martedì 27 settembre 2011

La maledizione dei privilegi

L'editoriale del New York Times sulla casta italiana


Proprio quando pensavate non ci fosse niente di rassicurante nel sistema politico americano, vi porto notizie dall’Italia. Qui i parlamentari attivi sono 945, da paragonare ai 535 membri del Congresso Usa, anche se la popolazione è un quinto di quella statunitense.
L’Italia ha il doppio dei parlamentari per abitante rispetto alla Germania, il dato è comunque superiore a quello francese e spagnolo. Il Parlamento Italiano è un organo di governo piuttosto grasso, più di un intero “prosciutto”.

Penserete che, con tanti parlamentari, ognuno di loro guadagni una miseria. Pensateci di nuovo - e preparatevi a sognare un nuovo lavoro da direttore della Commissione incaricata della rimozione delle monete della Fontana di Trevi. (Ho inventato di sana pianta l’incarico, ma nell’Italia del clientelismo e dello spreco, è più che plausibile).
Sommando l’indennità parlamentare ai vari rimborsi - inclusi quelli legati ai viaggi, anche se i parlamentari salgono gratuitamente su aerei e treni nazionali - ognuno di loro guadagna più di 100mila dollari l’anno, mentre molti si avvicinano ai 200mila. Per non parlare delle allettanti pensioni e coperture sanitarie, che - come riferiscono alcune notizie - includono anche soggiorni alle terme.
Questo “gonfiore” parte da Roma ma si estende, come una macchia d’olio che calzi Prada, a tutta la penisola. Come ha scritto Rachel Donadio su questo giornale la settimana scorsa, c’è una cittadina siciliana di soli 960 abitanti che ha 9 addetti al traffico a libro paga.
Gli italiani che non vivono di politica - ancora, fortunatamente, la maggioranza - sono giustamente indignati. Il libro “La Casta”, un elenco dei privilegi della politica è diventato nel 2007, con oltre un milione di copie vendute, un evento editoriale.
Ma quando il Parlamento italiano ha approvato la settimana scorsa una manovra di austerità economica da 74 miliardi di dollari, gli stipendi dei politici non hanno subito un taglio drastico, per una ragione ovvia: sono loro stessi che hanno votato il provvedimento. Hanno dato la stessa considerazione al mantenimento dei loro privilegi che al bene del paese, che ha ora bisogno di ogni singolo euro che può raccogliere per l’istruzione, per le infrastrutture – per il futuro.
Il che evidenzia una tensione comune in questi tempi economici brutali e temibili in gran parte dell’Europa e dell’America. Coloro che ce l’hanno già fatta si aggrapperanno saldamente ai loro privilegi e alla loro ricchezza come hanno sempre fatto, o addirittura più di prima, anche se in questo modo sarebbe ancora minore la probabilità che si creino opportunità per gli outsider? Oppure cederanno abbastanza perché riparta l’ascensore sociale, venga preservato un certo senso di equità e si possano fare investimenti a lungo termine?
Questo tema ha trasformato l’Europa in un campo di battaglia. I pensionati respingono il taglio ai benefici mentre gli studenti gridano che la generosità di cui i loro antenati a lungo hanno beneficiato - per non parlare del debito che costoro hanno accumulato - ha fatto lievitare il costo della loro istruzione e trasmesso loro una economia priva di speranza.
In America non ci sono così tante proteste ma non va molto diversamente. Senza le entrate aggiuntive o la riforma della spesa sociale – e sarebbe meglio avere entrambe - non possiamo spendere tanti soldi quanti dovremmo per le scuole, le strade e molto altro per rimanere competitivi a livello globale e collocarci nella prospettiva di una crescita ottimale.
 Ma c’è una forte resistenza. Interessi radicati si trincerano ulteriormente; le vacche sacre sono dure a morire. Il dibattito repubblicano della scorsa settimana dimostra che la Social Security rimane una granata politica da lanciare avanti e indietro piuttosto che l’oggetto di discussione seria e costruttiva. E l’ultimo round del confronto Obama-Boehner ha dimostrato che non sarà facile aumentare le tasse, se non addirittura impossibile.
Nel frattempo, continuiamo a peggiorare sul piano dell’istruzione e si allarga il divario tra ricchi e poveri. Le rivelazioni gioiose dell’ultima settimana? Il College Board ha riportato che nel 2011 al liceo, il punteggio medio al test SAT di lettura è il più basso mai registrato, mentre il Census Bureau ha riportato che la percentuale di americani sotto la soglia di povertà (15,1% l’anno scorso) è la più alta dal 1993. Non sono certo queste le fondamenta di un domani migliore.
In Italia lo spettro della realtà del presente che mette a rischio le possibilità del futuro incombe in modo particolarmente ingombrante. Il tasso di natalità del paese, perennemente basso, minaccia di scombussolare l’equilibrio tra pensionati e lavoratori che pagano le tasse (o le evadono, come spesso accade in Italia).
Anche l’Italia registra i propri fallimenti nell’istruzione. Roberto d’Alimonte, un politologo italiano a cui ho spesso chiesto lumi, mi ha detto che solo il 14 per cento circa degli italiani tra i 25 e 64 anni sono in possesso di una laurea o un titolo di studio equivalente. La cosa colloca l’Italia molto lontano dalla Francia, gli Stati Uniti, la Corea del Sud e molti altri paesi.
“È uno dei fenomeni che spiega il continuo sostegno al governo Berlusconi” ha detto. “Il basso grado di istruzione”.
In Italia c’è anche il problema dei professionisti – avvocati, farmacisti, notai, giornalisti, funzionari dell’amministrazione- che a volte operano come membri di ordini esclusivi, stabilendo sistemi e accumulando benefici progettati principalmente per l’autoprotezione. Molti degli italiani con cui ho discusso ne parlano e se ne rammaricano.
“Le generazioni più vecchie hanno serrato i ranghi” ha detto Maurizio Viroli, un teorico politico il cui libro del 2010 sull’Italia di Berlusconi, “La libertà dei servi”, sarà pubblicato in inglese il prossimo mese dalla Princeton University Press. Senza sufficienti forze fresche, mi ha detto: “C’è un impoverimento della leadership”.
D’Alimonte ha detto che in troppi settori della vita italiana “non c’è meritocrazia. E questo affievolisce la crescita e la capacità di innovare. Non ottieni il massimo dalle persone, e una società cresce vigorosa soltanto se tu consenti alle persone di dare il meglio di loro stesse”.
Ha aggiunto che parti del nord Italia, con la loro vibrante attività manifatturiera, costituivano una robusta eccezione alle zone depresse del resto del paese. Ma altrove, ha detto, il paese è per certi aspetti impantanato in regole e agevolazioni che deprimono l’iniziativa e strozzano la concorrenza.
E favori. Non possiamo dimenticare i favori, che ci riportano indietro agli enti pubblici, una capiente mangiatoia di denaro pronto a livello nazionale, regionale e municipale. Una delle persone che al momento vi si nutre è Nicole Minetti, 26 anni, ex igienista dentale che il prossimo mese saprà da un tribunale di Milano se sarà processata per aver presumibilmente procurato delle prostitute a Berlusconi.
L’anno scorso, grazie a lui, che l’ha piazzata nella lista del suo partito alle elezioni, è stata al consiglio regionale della Lombardia. Con quel lavoro guadagna più di 15 mila dollari al mese e non deve più preoccuparsi di placca e gengiviti.
Italia Futura (Frank Bruni , 19 settembre 2011) 
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