Sanità: un sistema in conflitto d'interessi Tangenti e lobbismo gonfiano la spesa
Dalle mazzette dei tempi di Mani Pulite ai metodi molto più sofisticati dei giorni nostri. Diverse inchieste hanno portato alla luce un intreccio malato tra ricerca, produzione di farmaci e attrezzature ed esercizio della professione medica. Un costo di 10 miliardi per la collettività. Mancano le norme, la volontà di applicarle e i controlli.
C'è un uomo nel parcheggio, aspetta che il primario esca dall'ospedale,
in tasca per lui ha una busta piena di contanti. E' il "ringraziamento"
per aver scelto, fra tante, la migliore offerta di fornitura di
strumenti medici. Correva l'anno 1989. Arriva Mani Pulite con le manette
e tutto il resto, la scena cambia. Anno 2013, il dirigente medico esce
da un convegno, stringe mani a tutti. Ha ricevuto ventimila euro per
parlare per meno di un'ora, ha avuto una donazione alla Onlus che dirige
ed è riuscito a ottenere che il suo progetto di ricerca fosse
rifinanziato dalla casa farmaceutica che ben conosce e di cui prescrive
caldamente i farmaci, nel reparto dell'ospedale che dirige. Farmaci
molto costosi e con forti controindicazioni, inutili in alcuni casi.
Tutto regolare, nessun rischio. Almeno finché qualcuno non protesta o
finché una reazione avversa, poco sottolineata da quella ricerca, non
viene a galla. Il gioco si svolge su un terreno poco illuminato. C'è una
zona d'ombra frequentata da medici, scienziati, manager e
rappresentanti dell'industria farmaceutica, anche giornalisti. Una zona
in cui non si è ancora nell'illegalità conclamata ma si scambiano
vantaggi personali su questioni pubbliche.
Nel sistema sanitario
italiano, e in particolare nelle Asl, "vige il più clamoroso conflitto
di interessi del nostro Paese" ad affermarlo già nel 2010 era
addirittura il presidente dell'Associazione italiana ospedali privati
(Aiop) Enzo Paolini. Il Conflitto di interessi sussiste quando il ruolo
pubblico e quello privato sono in contrasto fra loro. In altri paesi si
presta grande attenzione a dichiararlo. Avere un conflitto non significa
necessariamente metterlo in atto, ma avvertire la propria platea
significa legittimarla a controllare, fare uno sforzo di trasparenza. Da
lì fra l'altro è facilissimo scivolare. Esiste un codice deontologico
della professione medica che evidentemente però non basta. L'Aifa
recentemente ha fatto passi da gigante, ad aprile 2012 è stato creato un
organo che controlla i conflitti di interessi di chi ci lavora dentro e
di conseguenza stabilisce chi può lavorare a un determinato prodotto e
chi no. Infatti, sebbene la trasparenza sia importante, in alcuni
settori strategici, non basta. Sarebbe necessario, come fanno in molti
paesi, regolarsi di conseguenza per assegnare ruoli e mansioni.
Secondo
Francesco Macchia, Presidente della neonata Istituzione per la
promozione dell'etica in sanità "la corruzione fa perdere alla sanità
italiana 10 miliardi l'anno". Un dato che comprende tutto: dalle
mazzette per gli appalti al comparaggio sui farmaci. E a questo punto,
visto il periodo di spending review, sarebbe forse il caso di prevenire.
"In Italia la strada da percorrere è ancora lunga e ostacolata da più parti" ammette il Ministro della Salute Renato Balduzzi. Se ne era accorta la prestigiosa rivista scientifica Nature, già nel 2008,
quando raccontò agli scienziati di tutto il mondo che ad esempio, nel
paese delle tagliatelle, era possibile che il Ministro della salute
Maurizio Sacconi fosse sposato con il Direttore generale di
Farmindustria Enrica Giorgetti. Dalla grezza e "volgare" mazzetta
dell'epoca di Poggiolini e De Lorenzo si è passati a un sistema più
raffinato e capillare. Lo testimonia il Generale dei Nas, Cosimo
Piccinno, parlando da dietro la catasta di documenti, intercettazioni e
schede di personaggi di inchieste vaste come la più recente Do ut Des.
Lo ribadisce il teorico, massimo di questa materia, professor Alberto
Vannucci, che spiega che da Mani Pulite a oggi è cambiata la figura del
garante, ovvero di colui che premia o punisce a seconda delle
circostanze: una volta era il politico mentre oggi le case farmaceutiche
si rappresentano da sole. Il mercato si è emancipato dalla politica,
anzi, ha imparato a renderla un proprio strumento.
Sono tempi di
lobbismo spinto. Secondo una fonte molto quotata del Ministero della
Salute: "A cadenza periodica e puntuale, Farmindustria, come altri, fa
visita in Parlamento. Il presidente Scaccabarozzi arriva, ma non da
solo, accompagnato da venti, trenta dei suoi e parlano con tutti,
destra, centro, sinistra, un pressante lavoro di lobby. Vanno e vengono
come fossero a casa propria. Basti vedere quanti sono i "farmacisti"
candidati alle prossime elezioni". Ha ragione, i candidati alle
politiche che vantano legami stretti con il settore farmaceutico sono
molti.
Soltanto qualche settimana fa è stata sventata per un
soffio la norma, introdotta alle 2 di notte, e senza alcuna attinenza,
nella legge di Stabilità, che stabiliva un canale di ingresso
privilegiato e senza controlli per i prodotti emoderivati della Kedrion.
Un bel regalo dal proponente Cesare Cursi (Pdl) al collega senatore
Andrea Marcucci (Pd) visto che quella è l'azienda di famiglia. "Siamo
riusciti a fermare l'emendamento giusto in tempo, all'alba - racconta
Balduzzi - apponendo il pericolo per la salute pubblica" ma nessuna
norma sul conflitto di interessi si è potuta muovere in aiuto
dell'interesse dei cittadini né prima né dopo. Per la prossima volta
quindi si rimane appesi all'insonnia.
Gabriele Albertini,
candidato governatore per la lista Monti alla regione Lombardia, ha
proposto di istituire un registro dei lobbysti in sanità. "La salute
incide per oltre l'80 per cento del bilancio di ogni Regione. Per quanto
riguarda la Lombardia i meriti della sua eccellenza sono risaputi, ma
dobbiamo puntare ad eliminare quelle zone d'ombra oggetto delle indagini
della magistratura" come nelle più avanzate democrazie comunitarie. E
aggiunge: "L'attività di lobby, se regolata, è legittima portatrice
d'interessi di singole realtà o gruppi. Lasciata invece operare senza
regole, come avviene oggi, porta ad alee di dubbio e presenta sul campo
attori le cui uniche capacità sono solo vicinanze o amicizie a questo o a
quel politico o dirigente".
La partita quindi inizia già fuori
dei palazzi istituzionali. Come in tutto il mondo, le aziende
farmaceutiche pagano gli opinion leaders, con soluzioni sempre
differenti, affinché influenzino l'opinione pubblica e i ricercatori.
Fra questi, ad esempio, possono esserci anche dei giornalisti. Convegni
in alberghi extralusso, vere e proprie vacanze, regali di valore a chi
con i propri articoli dimostra di essere amico, ricchi pagamenti per
presenziare convegni in cambio di ospitate in tv. Tutto per
addomesticare le notizie a piacimento. Per chi invece non è "amico"
l'esclusione o addirittura il discredito, come racconta nel video una giornalista che si occupa da anni di scienza e medicina.
Il
conflitto di interessi ha permeato anche la sanità in modo capillare.
Si parte dalla ricerca finanziata quasi al 90 per cento dalle case
farmaceutiche, e guai se non ci fossero, ma che ormai non ha più neanche
l'aspirazione all'indipendenza. Il professor Antonio Giordano (presidente dello Sbarro Institute di Philadelphia) in
un'intervista ci racconta quanto sia facile manipolare i dati. Si passa
per le pubblicazioni sulle riviste scientifiche, anche qui l'85 per
cento sono in conflitto di interessi. La divulgazione al grande
pubblico, con pressioni di vario genere sui giornalisti. L'attività di
lobbysmo verso la classe politica e la permeazione di questa, tanto a
fondo da promuovere determinati candidati. Le consulenze strategiche
verso il Ministero della Salute e le tante Asl locali, fatte mediante
specialisti al libro paga dell'industria farmaceutica. Negli Stati Uniti
è scoppiato lo scandalo quando si è scoperto che la maggior parte dei
componenti del gruppo di lavoro per la gestione del diabete mellito era
in conflitto di interessi. Siamo andati a dare un'occhiata
all'equivalente italiano, metà sono in conflitto di interessi, mai
nessuno ha alzato la bandierina, non c'è neanche qualcuno che controlli
la veridicità delle dichiarazioni di chi non ha dichiarato nulla. Altro
esempio sconcertante, il Siaip, organo di consulenza del Ministero della
Salute per i vaccini, i cui membri sono tutti in conflitto di
interessi. Nessuna norma, nessuna irregolarità. La diffusione è
profonda, si muove in una vasta zona d'ombra, godendo dell'incertezza
normativa e della difficoltà a controllare e sanzionare tutti. Secondo
gli stessi Nas, nonostante le continue attività di indagine, il sommerso
sarebbe ancora il 90 per cento di quelle 4136 persone segnalate
all'autorità giudiziaria nel 2012. Un mondo di sotterfugi a ogni livello
e di grande creatività emerge dai documenti di inchieste importanti
come Do ut Des, in cui sono stati prescritti in larga scala farmaci
ormonali anche ai bambini, Camici Sporchi o Derma Affare-fatto, in cui sono stati privilegiati farmaci che costavano, a parità di efficacia, 100 volte di più.
Tutto quello che stiamo fin qui raccontando, in realtà però sarebbe già vietato anche dal codice deontologico
di Farmindustria e il presidente Scaccabarozzi sostiene: "Non ne ho
assolutamente notizia, non mi risultano, anzi, invito tutti a
denunciare, segnalandoci chi trasgredisce". La spesa farmaceutica in
Italia ammonta a 26 miliardi di euro l'anno. Un cavallo forte che ha
bisogno però di briglie salde. Per il settore pubblico l'interazione con
l'industria farmaceutica è inevitabile e spesso anche positiva se
ricondotta all'interno di una serie di norme e di atteggiamenti etici,
come ci spiega il Professor Carlo Patrono dell'Università Cattolica di Roma.
In Italia però il male è diventato virale e dati in merito sono pochi, a
testimonianza del poco interesse a trovare una vera cura. Alessia Scali, mediante l'associazione Avviso Pubblico,
ha portato avanti una ricerca che, per la prima volta, traccia una
mappa della corruzione in sanità in Italia. Repubblica ne mostra in
esclusiva un'anteprima. Il 42 per cento dei reati in sanità sono stati
commessi in 5 regioni, il 57% al Sud dove però si concentrano anche di
più le indagini, segue il Nord con una più elevata attività di
corruzione connessa ai farmaci. Medici, dirigenti e personale del
servizio sanitario nazionale rappresentano la maggior parte degli
indagati con diverse oscillazioni tra Nord, Centro e Sud. Più o meno
costante e uniforme rimane invece la presenza di politici corrotti per
tematiche legate alla salute, l'11per cento dei soggetti coinvolti.
È
dalla politica, infatti, che dovrebbe partire la spinta di rinnovamento
nell'interesse pubblico. Da lì, ad esempio, potrebbero partire norme
più stringenti sui controlli. "Basti pensare che nel mondo quasi
l'ottanta per cento degli studi pubblicati non inserisce tutti i
risultati e le relative reazioni avverse. Nessuno li sanziona", spiega il professor Ignazio Marino (oggi
senatore e presidente della Commissione d'inchiesta sul sistema
sanatario italiano), che suggerisce regole che l'Italia dovrebbe far
proprie per evitare il conflitto di interessi in sanità. "C'è bisogno di
investire in studi indipendenti paralleli a quelli fatti
dall'industria. Grazie alla trasparenza l'Italia potrebbe cominciare a
introdurre solo farmaci realmente innovativi, mentre ora il 70 per cento
è solo rielaborazione per aumentarne i prezzi, a quel punto ci sarebbe
un guadagno per tutti".
(Fonte)
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