venerdì 20 novembre 2015

IL GOVERNO E I MARÒ: UNA PRESA PER IL CULO INFINITA


Scrivere un articolo per raccontare quanto avvenuto lo scorso mercoledì, 11 novembre, durante la riunione delle Commissioni Esteri e Difesa della Camera dei Deputati intente a discutere il decreto legge sulle missioni di guerra che il nostro Paese conduce e combatte in quasi ogni parte del mondo, mi avrebbe fatto correre il rischio di omettere o interpretare in modo errato i fatti così come realmente accaduti. Per evitare ciò, e fugare ogni dubbio ho ritenuto opportuno riportare integralmente il testo della discussione avvenuta nella sede parlamentare con la consapevolezza di sottoporre l'incauto - ma sempre affezionato - lettore ad una lunga, se non estenuante e per certi versi noiosa, lettura che potrebbe anche fargli correre il rischio di cominciare a dubitare seriamente di alcuni aspetti della politica estera italiana e della coerenza di questa o quella parte politica su una particolare vicenda che da più di tre anni coinvolge due nostri militari: i marò.

Prima di passare al resoconto parlamentare mi concedo solo una piccola ma doverosa premessa per consentire all'amico lettore di comprendere meglio l'ennesima giravolta con genuflessione delle forze politiche di maggioranza ai dicktat del Governo.

La questione dei due fucilieri di marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che dal 15 febbraio del 2012 sono coinvolti nella tragica morte di due pescatori indiani ha visto alti e bassi. Tra le innumerevoli dichiarazioni politiche del tipo armiamoci e partite e le finte fughe in avanti, dai millantati avvii delle procedure davanti alle corti arbitrali internazionali agli "abbiamo deciso che", "abbiamo fatto", “abbiamo voluto dare un segnale fermo e deciso” fino ad arrivare ai vorrei ma non posso scritti tra le righe di ampollosi comunicati stampa di matrice governativa, la storia dei due militari, delle loro famiglie e dell'intero paese si trascina lenta e inesorabile da più di tre anni.

Il 17 aprile scorso, con l'articolo 13, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43, in attuazione di un precedente ordine del giorno - ampiamente condiviso da tutti gli schieramenti politici e accolto dal Governo - sulla necessità di rivedere proprio la partecipazione dell'Italia alla missione europea antipirateria in caso la situazione dei due fucilieri non fosse cambiata, il Parlamento decide, finalmente, di decidere e approva una modifica alla norma con la quale stabilisce che conclusa la missione antipirateria in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto e comunque non oltre la data del 30 settembre 2015, la partecipazione italiana dovrà essere decisa, sentite le competenti Commissioni parlamentari. Nel mese di ottobre il Governo ha presentato il suo decreto-legge sul rinnovo delle missioni senza, ovviamente, ascoltare le Commissioni sulla questione come invece è espressamente previsto dalla legge.

Salvatore Girone è tuttora in India, mentre Massimiliano Latorre è in Italia, cioè la situazione rispetto allo scorso anno è rimasta immutata. Per questo motivo il pentastellato Manlio Di Stefano ha presentato un emendamento per sospendere la partecipazione del personale militare all'operazione dell'Unione europea per il contrasto alla pirateria denominata Atalanta fino alla soluzione positiva della vicenda. Tale proposta ovviamente non va bene al Governo che prima di respingerla ai voti tenta di ottenerne il ritiro con l'aiuto di pontieri e mediatori d'occasione.

Un'altra brutta pagina sulla vicenda dei due fucilieri di marina è stata scritta ancora una volta proprio dal parlamento che, in perfetta incoerenza con le sue precedenti determinazioni, ha deciso, ancora una volta, di voltare le spalle alla realtà dei fatti che vede immutata la situazione dei due “marò”.

Nella discussione parlamentare - che preferisco riportare integralmente così come scritta nei resoconti della seduta delle Commissioni riunite Esteri e Difesa - non può sfuggire come il Governo, per voce dei suoi rappresentanti, sia stato capace di “interpretare” la legge secondo le proprie esigenze arrivando, per giustificarle, anche a sostenere che l'obbligo di sentire il parere delle Commissioni parlamentari, espressamente previsto dall'articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 7 del 2015, sarebbe stato comunque assolto dal Governo lo scorso 6 ottobre, durante le comunicazioni sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno di processi di pace e stabilizzazione rese dai ministri Pinotti e Gentiloni e che «la recente sentenza del Tribunale del mare di Amburgo ha prodotto uno sviluppo nel senso auspicato anche dal Parlamento».

Per fortuna, sul punto, è stato proprio il deputato del PD Giampiero Scanu ad osservare che la norma – che prevede che le Commissioni siano «sentite» – avrebbe dovuto essere interpretata, «per non mortificare il ruolo del Parlamento, nel senso che doveva essere chiesto alle Commissioni di pronunciarsi espressamente sul punto». Poi anche lui, come da copione, ha annunciato la condivisione del suo gruppo – il PD - dell'orientamento del Governo di proseguire la partecipazione dell'Italia alla missione Atalanta.

Cari Salvatore e Massimiliano fino a quando durerà il vostro silenzio la giostra dell'ipocrisia e dell'incoerenza continuerà a girare. Sta a voi decidere di fermarla.

Emendamento 3.6 presentato dai parlamentari del Movimento 5 Stelle (Di Stefano Manlio, Corda Emanuela, Rizzo Gianluca, Frusone Luca, Basilio Tatiana, Bernini Paolo, Scagliusi Emanuele, Tofalo Angelo, Del Grosso Daniele, Sibilia Carlo, Di Battista Alessandro, Spadoni Maria Edera, Grande Marta)

«Il comma 1 è sostituito dal seguente:

  1. In ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3 del decreto-legge 1o febbraio 2015 n. 7, convertito in legge 17 aprile 2015 n. 43, non essendo stata modificata la condizione di restrizione della libertà dei due fucilieri di marina del Battaglione San Marco, la partecipazione del personale militare all'operazione dell'Unione europea per il contrasto alla pirateria denominata Atalanta è sospesa fino alla soluzione positiva della vicenda.»



Estratto dal resoconto dal «BOLLETTINO DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI - Commissioni Riunite (III e IV)» di Mercoledì 11 novembre 2015.

Manlio DI STEFANO (M5S), intervenendo sul suo emendamento 3.6, chiede ai colleghi commissari valutarlo attentamente. Ricordando, infatti, che il Movimento 5 Stelle non condivide moltissimi aspetti del provvedimento in titolo, richiama in particolare l'attenzione sulla questione dei fucilieri «marò». Nell'osservare che l'avvio dell'arbitrato internazionale non ha portato a sostanziali modifiche nella vicenda, che vede tuttora cristallizzata la condizione di restrizione della libertà dei due militari, e rammentando anche i tentativi di risoluzione precedentemente operati da Staffan de Mistura, chiarisce come la finalità della proposta emendativa in esame sia quella di sospendere la partecipazione del personale militare italiano all'operazione dell'Unione europea per il contrasto alla pirateria Atalanta finché non si pervenga ad una positiva soluzione della vicenda. Ribadisce come il Movimento 5 Stelle consideri del tutto illegale la richiamata condizione di restrizione di libertà dei due fucilieri. Nell'osservare come non si stia ottenendo nulla dall'India tramite lo strumento dell'arbitrato internazionale, chiede di prendere posizione al di là della dialettica diplomatica, rimarcando peraltro come la posizione del Movimento 5 Stelle si differenzi da quella di altri gruppi – quali, ad esempio Fratelli d'Italia, che domandano un semplice «ritorno a casa» dei fucilieri di Marina – essendo orientata al rigoroso rispetto del diritto internazionale.

Vincenzo AMENDOLA (PD), replicando alle osservazioni dell'onorevole Di Stefano, pur manifestando concordanza sul tema, rileva come la ricostruzione della vicenda da parte dello stesso onorevole Di Stefano non si possa considerare completa. Ricorda che fin dalla missione svolta nel gennaio del 2014, anche su stimolo dell'allora presidente della Commissione Difesa, onorevole Elio Vito, si è avviato un dibattito parlamentare che ha sistematicamente registrato l'unità di intenti delle forze politiche presenti in Parlamento sulla questione. Ricorda come l'allora ministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale Federica Mogherini avviò il percorso dell'arbitrato internazionale, entrato nella sua fase attuativa con l'attuale ministro Gentiloni. Anche sulla scorta dell'atto di indirizzo condiviso da tutti i gruppi in occasione dell'esame del decreto-legge n. 109 del 2014, l'arbitrato ha portato significativi elementi per la risoluzione della questione, con particolare riferimento alla decisione sulla non prevalenza della giurisdizione indiana sulla controversia e sulla valutazione delle determinanti prove balistiche. Pertanto, nel valutare positivamente la scelta compiuta dal Governo circa l'arbitrato internazionale e ritenendo che non vi sia diversità di percezione o di vedute sulla vicenda tra i gruppi di maggioranza e di opposizione, giudica controproducente assumere in questa fase una linea di contraddittorio con la comunità internazionale e auspica, invece, un nuovo atto di indirizzo al Governo per un rapido rientro in Patria dei due fucilieri in libertà e onore.

Francesco Saverio GAROFANI, presidente e relatore per la IV Commissione, ricorda che, oltre all'ordine del giorno richiamato dal deputato Amendola, ci sono state le ultime comunicazioni periodiche del Governo sullo stato delle missioni in corso, svoltesi il 6 ottobre scorso, nel corso delle quali la ministra della difesa ha informato il Parlamento del fatto che il Governo riteneva che l'Italia dovesse proseguire la propria partecipazione alla missione Atalanta.

Manlio DI STEFANO (M5S), replicando a sua volta alle considerazioni dell'onorevole Amendola, ricorda come l'ordine del giorno e la norma inserita nel provvedimento nel 2014 fossero connessi ad un'interazione con l'India, da cui però non è mai pervenuta alcuna apertura. Ritiene che l'arbitrato internazionale in corso richiederebbe una collaborazione fattiva anche da parte indiana, collaborazione ad oggi non riscontrabile. Appare quindi opportuna pressione sulla comunità internazionale finalizzata alla positiva soluzione della vicenda, data la non evoluzione del rapporto diplomatico tra i due Paesi.

Gian Piero SCANU (PD), premesso di condividere l'intervento del deputato Amendola, esprime l'avviso che le Commissioni dovrebbero tuttavia evitare di dividersi su iniziative riguardanti la vicenda dei due marò, rispetto alla quale si è sempre mantenuta in passato l'unità di spirito e di intenti di tutte le forze politiche. Per questa ragione, invita il deputato Manlio Di Stefano a valutare la possibilità di ritirare il suo emendamento 3.6, per ragionare assieme agli altri gruppi in vista della presentazione in Assemblea di un ordine del giorno condiviso da tutti, auspicabilmente anche dal Governo, per chiedere all'Esecutivo quanto è necessario per una positiva conclusione della vicenda.

Massimo ARTINI (Misto-AL), premesso di condividere lo spirito dell'emendamento Manlio Di Stefano 3.6, invita i deputati presentatori dello stesso a valutare l'offerta di dialogo avanzata dal deputato Scanu, ricordando come l'Italia, anche se in ritardo, abbia ormai intrapreso la strada dell'arbitrato internazionale: strada che da più parti in Parlamento si è indicata fin dall'inizio come quella giusta.

Donatella DURANTI (SI-SEL) concorda con il deputato Scanu che sarebbe preferibile che le Commissioni non procedessero al voto dell'emendamento Manlio Di Stefano 3.6, con il rischio di dividersi sulla questione dei due marò, e che i gruppi lavorassero invece alla stesura di un ordine del giorno al Governo largamente condiviso.

Tatiana BASILIO (M5S) ricorda che l'articolo 13, comma 3, del precedente decreto-legge di proroga delle missioni internazionali (decreto-legge n. 7 del 2015) prevedeva che, entro il 30 settembre 2015, la prosecuzione della partecipazione dell'Italia all'operazione Atalanta sarebbe stata valutata in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri della Marina militare, «sentite le competenti Commissioni parlamentari». Considerato che nel frattempo la situazione dei due fucilieri non è cambiata, dal momento che Salvatore Girone è tuttora in India, mentre Massimiliano Latorre è in Italia con un permesso temporaneo per ragioni di salute, ritiene che l'Italia debba a questo punto sospendere la propria partecipazione all'operazione e invita pertanto le Commissioni ad approvare l'emendamento Manlio Di Stefano 3.6. A parte questo, chiede al Governo di chiarire come mai, nonostante la disposizione citata prevedesse che il Governo dovesse sentire le Commissioni competenti, il decreto-legge in esame abbia stabilito che la partecipazione dell'Italia ad Atalanta sia finanziata ancora fino al 31 dicembre 2015.

Il sottosegretario Domenico ROSSI evidenzia che il Governo ha ottemperato all'obbligo di sentire le Commissioni parlamentari competenti il 6 ottobre scorso, in occasione delle ultime comunicazioni periodiche sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, già menzionate dal presidente. In quella sede, infatti, la ministra della difesa ha informato le Commissioni che per il Governo sussiste la «concreta necessità che l'Italia continui a operare efficacemente per contrastare la pirateria, soprattutto al largo del Corno d'Africa» e che «il Governo considera quindi coerente proseguire con la partecipazione dell'Italia alla missione dell'Unione europea denominata Atalanta, quale membro affidabile e responsabile della Comunità internazionale, che sa tenere fede ai suoi impegni»; e questo anche in considerazione del fatto che «la recente sentenza del Tribunale del mare di Amburgo ha prodotto uno sviluppo nel senso auspicato anche dal Parlamento» per quanto riguarda la vicenda dei due fucilieri di marina Latorre e Girone. Conclude osservando che, se le Commissioni avessero ritenuto di non condividere questo orientamento del Governo, avrebbero dovuto adottare atti di indirizzo conseguenti.

Il sottosegretario Mario GIRO osserva come in relazione alla vicenda dei due marò debbano svolgersi due riflessioni. In primo luogo, invita a considerare come l'adesione alla procedura dell'arbitrato internazionale abbia sollevato veementi proteste in India, rappresentando così un modello efficace di public diplomacy. In secondo luogo, richiama il fatto che l'Italia è già ricorsa all'utilizzo del diritto di veto verso lo Stato indiano, con particolare riferimento ad un accordo internazionale in materia militare cui l'India era particolarmente interessata. Rileva dunque come le due fattispecie costituiscano un indubbio strumento di pressione sulle autorità indiane, da non sottovalutare ai fini della soluzione della questione.

Tatiana BASILIO (M5S) prende atto che nell'interpretazione del Governo l'obbligo di «sentire» le Commissioni competenti può essere assolto nel modo descritto dal sottosegretario Rossi, e cioè, da una parte, senza che le Commissioni si pronuncino espressamente sul punto su cui devono essere sentite e, dall'altra parte, attraverso comunicazioni non aventi a oggetto specifico il tema sul quale le Commissioni dovrebbero essere sentite.


Gian Piero SCANU (PD) osserva che, a suo avviso, l'articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 7 del 2015 – che prevede che le Commissioni siano «sentite» – avrebbe dovuto essere interpretato, per non mortificare il ruolo del Parlamento, nel senso che doveva essere chiesto alle Commissioni di pronunciarsi espressamente sul punto. Ciò premesso, ribadisce che il suo gruppo condivide l'orientamento del Governo di proseguire la partecipazione dell'Italia ad Atalanta.
(Di Luca Marco Comellini - Tratto da: alfredodecclesia)
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