C’erano una volta delle persone.
Ogni mattina queste persone si svegliavano molto presto, lasciavano i loro letti ancora caldi, e si recavano alla fabbrica.
Alla fabbrica le loro tute blu, che erano blu perchè
le mogli le avevano lavate e stirate, e ci avevano anche tappato i
buchi, per l’ennesima volta, diventavano nere, come il giorno prima.
E le mogli, alla sera, quando i mariti ritornavano dalla fabbrica, con le loro tute che erano blu la mattina, ma che erano ridiventate nere, gliele lavavano, di nuovo.
Perchè alla mattina dopo, i mariti dovevano risvegliarsi molto presto, lasciare i loro letti ancora caldi, e ritornare alla fabbrica, dove le loro tute blu ridiventavano nere.
E le mogli, alla sera, quando i mariti ritornavano dalla fabbrica, con le loro tute che erano blu la mattina, ma che erano ridiventate nere, gliele lavavano, di nuovo.
Perchè alla mattina dopo, i mariti dovevano risvegliarsi molto presto, lasciare i loro letti ancora caldi, e ritornare alla fabbrica, dove le loro tute blu ridiventavano nere.
Ogni mattina queste persone, che si alzavano molto
presto, pensavano che avrebbero potuto comprare la macchina nuova, o il
frigorifero nuovo, o un pezzetto di terra, pagare le tasse
dell’Università al figlio, che un giorno lo avrebbero chiamato Dottore
pure a lui.
Ogni sera queste persone, che la mattina dopo si
sarebbero alzate molto presto, pensavano che i loro sacrifici avevano un
senso, che il lavoro rendeva loro la dignità di uomini, che grazie a
quei sacrifici, a quella tuta blu che ogni giorno diventava nera,
potevano realizzare il loro piccolo pezzo di paradiso sulla terra.
E pazienza che quel paradiso puzzava un po’ del grasso delle macchine, che dalle tute che erano blu si toglieva, ma che dalle mani dopo un po’ non si toglieva più, perchè quel grasso che dalle tute si toglieva e dalle mani non si toglieva più, gli consentiva di comprarsi la macchina nuova, il frigorifero nuovo, e di pagare le tasse dell’Università al figlio, che un giorno lo avrebbero chiamato Dottore, pure a lui.
E pazienza che quel paradiso puzzava un po’ del grasso delle macchine, che dalle tute che erano blu si toglieva, ma che dalle mani dopo un po’ non si toglieva più, perchè quel grasso che dalle tute si toglieva e dalle mani non si toglieva più, gli consentiva di comprarsi la macchina nuova, il frigorifero nuovo, e di pagare le tasse dell’Università al figlio, che un giorno lo avrebbero chiamato Dottore, pure a lui.
E queste persone vedevano che anche le altre persone con le tute blu
che diventavano nere sognavano gli stessi sogni, e tutte insieme
sognavano, e lavoravano a costruire pezzetti di sogni di altre persone, e
così diventarono la fabbrica dei sogni.
Un giorno però arrivò un signore di cartone, che
disse che le persone che si alzavano molto presto la mattina, quando i
loro letti erano ancora caldi, non potevano più sognare, non potevano
più andare a dormire la sera pensando che il grasso sulle loro tute, e
sulle loro mani, gli avrebbe consentito di comprare il frigo, o la
macchina, o di pagare le tasse dell’Università.
Queste persone, che dovevano svegliarsi molto presto, e sporcarsi le
mani di grasso nero, ora dovevano vivere nella paura, la paura di fare
una pausa troppo lunga, la paura di far sapere che sogni sognavano, che
parole pensavano.
Finché un giorno dovettero avere paura delle altre persone che si svegliavano presto e avevano tute che erano blu la mattina e nere la sera.
Il signore di cartone infatti disse loro che alcuni avrebbero potuto continuare a sognare – di nascosto – ma altri se ne sarebbero dovuti andare, e che se quelli che se ne dovevano andare sarebbero poi tornati, altri se ne sarebbero dovuti andare al posto loro.
Il signore di cartone infatti disse loro che alcuni avrebbero potuto continuare a sognare – di nascosto – ma altri se ne sarebbero dovuti andare, e che se quelli che se ne dovevano andare sarebbero poi tornati, altri se ne sarebbero dovuti andare al posto loro.
Le persone che avevano le tute di colore blu al mattino, e nere la
sera, cominciarono a sognare incubi, e così tutte insieme diventarono la
fabbrica degli incubi, e quello che costruivano non era più un
pezzettino del sogno di qualcun altro, ma un pezzo di incubo di qualcuno
che fuori dalla fabbrica degli incubi aveva smesso di sognare con
loro.
(Fonte)
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