mercoledì 30 novembre 2011

«Politici in fila dai boss, la mafia al Nord controlla il 5% dei voti»

In Lombardia la criminalità organizzata sarebbe in grado di far convergere su questo o quel politico almeno 500 mila voti
 «La mafia al nord controlla il 5% dei voti». La notizia l'ha data ieri il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, nel corso della prima puntata de "Gli intoccabili", condotta da Gianluigi Nuzzi (in onda questa sera, ndr). «Con il sistema elettorale attuale - ha aggiunto - basta spostare il 10-15% dei voti tra destra e sinistra per eleggere un sindaco». Secondo Gratteri, «la mafia è presente nel nord Italia da 40 anni. Se la mafia è più forte di prima è perchè qualcuno le ha aperto le porte. La politica le ha aperto le porte. Nelle nostre indagini fino a 20 anni fa era la mafia che portava pacchetti di voti ai politici. Negli ultimi 3-4 anni, invece, abbiamo dimostrato che sono i politici ad andare a casa dei capimafia a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti». Una prassi - come si vedrà più avanti - ben nota anche alla Commissione Parlamentare Antimafia. 
Lombarda, Piemonte ed Emila Romagna - Calando nel concreto l'affermazione di Nicola Gratteri, in Lombardia la criminalità organizzata controllerebbe e sarebbe in grado di far convergere su questo o quel politico almeno 500mila voti. Dati e numeri capaci di portare in Consiglio regionale o sulla poltrona di sindaco il candidato di turno e con cui devono fare i conti gli esponenti della Lega Nord, partito da sempre abituato a relegare "a Sud" la criminalità organizzata. Nel Piemonte governato dal leghista Cota, invece, il dato scende a 223mila voti, un numero molto simile alla stima per l'Emilia Romagna dove la presenza dei Casalesi è stata più volte attestata dalle cronache e dalle indagini della magistratura.
La Commissione Parlamentare Antimafia - In occasione dell'indagine "sull'applicazione del codice di formazione delle liste delle candidature per le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali", svolta nel febbraio scorso dalla Commissione Parlamentare Antimafia è emerso che su 93 prefetture (22 non hanno inviato informazioni) sparse tra Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio e Lombardia, sono state rilevate almeno 45 violazioni del codice di autoregolamentazione, per cui non possono essere messe in lista persone citate in giudizio per reati assimilabili a fattispecie mafiose. In fila dai boss per i voti - "Sedici dei 45 segnalati - ha spiegato nel febbraio scorso il relatore - risultano candidati in liste di rilevanza nazionale, altri 4 in liste civiche, ma con espliciti riferimenti a partiti nazionali e i restanti 25 in liste civiche locali". E "per quanto riguarda i partiti di rilevanza nazionale, risulta una sorta di distribuzione «equa e trasversale»", come dire: nessuno si fa mancare niente. E a non fornire informazioni complete alla Commissione sono state proprio le prefetture di un territorio ormai permeato fin nel midollo dalla malavita come la Lombardia: Milano e tre province della Regione amministrata da Roberto Formigoni. "Vicende giudiziarie anche recenti - ha scritto la Commissione - ci hanno rivelato lo spettacolo non certo inconsueto di candidati che fanno la fila e si offrono ai boss mafiosi in cambio del loro sostegno elettorale". E in numeri, le infiltrazioni nella politica hanno fatto contare "sessanta fatti di mafia tra il 1° gennaio 2009 ed il 31 gennaio 2011, cioè nell'arco dell'anno 2010: arresti e condanne di politici, indagini su infiltrazioni nelle amministrazioni locali e negli appalti pubblici, scioglimenti di consigli comunali, altre denunce documentate di intrecci mafia-affari-politica. Fatti, tutti questi, che nel loro insieme rivelano il continuo espandersi dal Sud al Nord Italia di quella «zona grigia» dove la politica incontra le cosche e a queste spesso si piega". 
(di Emilio Fabio Torsello per dirittodicritica.com - 29 novembre 2011)

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