandi della terra. Una ricompensa ai sardi per secoli di occupazione militare da trasformare in realtà turistico-imprenditoriali. Nel 2008 l’avvio dei lavori, con il gruppo guidato dall’allora potentissimo Guido Bertolaso che illustrava allo scettico Silvio Berlusconi le diverse procedure messe in atto per trasformare ruderi in hotel a cinque stelle. Gli operai al lavoro erano 1600, con turno d’otto ore ciascuno, e si lavorava 24 ore su 24. Poi il terremoto scosse l’Aquila e fece crollare, come un castello di carte, quel sogno di rinascita.

(Fonte)
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