L’Italia uscì dalla seconda guerra mondiale povera, distrutta,
semi-analfabeta, ma ricca di tre doti immense: la Costituzione del 1948,
lo Stato democratico a Parlamento sovrano, una propria moneta.
Nell’arco di meno di trent’anni, questa penisola priva di grandi
risorse, senza petrolio, finanziariamente arretrata, diventa la settima
potenza economica del mondo, prima fra tutte per risparmio delle
famiglie. Fu il ‘miracolo italiano’ scaturito dalle tre immense doti di
cui sopra. Oggi quelle doti sono state distrutte, e il paese è
sprofondato nella vergogna dei Piigs, i ‘maiali’ d’Europa. I trattati
europei, in particolare quelli associati all’Eurozona, ci hanno tolto la
sovranità costituzionale, quella parlamentare e quella monetaria. Ci
hanno tolto tutto. La crisi che oggi sta distruggendo l’economia e i diritti delle famiglie e delle aziende italiane come mai dal 1945 a oggi, viene da questo.
Si segua questo percorso: viene creata una valuta che non è di alcuno
Stato. Viene emessa da banche centrali direttamente nelle riserve dei
mercati di capitali
privati (banche, assicurazioni, fondi pensione privati, ecc.). Si
uniscono 17 Stati sotto questa valuta, e li si priva delle loro
precedenti valute nazionali. I 17 governi dovranno sempre batter cassa
presso i mercati di cui sopra per ottenere la moneta con cui attuare la
spesa pubblica, esattamente come un cittadino che fosse sempre costretto
a indebitarsi con la finanziaria sotto casa per mantenere la famiglia.
Ecco nata l’Eurozona. Così funziona la moneta euro. I debiti pubblici di
questi Stati, precedentemente denominati in una valuta di loro
proprietà, vanno ora ripagati in quella valuta ‘estera’, cioè di qualcun
altro, come se all’improvviso l’intero debito degli Usa
fosse trasformato da dollari in yen. Ne consegue che alcune economie
fra quei 17 paesi si ritrovano schiacciate non da eccessivi debiti
pubblici, ma da debiti pubblici divenuti eccessivi perché denominati di
colpo in una valuta ‘straniera’.
Ogni prestito concesso dai mercati ai governi resi a rischio
d’insolvenza dall’artificio sopra descritto alimenta un circolo vizioso
di tassi che aumentano sempre, così come la finanziaria applica a quel
cittadino già indebitato un tasso sempre più usuraio per ulteriori
prestiti. E più aumentano i tassi, più i debiti sono insostenibili; e
più sono insostenibili, più aumentano i tassi. Schiacciati da questo
paradosso, i governi in oggetto hanno una sola scelta: usare tagli
alla spesa e una tassazione soffocante per ripianare quei debiti
denominati in quella moneta ‘estera’, cioè l’euro. Di conseguenza il
risparmio di cittadini e aziende si prosciuga, calano i consumi, da cui
precipitano i profitti, da cui derivano tagli di salari e occupazione, con ulteriori crolli dei consumi, che deflazionano l’economia; cala così il Pil, da cui minori gettiti fiscali, e ciò peggiora il debito, ma questo preoccupa i mercati che aumentano i tassi, che… È una spirale distruttiva senza fine.
Benvenuti nell’Eurozona. Nasce da un progetto del 1943 per
sottomettere le economie dei concorrenti industriali di Francia e
Germania, e oggi ha purtroppo raggiunto quell’obiettivo. Le prove a
sostegno di questa affermazione sono pubblicate in studi di statura
accademica, in inchieste giornalistiche apparse sui maggiori quotidiani
internazionali, ma sono insite anche nell’operato di grandi tecnocrati
europei come, fra gli altri, Perroux, Hayek, Rueff, Attali, Delors,
Schäuble, Juncker, Issing, Ciampi, Scognamiglio, Padoa Schioppa, Draghi,
Prodi, cioè dei padri ideologici della moneta unica euro al servizio
(talvolta non inconsapevolmente)
di esigue élites di grandi industriali franco-tedeschi, di speculatori e
delle banche d’affari internazionali.
Invitiamo il cittadino a pensare a chi sono oggi i ‘vincitori’ nel
sistema Eurozona: 1) gli speculatori che hanno scommesso sul crollo dei
titoli di Stato di Italia, Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna, con
profitti incalcolabili; 2) le grandi banche d’affari che guadagnano
parcelle parassitarie di miliardi come intermediari nelle
privatizzazioni selvagge dei beni di Stato nel sud Europa, imposteci da
questa crisi
del tutto artificiosa; 3) ma soprattutto le corporation franco-tedesche
(a discapito dei loro stessi lavoratori), che hanno visto, grazie ai
complessi meccanismi imposti dall’euro, disintegrarsi la temibile concorrenza delle aziende italiane, da sempre le uniche in Europa a impensierire Berlino e Parigi.
Infatti l’Italia della lira era nel 2000 la prima in Europa per
produzione industriale; oggi siamo fra gli ultimi. Nel 2000 la Germania
era ultima in Europa per produzione industriale, oggi è prima. È forse
possibile che l’intero sistema industriale italiano, che per decenni ha
fatto la nostra ricchezza, si sia ‘suicidato’ in soli 12 anni? O
l’Eurozona ne è la vera causa? Ci si pensi. Prima dell’euro eravamo
primi al mondo per risparmio privato; oggi ce lo stanno divorando, è
ridotto a un quarto di allora. Abbiamo ora i redditi più bassi
dell’Eurozona, le tasse sono fra il 47 e il 60%, abbiamo pensioni che al
50% non arrivano ai 1.000 euro mensili, la disoccupazione giovanile è
al 35% e falliscono 40.000 aziende all’anno. La nostra economia
è quindi ‘deflazionata’, così che gli investitori franco-tedeschi
possano fare shopping delle nostre migliori marche a prezzi stracciati,
citando il fatto che siamo in crisi. E sta accadendo ogni giorno.
Il costrutto dell’Eurozona, cioè una moneta non posseduta da alcuno
Stato, è un’aberrazione monetaria che non ha precedenti in 5.000 anni di
storia. Non deve sopravvivere. Ne va del destino di milioni di famiglie
e aziende del nostro paese, che già patiscono sofferenze sociali
inenarrabili. Nel 2002 la prestigiosa Federal Reserve americana titolò
uno studio “L’euro: non è possibile, è una pessima idea, non durerà”.
Gli autori, decine di economisti tra i più autorevoli al mondo, avevano
seguito la creazione di questa moneta dal 1989, e così avevano
sentenziato. Andavano ascoltati. Al contrario, riacquisire la sovranità monetaria uscendo dall’Eurozona significherebbe per l’Italia la salvezza dell’economia nonostante il suo alto debito.
I nostri macroeconomisti internazionali lo spiegano in questo programma.
Il Giappone oggi ha circa il 240% debito/Pil ma paga tassi d’interesse
vicini allo 0, ha un tasso d’inflazione vicino allo 0. E non è nei
Piigs. Il suo debito di Stato enorme non è un problema, e non è il
debito dei cittadini; al contrario, è l’attivo dei cittadini che ne
detengono una grossa fetta. Lo Stato giapponese non ha alcun problema a
ripagare i suoi creditori nonostante l’immenso indebitamento, e nulla
cambierebbe se i creditori fossero stranieri. Inoltre la valuta
giapponese, lo yen, è tra le più richieste come valuta di riserva sui
mercati internazionali. Questo perché Tokyo possiede la sua moneta
sovrana. E dunque, come detto dal Nobel Krugman, «nazioni che hanno una
moneta sovrana non soffrono i danni dell’Eurozona, infatti l’America che
ha una moneta propria non ha questo tipo di problemi». Ma possiamo
uscirne, possiamo salvare il nostro paese e riportarlo dove stava, fra
le maggiori economie del mondo.
(Paolo Barnard, “Non eravamo Piigs, torneremo italiana”, introduzione al programma “Me-Mmt di salvezza economica per il paese”, basato sulla Modern Money Theory rielaborata dall’economista statunitense Warren Mosler).
La Mmt “Mosler Economics” è una scuola di economia
democratica che eredita 100 anni di sapere economico da giganti come
Friedrich Knapp, John Maynard Keynes, Abba Lerner, Michal Kalecki, Wynne
Godley, Hyman Minsky. Il programma elaborato per l’Italia, assicura
Barnard, «è una guida di massima autorevolezza che spiega in ogni
dettaglio di finanza
dello Stato come l’uscita pilotata del paese dalla sciagura
dell’Eurozona non solo non costerebbe alla nazione miliardi, ma
rilancerebbe la ricchezza nazionale di miliardi, con la piena
occupazione e la piena produzione aziendale, col rilancio delle
infrastrutture, l’arrivo di investimenti internazionali e, non ultimo,
il recupero delle sovranità monetaria e parlamentare totalmente perdute
per volere di trattati europei mai votati dagli italiani». Conclusione:
«Ne va del nostro futuro, della democrazia stessa: torniamo Italia».
(Fonte)
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