Santorini, Alexandria, Nota Italia… Ma che bella storia italiana questa delle operazione in derivati di Monte dei Paschi, per gli amici MPS. Banca fondata nel 1472: vediamo fino a quando durerà la sua (sempre meno) gloriosa storia.
Cosa è successo? In questi giorni di MPS
si è parlato tantissimo ovunque, ma non sono sicuro che sia chiaro a
tutti. Provo a dirlo alla buona, in poche righe, perdonate le
semplificazioni.
MPS da anni effettuava operazioni finanziarie
sul “Portafoglio di proprietà”. Il che vuol dire che la banca impiegava
una parte del suo capitale per operazioni di trading sul mercato,
cercando di guadagnarci. Lo fa una buona fetta delle banche di una
certa dimensione e non è uno scandalo: a una banca serve “stare sui mercati”
per acquisire informazioni, per sapere come si muove la domanda e
l’offerta in giro per il mondo ed è legittimo che possa impiegare
le proprie competenze per guadagnare da posizioni “speculative”. In
fondo non è diverso da quando un investitore acquista con i propri soldi
un prodotto finanziario rischioso sperando di ricavarci un profitto.
Tali operazioni possono realizzarsi sia in strumenti “vanilla” come BTP o azioni, sia con operazioni in derivati come CDO e simili, assai meno liquide e trasparenti.
Il problema nasce quando la banca,
che ha una funzione di servizio ai cittadini e alle imprese attraverso
il credito, mette a rischio la sua funzione cardine nel meccanismo del
credito con queste operazioni. Nel caso di MPS molte di queste
operazioni sono andate male, generando perdite, e parliamo di perdite
belle grosse. E loro cosa hanno fatto? Hanno cercato di insabbiare
tutto, mascherando i bilanci con altre operazioni in derivati,
costruite proprio allo scopo di rendere opaco quello che è limpido. Cioè
nascondere le perdite.
Come? Qui, io che ho bazzicato bassifondi
d’ogni genere e conosciuto corsari d’ogni tipo, mi faccio aiutare da un
paio di personaggi del mondo dell’investment banking che, si sa,
parlano la lingua di noi pirati, e che di queste operazioni ne hanno
fatte parecchie. I miei amici “addetti ai lavori” dietro promessa di
anonimato (li chiameremo Mr K e Mr Y) accettano di dire brevemente la
loro su questa vicenda.
Jack Sparrow: “Allora, cosa ne pensate di questa vicenda?”
Mr K: “Strano che facciano tanta notizia queste operazioni.”
Mr Y: “Sì, vero, operazioni così sono la norma per banche, assicurazioni e casse di previdenza (orrore!), io ne ho personalmente fatte un sacco. Se si va a scavare un po’ nei vari bilanci sapete quante se ne trovano?”
Jack Sparrow: “Mi spiegate in parole povere come avvengono queste operazioni?”
Mr K: “Inizia per esempio con una banca che ha delle grosse perdite derivanti da operazioni finanziarie e che non vuole fare apparire in bilancio. Cosa fa? Chiama una banca d’affari come la mia e le chiede di mettere in piedi una ristrutturazione, che di solito prende la forma di un contratto swap.
Uno swap è un contratto con il quale due parti si scambiano flussi di
cassa o, per semplificare, si scambiano due titoli: pensate a un titolo
con cedole legate a un tasso variabile scambiato con un altro a un tasso
fisso, per esempio.
Jack Sparrow: “Come si usa lo swap per mascherare una perdita?”
Mr Y:
“ Semplice: in sostanza lo swap consiste nella cessione dell’operazione
andata male, ricevendo in cambio un altro titolo che paga una cedola
più bassa rispetto ai livelli di mercato, il cui obiettivo è “spalmare”
la perdita che si vuole occultare sull’intera vita del contratto. In
pratica il mercato mi dice che la cedola dovrebbe essere X, ma io
accetto X decurtato di una fetta di perdita. Ma ci sono altre varianti.”
Mr K:
“Un’altra variante popolare dello swap è che il titolo che si riceve ha
una scadenza molto più lunga, oppure è molto più rischioso, oppure ha
una grossa cedola iniziale che va guarda caso a compensare la perdita,
mentre le cedole successive saranno molto più basse. Ci sono diverse
varianti frutto di ingegneria finanziaria, contabile e legale, ma il
risultato non cambia: la banca ripiana la perdita.”
Jack Sparrow: “E nel caso di Monte Paschi?”
Mr K:
“Probabilmente, attraverso l’operazione di modifica dei flussi
cedolari, si è pagata nell’anno in cui si doveva coprire la perdita una
cedola molto grande che ha compensato la perdita e poi sono state
abbassate di una quota corrispondente le cedole successive.”
Jack Sparrow: “E voi dite che queste operazioni sono molto frequenti, ma è possibile?”
Mr Y:
“Eccome. Di solito queste operazioni si fanno prima delle relazioni
semestrali, alla presentazione del bilancio. Si tratta di cosmesi dei
bilanci.”
Mr K: “È come scopare la polvere e infilarla
sotto un bel tappeto orientale quando arrivano gli ospiti. Difficile che
se ne accorgano, ma la polvere c’è, basterebbe sollevare il tappeto… ”
Dalla breve ma interessante intervista spero sia chiaro che questa non è speculazione. Questo è cosmesi di bilancio, un insabbiamento bello e buono.
Il
problema qui non sono i derivati in sé, che sono solo uno “strumento”. È
meglio che un privato non si cimenti con i derivati (strumenti troppo
complessi), ma è normale che un’istituzione li usi, però deve farlo
“bene”! Il problema di queste banche, diciamocelo, è il management,
che usa tutti gli strumenti a sua disposizione (in questo caso
derivati) per fare il bello e il cattivo tempo, per conservare il potere
anche quando non è capace di gestire un’azienda, danneggiando risparmiatori, dipendenti e contribuenti. Management che difficilmente paga per i propri errori. Anche i controlli dovrebbero essere più efficienti.
Questo
è un male diffuso perché, a quanto pare, di scheletri di questo tipo
negli armadi di banche, assicurazioni e casse varie ce ne sono parecchi.
Basta scavare bene e salta fuori lo scheletrone.
Nomura, banca controparte di MPS per Alexandria, ha dichiarato:
“L’operazione
è stata rivista e approvata prima dell’esecuzione ai più alti livelli
all’interno del Monte Paschi, incluso il consiglio di amministrazione e
il presidente Mussari, ed era stata esaminata dai revisori di KPMG“.
Dichiarazioni analoghe sono arrivate da Deutsche Bank in merito a Santorini. Ecco la governance e il management delle banche italiane.
Nel frattempo oggi MPS amplia il calo nella Borsa di Milano. Il titolo cede il 7,01% a 0,23 euro, con oltre 485 milioni di pezzi passati di mani (pari al 4,15% del capitale della banca).
Non crediate che MPS sia l’unico caso disastrato. Io credo, che Consob e Banca d’Italia dovrebbero occuparsi meno di forma, più di sostanza e andare a beccare queste situazioni a dir poco pornografiche.
Suona così offensiva alle orecchie dei cittadini, contribuenti e risparmiatori, la dichiarazione di Mussari:
“Assumo questa decisione convinto di aver sempre operato nel rispetto del nostro ordinamento”.
Avrà fatto tanto training autogeno per convincersene, bene, bravo.
E nel frattempo chi ha bisogno di un prestito per la sua attività vada a chiederglielo a casa…
(Fonte)
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