giovedì 22 agosto 2013

TUTTI PER UNO E ... NESSUNO PER NOI

La legge di Murphy e la tempesta perfetta


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Avete presente il primo assioma della legge di Murphy, no? Nella sua versione originale diceva così: «Se ci sono due o più modi di fare una cosa e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo».
Ecco: fate un po’ caso alle seguenti scelte.
Dicembre 2011: Berlusconi è costretto alle dimissioni ed è ai minimi storici. Il Pd, largamente in testa in tutti i sondaggi, sceglie di non andare a votare e di mettere in piedi il primo governo in alleanza con Berlusconi. Il nuovo esecutivo taglia le pensioni, strozza l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, impone il pareggio di bilancio in Costituzione.
Giugno-Dicembre 2012: in vista della fine della legislatura, il Pd decide di proporre agli elettori un’alleanza con il centro di Monti e Casini, che viene poi ratificata nella Carta d’Intenti con la seguente formula: «I democratici e i progressisti s’impegnano a promuovere un accordo di legislatura con le forze del centro liberale». Nasce intanto l’Agenda Monti (oggi pare archeologia): secondo il Pd, l’obiettivo da proporre agli italiani è «l’Agenda Monti più qualcosa».

Dicembre 2012-Febbraio 2013: si va verso il voto. Berlusconi si lancia pancia a terra, tivù per tivù, sulla questione Imu; Grillo batte tutte le piazze, «apriremo il Parlamento come una scatoletta»; Bersani pensa di avere già vinto e in campagna elettorale risulta non pervenuto: di lui si ricorda solo che è meglio un pulcino in mano che un tacchino sul tetto.
Inizio marzo 2013: a risultato appreso, il Pd scopre all’improvviso tutti i temi cari ai grillini e propone al M5S di «non impedire un governo Bersani». Le risposte arrivano direttamente in vernacolo.
18-20 aprile 2013: Il Pd dimentica di avere appena chiesto i voti al M5S e propone un Presidente della Repubblica gradito a Berlusconi (Franco Marini); poi questo non passa e allora dimentica di avere appena proposto un Presidente della repubblica gradito a Berlusconi, passando a uno sgraditissimo (Prodi); questo non passa, e allora dimentica di avere appena proposto un Presidente della repubblica sgraditissimo a Berlusconi per riproporne uno di nuovo gradito a Berlusconi (Napolitano). Il tutto nel giro di tre giorni.
Fine Aprile 2013: dopo aver giurato per mesi “mai con il Pdl”, nasce il governo Pd-Pdl. Prima di scopo, quindi di necessità, poi di servizio. Infine la verità: un governo politico a tutto tondo, con il numero due di Berlusconi che è vicepremier e ministro degli Interni. Il Pd si porta così definitivamente in pancia il Cavaliere con tutti i suoi guai giudiziari.
Agosto 2013. La tempesta a questo punto è perfetta. Come ampiamente prevedibile, i guai giudiziari di Berlusconi arrivano al pettine: condanna definitiva. Proprio quando il Pd gli è alleato. Il Pd è costretto a scegliere: o salva il suo alleato (suicidandosi definitivamente di fronte ai propri elettori) o salva la faccia ma lascia il Paese senza governo, dopo aver mediaticamente venduto per mesi il totem della ’stabilità’ come valore prioritario a cui tutto il resto andava subordinato.
Ecco, è quanto.
E ora ditemi un po’ voi se davvero si sbaglia nell’identificare nella dirigenza del Pd quel «qualcuno» che «di fronte a due o più modi di fare una cosa sceglie quello che conduce a una catastrofe».   (Fonte)
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