Si
avvicinano di gran carriera le elezioni politiche di febbraio e
c'è un gran movimento nei partiti per mettersi in mostra e per non
perdere l'ambita poltrona (e gli interessi personali). Tutti i candidati in campo cercano di convincere, il sonnolento e tartassato popolo italiano, delle loro nuove strepitose novità senza neanche immaginare che la stragrande maggioranza degli italiani è impegnato nella ricerca di cibo e di un lavoro che non trova più. La propaganda viene fatta via "etere", carta
stampata e, udite udite, anche attraverso social
networks, novità (per loro).
Quanto sono credibili cotanto onorevoli? personaggi che preannunciano
le solite sfavillanti idee per invece lasciare tutto come o peggio di prima?
Ogni giorno sentiamo vagonate di finte promesse che propinano ai loro succubi “padroni” (il popolo
sovrano). Ma non vi preoccupate, tutto finirà, come bolle di sapone, in niente dopo che saranno stati eletti e il
gregge continuerà, come sempre, a beeeeeeelare.
State accorti alla posizione dove, ormai per abitudine, metterete la vostra "X".
State accorti alla posizione dove, ormai per abitudine, metterete la vostra "X".
Qualche
piccolo esempio di bugia politica
Maroni: mai più con Berlusconi. L’intesa col Pdl è storia
PROMESSA:
NON MANTENUTA. La
coerenza non è una delle doti più apprezzate in politica. Lo
dimostra la relazione burrascosa tra il Pdl e la Lega nord, prima
alleati poi nemici giurati e, infine, dal 7 gennaio scorso di nuovo
d’amore e d’accordo. La decisione finale per le prossime
Politiche è dunque nel segno del passato. L’intesa con gli ex
alleati che sembrava impossibile è stata confermata. L’accordo è
stato firmato dall’ex premier e da Roberto Maroni che sarà il
candidato governatore in Lombardia. Con un colpo di spugna sono state
così cancellate tutte le dichiarazioni della nomenklatura padana
che, dalla scorsa estate, pareva avesse chiuso definitivamente la
porta in faccia a Berlusconi. Una telenovela che dura da ben
vent’anni quella tra il Pdl e la Lega, fatta di tradimenti,
proclami, finti allontanamenti e vere riappacificazioni. Tant’è
che è bastato poco a far cambiare idea al capo dei “barbari
sognanti”: all'ultimo minuto la paura di perdere le elezioni,
dall’una e dall’altra parte, ha spazzato via un anno di proclami.
Lo stesso Berlusconi fino a due mesi fa assicurava che “non avrebbe
dato la Lombardia alla Lega, se non ci fosse stato un accordo a
livello nazionale”. Il nuovo patto di Arcore adesso poggia su due
solide basi: la promessa del leader del Pdl di essere “capo della
coalizione” ma senza candidarsi a presidente del consiglio in caso
di vittoria (cosa questa
tutta da vedere dopo le elezioni,
ndr) e che dopo la vittoria in Lombardia prenda corpo, con il
Piemonte di Cota e il Veneto di Zaia, la “macroregione del Nord”,
una cosuccia che richiederebbe qualche passaggio costituzionale
piuttosto delicato e controverso. Terzo, che “tre quarti delle
tasse restino sul territorio lombardo”. Una promessa di sicuro
effetto, ma già smontata da un insospettabile, l’ex ministro Pdl
Paolo Romani. Che, a quanto riporta il Corriere della Sera, afferma:
“Non è così difficile da realizzare”, visto che “su 150
miliardi dati allo Stato, la Lombardia ne riceve 107”. Cioè il
71,3%.
Monti: Fisco, saremo duri coi forti e comprensivi coi deboli
PROMESSA:
NON MANTENUTA. Il
2012 è stato l'annus
horribilis
delle tasse. Gli italiani hanno archiviato dodici mesi di salassi
fiscali senza precedenti. Il governo Monti ha mostrato di colpire in
maniera indiscriminata un po' tutti ma è sopratutto sulle famiglie
che grava la tegola tributaria maggiore.
I tecnici a più
riprese hanno promesso equità ma all'atto pratico azioni specifiche
non se ne sono viste. Proprio oggi scade il termine per pagare l'Imu
sulla prima casa, imposta che gli italiani per un paio d'anni avevano
smesso di pagare. È un po' il simbolo dell'anno fiscale che sta per
finire: non solo più imposte, ma anche le vecchie decedute che
resuscitano.
Sul fronte lotta
all'evasione il governo ha mostrato spesso il pugno duro ma al di là
di un certo accanimento sui piccoli esercizi commerciali non si hanno
notizie di importanti somme recuperate e reinvestite sulle fasce più
deboli.
Anche le continue
proteste a Roma di molte categorie hanno finora evidenziato il
malcontento dei cittadini verso l'esecutivo. Insomma i sacrifici
continuano ma la perequazione fiscale è ancora lontana dal
compiersi.
La
Russa: Candido i due marò così non tornano in India
PROMESSA:
NON MANTENUTA. La
promessa di La Russa è rimasta solo sulla carta: i nomi di
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, infatti, non compaiono in
alcuna lista dei candidati alle prossime elezioni di "Fratelli
d'Italia".
I due marò restano
in India, dove affronteranno il processo che li vede coinvolti.
Nulla da fare per
l'ex ministro della Difesa, dunque, che si era pubblicamente
impegnato per trovare un escamotage al loro rientro nel Paese
asiatico. Non sappiamo se quella di La Russa fosse solo una "trovata"
elettorale o se la sua proposta sia stata rifiutata dai due militari,
anche per evitare strumentalizzazioni sulla loro vicenda. Quello che
è certo, comunque, è che Latorre e Girone non siederanno in
Parlamento né torneranno in Italia per fare campagna elettorale, ma
attenderanno l'esito del processo, la cui giurisdizione è stata
intanto spostata dal Kerala a New Delhi, così come deciso dalla
Corte Suprema indiana (su pressione della diplomazia italiana).
Berlusconi: mi ritiro. Il 16 dicembre primarie Pdl per mio successore
PROMESSA: NON
MANTENUTA.
Contrordine, non si ritira più. Anzi, Silvio Berlusconi con tutta
probabilità sarà per la sesta volta consecutiva candidato Premier
del Centrodestra italiano.
Le primarie del Pdl
non si terranno più perché ritenute non necessaria alla luce
dell'ennesima discesa in campo del Cavaliere. Ennesima promessa
fallita quindi per l'ex Presidente del Consiglio che a novembre aveva
annunciato in pompa magna il suo ritiro e la scelta del partito di
tenere le consultazioni interne per designare, consultando gli
elettori, il miglior candidato del Pdl.
Con
la decisione di Berlusconi di rimanere leader del centrodestra e
correre in prima persona si fermano anche le ambizioni del segretario
del partito, Angelino Alfano, che studia da leader da oltre un anno.
Da luglio 2011 quando venne designato numero uno del Pdl.
Vendola:
Vincere
le primarie per far trionfare i diritti civili
PROMESSA:
NON MANTENUTA . Alla
fine, e come prevedibile, è risultato sconfitto al primo turno delle
primarie del centrosinistra. Eppure, il 15 per cento di voti che è
riuscito a raccogliere sono un buon risultato per Nichi Vendola, che
infatti commenta soddisfatto: «Ho combattuto a mani nude contro due
giganti ma è stata una buona battaglia. Non c'è centrosinistra che
possa prescindere da noi».
Anzi, al suo bacino
di voti guardano ora entrambi i "giganti" del Partito
Democratico, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, in vista del secondo
round della sfida, che dovrebbe decretare il candidato unico del
centrosinistra al ruolo di Presidente del Consiglio alle elezioni
2013.
Per molti, Vendola e
SeL sono più vicini all'ex ministro dello Sviluppo economico che al
sindaco di Firenze, ma non tutto è deciso: «Bersani se li deve
conquistare i voti che sono venuti a me nel primo turno».
Soprattutto quelli pugliesi, roccaforte "naturale" del
governatore (che infatti qui ha distanziato Renzi, superando il 35%
di consensi), e in generale, nelle regioni del Centro-Sud, che hanno
regalato medie superiori a quella nazionale (nel Lazio 21%, in Molise
23,4%, in Campania 18,3% e Sardegna 19,9%).
Risultati
buoni, ma non ottimi. E, soprattutto, non sufficienti ad aprire a
Vendola le porte del secondo turno di primarie. La sua rincorsa a una
candidatura da premier finisce forse qui. Di sicuro non terminerà la
sua lotta per i diritti civili e sociali, ma per il momento la sua
promessa non è stata recepita dalla maggioranza degli elettori che
si riconoscono nel centrosinistra.
Bersani:
10 milioni di firme per cacciare Berlusconi. La promessa di Bersani e
del PD
PROMESSA:
comPROMESSA. – È
finita al centro di veleni e polemiche la petizione popolare promossa
dal Pd per cacciare Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi. All'annuncio,
qualche giorno fa, di Pierluigi Bersani, che aveva detto che erano
state raccolte tra gli italiani 10 milioni di firme, così come aveva
lui stesso promesso nei mesi scorsi, diversi quotidiani di
centrodestra hanno lanciato puntuali inchieste che dimostrano come
molte sottoscrizioni sono assolutamente fasulle. Al di là degli
annunci ufficiali sul grande successo riscosso dall'iniziativa
politica promossa ad inizio anno, sui siti ufficiali dove venivano
raccolte le sottoscrizioni si possono scorgere molti nomi sospetti
come Fico Secco, Numa Pompilio, Herman Goering, Al Capone, ecc.
E se da un lato lo
stesso Bersani ed il Pd si dicono pronti a dimostrare dinanzi
all'opinione pubblica di avere tutte le firme dei cittadini vere e
certificate, un dato pare emergere con chiarezza: molte ombre si
addensano su tutta l'iniziativa che stando ai tempi ufficiali sarebbe
durata appena 30 giorni. Francamente pochi per riuscire a raccogliere
10 milioni di sottoscrizioni. E non a caso, al di là della sicurezza
che viene ostentata dai comunicati di facciata, l'imbarazzo trapela
anche dietro le quinte del Partito democratico. La sensazione insomma
è che politicamente e mediaticamente la campagna di mobilitazione
lanciata da Bersani non sia andata tutta a segno.
La
promessa tecnicamente può definirsi compromessa, anche perché
nessuno organismo esterno e terzo potrà mai certificare che dieci
milioni di italiani abbiano effettivamente firmato per cacciare
Berlusconi.
Fini: mi dimetto quando si dimette Silvio
PROMESSA:
NON MANTENUTA. Può
dirsi di fatto chiusa la polemica riesplosa nei giorni scorsi sulle
dimissioni di Gianfranco Fini da Presidente della Camera dei
Deputati. Sollecitato da stampa e media sull’argomento Fini,
infatti, ha fatto capire chiaramente che non ha alcuna intenzione di
dimettersi. Ha liquidato la questione come un fatto del passato che
va ricondotto in altro contesto politico, ovvero a quando lo scontro
tra Fli e Pdl e tra lui e Berlusconi era diretto e frontale. Promessa
finiana, dunque, abbondantemente disattesa.
Casini: entro una settimana accordo su legge elettorale
PROMESSA:
NON MANTENUTA. Altro che
accordo. La nuova legge per riformare il sistema elettorale italiano
resta un miraggio, mentre infuria invece la battaglia sul sostegno al
premier Mario Monti.
I
tre principali partiti italiani non riescono a trovare una linea
comune, o forse non vogliono.
Finora
non è servito neppure l'ennesimo appello del Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, che il 28 giugno dichiarava: "Auspico
vivamente che si giunga ad una conclusione positiva sul già
concordato progetto di più circoscritte modifiche costituzionali, e
che ad esso si congiunga un accordo, da portare all'approvazione del
Parlamento, su quella nuova legge elettorale la cui necessità è
stata riconosciuta dal più ampio arco di forze parlamentari da me
consultate all'inizio dell'anno". Una ramanzina, quella di
Napolitano, che però non ha ancora smosso le acque.
Ci
ha provato, timidamente, Pier Luigi Bersani: il segretario del PD ha
detto, nel corso dell'appuntamento milanese di "Libertà e
Giustizia": "Siamo per il doppio turno, anche se non ci
conviene. Ma la destra non lo vuole, perciò dobbiamo trattare per
trovare una soluzione di compromesso che elimini almeno i difetti più
grandi del Porcellum".
Il
risultato, in definitiva, è l'ennesima promessa mancata di Casini
(ma anche della politica italiana più in genere) sulla riforma
elettorale, che dal 2005 viene giudicata quanto meno inadatta, se non
dannosa.
Tratto
da: (Fonte)
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