Le Filippine fanno shopping di armi italiane
Finchè c'è guerra c'è speranza
Nuovi affari in Asia per AgustaWestland, la società produttrice di
elicotteri del gruppo Finmeccanica. La marina militare delle Filippine
ha ufficializzato l’acquisto di tre velivoli leggeri lanciamissili AW109
“Power” nell’ambito del programma straordinario di rafforzamento delle
forze armate per far fronte alla recente crisi politico-militare con la
Cina. Per i tre velivoli e il relativo supporto logistico fornito da
AgustaWestland il governo di Manila spenderà non meno di 33,6 milioni di
dollari.
“L’acquisto di questi elicotteri navali è un ulteriore passo per
conseguire pienamente l’obiettivo di modernizzazione della marina
militare filippina e delle nostre forze armate in generale”, ha spiegato
il segretario alla difesa Voltaire Gazmin. “Grazie ai nuovi programmi
militari, potremo dimostrare la nostra volontà ad assicurare la
sovranità dello Stato e l’integrità del territorio nazionale”.
Il nuovo piano di riarmo prevede una spesa complessiva di due
miliardi di dollari circa ed è stato varato dopo l’inasprimento della
disputa internazionale sul gruppo di isole di Scarborough Shoal nel Mar
Cinese Meridionale. La loro sovranità è rivendicata praticamente da
tutte le nazioni che si affacciano su questo tratto di mare (Brunei,
Malesia, Vietnam, Taiwan, Cina e Filippine), ma sono soprattutto le
autorità di Manila e Pechino a contendersi le isole minacciando l’uso
della forza. Le Filippine affermano in particolare che esse rientrano
“all’interno della zona economica esclusiva dell’arcipelago delle
Filippine”. Da qui il massiccio impegno finanziario per acquisire negli
Stati Uniti e in Europa unità navali da guerra, pattugliatori costieri,
cacciabombardieri e mezzi di trasporto aereo. Oltre ai tre velivoli
AW109 “Power” acquistati da Finmeccanica, sarà bandita nei prossimi mesi
la gara per dotare le forze aeree filippine di 10 elicotteri d’attacco
da impiegare per “operazioni di supporto e sicurezza interna e delle
frontiere”. In pole position per la commessa concorrerà ancora
AgustaWestland più alcune aziende specializzate di Francia, Russia e Sud
Africa.
Quello dei tre elicotteri navali è il primo importante affare del
complesso militare industriale italiano dopo che lo scorso anno le
autorità di Manila hanno rinunciato ad acquistare 12 caccia-addestratori
M-346 di Alenia-Aermacchi, preferendo i velivoli TA-50 della coreana
KAI. Le Filippine sono però uno dei migliori clienti asiatici dei
produttori di armi italiani. Nel 2008 l’aeronautica militare ha
acquistato ad esempio 18 velivoli da addestramento primario SF.260F di
Alenia Aermacchi (valore 13,8 milioni di dollari), che si sono aggiunti
ai Siai-Marchetti SF.260 ad elica e S.211 a getto, in servizio nel paese
da alcuni anni. L’accordo sottoscritto dai manager di Alenia Aermacchi
ha tuttavia assicurato ai filippini che l’assemblaggio finale dei
velivoli fosse effettuato in loco dalla “Aerotech Industries Philippines
Inc.”.
In vista del rafforzamento della partnership tra i due paesi nel
settore dell’industria bellica, il 14 giugno 2012 il ministro della
difesa Giampaolo Di Paola si è recato in visita ufficiale nella
Repubblica delle Filippine per incontrare il presidente Benigno S.
Aquino III e le massima autorità militari locali. Cinque mesi prima era
stato il segretario della difesa Voltaire Gazmin ad essere ricevuto a
Palazzo Baracchini a Roma per un vertice con lo stesso Di Paola. Da
quanto trapelato a conclusione dei due incontri, Manila avrebbe espresso
l’interesse di acquisire mezzi navali e aerei di produzione italiana,
in particolare due fregate della classe “Maestrale” in via di
dismissione dalla Marina militare (previa rimessa a nuovo da parte di
Fincantieri), alcuni pattugliatori lanciamissili, gli aerei biturbina
P180 “Avanti” della Piaggio, i velivoli cargo C-27J di Alenia e finanche
una decina di cacciabombardieri “Eurofighter” di prima generazione che
l’Aeronautica militare sarebbe intenzionata ad alienare in vista
dell’arrivo dei controversi e supercostosi F-35.
“La cooperazione tra Italia e Filippine deve essere rafforzata” è
l’imperativo lanciato dal ministro Di Paola preferendo ignorare che le
maggiori organizzazioni non governative internazionali denunciano come
il paese sia lacerato da un sanguinoso conflitto interno e che sono
ancora numerosi i casi di tortura, le esecuzioni extragiudiziali e le
sparizioni forzate. Le forze armate e di polizia sono impegnate a
combattere gruppi di guerriglieri di estrema sinistra in alcune aree
rurali e le milizie islamico radicali nelle regioni meridionali
dell’arcipelago. Nel corso delle operazioni belliche si registrano
inauditi massacri della popolazione: ad esempio, il 23 novembre 2009,
nella provincia meridionale di Maguindanao, sono state sequestrate e poi
assassinate 57 persone, tra cui 32 giornalisti. Amnesty International
ha criticato l’“assenza di giustizia” e ha chiesto al governo del
presidente Aquino di fermare la proliferazione delle bande armate
private al soldo dei clan locali. “Figure di primo piano del clan
Ampatuan, tra cui lo stesso governatore di Maguindanao, sono sotto
inchiesta per il massacro ma il procedimento giudiziario va avanti con
estrema lentezza e tra mille ostacoli”, scrive l’ONG. “Nel frattempo le
bande armate private continuano a operare senza freni, grazie ad un
ordine esecutivo in vigore dal 2006, che autorizza la Polizia nazionale
ad avvalersi di milizie e di organizzazioni civili di volontari come
moltiplicatori di forza”. Nell’ottobre del 2011 sono scoppiate le
ostilità tra le forze armate nazionali e il Fronte di liberazione
islamica Moro (Moro Islamic Liberation Front – Milf) sull’isola
meridionale di Basilan. Durante le incursioni militari, sempre secondo
Amnesty, “sono stati eseguiti bombardamenti aerei e attacchi via terra,
provocando lo sfollamento di almeno 30.000 civili”.
Le regioni più a sud dell’arcipelago delle Filippine sono oggi pure
uno dei fronti più importanti della cosiddetta “lotta al terrorismo
internazionale” lanciata dal Pentagono dopo gli attentati dell’11
settembre 2001. Washington ritiene che le milizie islamiche attive nella
provincia di Mindanao (un gruppo di isole vicine alla Malesia e
all’Indonesia) siano legate alla rete di al-Qaida. Si tratterebbe solo
di qualche centinaio di combattenti, sufficienti però per poter
giustificare l’escalation militare USA nella regione.
Negli ultimi dieci anni le Filippine hanno ricevuto da Washington
aiuti militari per un valore complessivo di 512,22 milioni di dollari.
Nel Paese opera poi una task force di 500-600 uomini provenienti dai
reparti d’élite delle forze armate statunitensi. Secondo quanto
riportato dall’agenzia Reuters, a fine 2012 le Filippine avrebbero
offerto l’accesso nei principali scali aeroportuali agli aerei da
trasporto, ai caccia e ai velivoli spia delle forze armate USA in cambio
di nuove forniture di armi ed equipaggiamenti strategici (navi da
guerra della classe “Hamilton”, uno squadrone di cacciabombardieri F-16
di seconda mano, ecc.).
Gli Stati Uniti supportano già da tempo le attività di sorveglianza e
intelligence delle forze armate filippine con i droni schierati
nell’isola di Guam, nell’Oceano indiano. Inoltre hanno dichiarato la
propria disponibilità a trasferire i grandi velivoli P3C “Orion” di U.S.
Navy in una base dell’arcipelago per concorrere alle operazioni di
pattugliamento aeronavale nel Mar Cinese Meridionale. Per potenziare i
dispositivi di “sicurezza marittima”, lo scorso anno è stato ceduto alle
Filippine un vecchio pattugliatore della Guardiacoste. Un secondo
pattugliatore sarà ceduto nel corso del 2013; inoltre verrà sviluppato
un sistema di “sorveglianza costiera” composto da circa 20 stazioni
radar e un centro di elaborazione dati a Luzon.
La partnership tra Stati Uniti e Filippine è consacrata infine dalle
sempre più numerose esercitazioni militari congiunte. L’ultima di esse
(“Phiblex”) risale allo scorso autunno: a largo della Cina si sono dati
appuntamento per una quindicina di giorni di cannoneggiamenti aeronavali
quasi tutte le unità da guerra delle Filippine più la nave d’assalto e
portaelicotteri “USS Bonhomme Richard” e il sottomarino “USS Olympia”
della classe Los Angeles con ben sei reattori atomici.
(Fonte)
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