La Procura della Repubblica di Tempio Pausania ha chiuso l’inchiesta sulle pessime bonifiche ambientali effettuate nell’ambito del programma per la mancata riunione G 8 a La Maddalena (OT).
Diciassette indagati, capeggiati dall’ex potentissimo Capo della Protezione civile Guido Bertolaso.
Una parte di quel sistema gelatinoso che ha portato il programma dei lavori del G8 previsto a La Maddalena (poi trasferito a L’Aquila, riguardo cui già nel settembre 2011 c’è stato il rinvio a giudizio della c.d. cricca del G 8) a esser uno dei più lucrosi e scandalosi affari ai danni dello Stato e dei contribuenti. Indagini per ipotesi di danno erariale sono inoltre condotte dalla Procura della Corte dei conti.
Nel febbraio 2012
la revoca del sequestro per il completamento delle bonifiche, ma sono
emersi dalle indagini risultati veramente preoccupanti: dai 6 ettari contaminati originari siamo passati a 12, secondo quanto reso noto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania.
Un gran bel risultato per le bonifiche ambientali della gestione bertolasiana del mancato G 8 a La Maddalena che nasconde un segreto di Pulcinella: le bonifiche ambientali costate oltre 31 milioni di euro (24,140 milioni, secondo i dati della Protezione civile) sono state fatte male, per essere buoni.
Un programma farcito di illegittimità e illiceità denunciato fin da subito dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra, nell’assordante silenzio – quando non nel plauso – di tantissimi soggetti, comprese associazioni ambientaliste.
Già lo scorso 26 aprile 2010 e il 5 dicembre 2010 erano state inoltrate dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra alla Procura generale della Corte dei conti ed alla Procura della Corte dei conti per la Regione autonoma della Sardegna specifiche segnalazioni per eventuale danno erariale determinato dalle spese di fondi pubblici per le bonifiche ambientali incomplete a La Maddalena, connesse alla mancata riunione del G8 nel 2009.
L’azione è stata la naturale prosecuzione delle azioni precedenti che avevano portato all’apertura da parte della Commissione europea di specifica procedura di infrazione per non corretta applicazione delle normative in materia di valutazione di impatto ambientale e di informazione a carattere ambientale del programma di lavori per gli interventi connessi alla riunione G 8, poi trasferita a L’Aquila. Infatti, la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea riguardo la mancata corretta applicazione delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale riguardo le opere già connesse con la riunione G 8 a La Maddalena venne avviata proprio in seguito al ricorso del 21 marzo 2008 (n. 2008/4372) delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra. Importantissimo ruolo nella verifica di procedure ed attuazione del G 8 ha avuto l’on. Monica Frassoni, già Presidente del gruppo Verdi/A.L.E. al Parlamento europeo ed ora Presidente dei Verdi europei. Dopo la conferma, nonostante le smentite e gli slalom di parole del Commissariato governativo per il G 8, del secondo parere motivato della Commissione europea, ne venne disposta l’archiviazione grazie al trasferimento del G 8 a L’Aquila. Eppure è rimasta la disciplina derogatoria in tema di ambiente, segreto di Stato e normativa sugli appalti pubblici.
Si tratta, secondo quanto riportato da tutti i mass media in questi ultimi anni, di parte di quel sistema gelatinoso che appesta l’Italia da tempo. E i risultati si vedono.
Le magistrature (ordinaria ed erariale) e i nuovi Governi Monti e Letta riusciranno a far pulizia, una volta per tutte?
Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra
da La Nuova Sardegna, 1 agosto 2013
Mancate bonifiche, 17 indagati: tra loro anche Guido Bertolaso. La procura di Tempio ha chiuso l’inchiesta su chi ha gestito i lavori per il G8 poi trasferito all’Aquila L’ex capo della protezione civile accusato di inquinamento ambientale, falso e truffa allo Stato. Giampiero Cocco
TEMPIO. «Abbiamo, in poco meno di otto mesi, bonificato un’area
fortemente inquinata, utilizzando la miglior tecnologia esistente e
affidando i lavori a imprese ad altissima specializzazione e
competenza». Parole che Guido Bertolaso ripeteva a ruota libera nel
2009, poco prima che il terremoto dell’Aquila dirottasse in zona sismica
il più grosso e lucroso affaire gestito dalla cricca della Ferratella: i
lavori per il mancato G8 della Maddalena. L’inchiesta sulle mancate
bonifiche dell’area marina davanti all’ex arsenale militare sono state
appena completate e il procuratore della Repubblica di Tempio, Riccardo
Rossi, ha inviato gli avvisi di concluse indagini a 17 indagati
eccellenti, primo tra tutti l’ex capo indiscusso della Protezione civile
Guido Bertolaso. Il quale – con i diversi componenti la struttura di
missione per il G8 della Maddalena, i tecnici e funzionari dello Stato
che hanno “certificato”, con un loro collaudo, il completamento dei
lavori, i dirigenti e capi cantiere dell’impresa appaltatrice, la
Cidonio Spa di Roma – deve rispondere di falso in atti pubblici, truffa
ai danni dello Stato, inquinamento ambientale e altre accuse minori. Gli
altri indagati per il «lotto numero 7» (che prevedeva la bonifica di
uno specchio di mare ampio 60mila metri e costato oltre sette milioni di
euro) sono l’ex capo della struttura di missione per il mancato G8
Mauro Della Giovanpaola, il direttore dei lavori Luigi Minenza,
l’ingegnere e direttore operativo Riccardo Miccichè (che sino ad allora
aveva realizzato un orto botanico nel sud Italia e amministrato una
scuola per parrucchieri), il responsabile unico del procedimento
Ferdinando Fonti, i due dirigenti della Cidonio Spa Marco Rinaldi e
Matteo Canu, il provveditore per le opere pubbliche nonchè magistrato
delle Acque del Veneto Patrizio Cuccioletta, la componente (con il
collega Andrea Giuseppe Ferro) della commissione di collaudo Valeria
Olivieri e il segretario della commissione, Luciano Saltari, e poi
ancora nomi arcinoti come quello di Angelo Balducci, il potentissimo ex
presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, gentiluomo di
Sua Santità nonchè soggetto attuatore degli interventi per il mancato
G8, il provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De Santis,
il sismologo già condannato per il terremoto in Abruzzo Gian Michele
Calvi, il responsabile nazionale dell’Ispra (ministero dell’Ambiente)
Damiano Scarcella e infine il collega Gianfranco Mascazzini, direttore
generale della qualità della vita del ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio e del mare. Tutti nomi altisonanti che – stando
alle indagini portate avanti per oltre due anni dai carabinieri del Noe
di Sassari, dai sottufficiali e ufficiali della guardia costiera e della
capitaneria di porto della Maddalena, dai funzionari dell’Arpa
Sardegna, con la consulenza di un pool di esperti in inquinamento
ambientale – avrebbero non soltanto eliminato dai fondali
dell’arcipelago maddalenino veleni e idrocarburi d’ogni genere, ma
ampliato l’inquinamento in aree sino ad allora pulite. Uno dei punti
contestati alla “cricca della Maddalena” è la demolizione, a botte
d’esplosivo, del Molo Carbone. Un’operazione semplicissima: l’intero
manufatto venne fatto saltare in aria e i detriti lasciati in fondo al
mare. L’esplosivo che rimase venne bruciato dietro l’ex ospedale
militare, innescando un’incendio che i vigili del fuoco impiegarono ore
per domare. Il tutto con la copertura del segreto di Stato, una
“coperta” che venne utilizzata per nascondere le diverse manchevolezze e
la reale destinazione delle 40 mila tonnellate di materiale altamente
tossico e inquinante che risulta dragato dal mare maddalenino. A questo
si deve aggiungere che l’intera area dovrà essere sottoposta a nuove
bonifiche, mentre circa ventimila metri quadrati di fondale non sono mai
stati bonificati. «Abbiamo chiamato i migliori esperti internazionali
del settore ambientale per ripulire questo mare», ripeteva Guido
Bertolaso alle diverse delegazioni che visitavano il cantiere. Uno
specchio di mare ancora interdetto alla navigazione, sosta, pesca e
balneazione e che avrebbe dovuto essere il volano per la «portualità e
ricettività marittima».
LE TAPPE.
Nel 2007 fu Renato Soru, allora governatore dell’isola, a suggerire
al premier Romano Prodi la location dell’arcipelago maddalenino per il
vertice dei grandi della terra. Una ricompensa ai sardi per secoli di
occupazione militare da trasformare in realtà turistico-imprenditoriali.
Nel 2008 l’avvio dei lavori, con il gruppo guidato dall’allora
potentissimo Guido Bertolaso che illustrava allo scettico Silvio
Berlusconi le diverse procedure messe in atto per trasformare ruderi in
hotel a cinque stelle. Gli operai al lavoro erano 1600, con turno d’otto
ore ciascuno, e si lavorava 24 ore su 24. Poi il terremoto scosse
l’Aquila e fece crollare, come un castello di carte, quel sogno di
rinascita.
(Fonte)
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