lunedì 21 novembre 2011

Mario Monti e il grande bluff


Il nuovo governo si appresta a colpire i soliti noti con Ici, Iva e quant’altro. E non si riesce a sentire neppure un sospiro di progressismo.
La settimana scorsa il presidente della Commissione europea Barroso aveva detto: “Stiamo attraversando una crisi profondamente sistemica”, dimostrando come il fatto sia diventato chiaro anche ai narcotizzati di Bruxelles.
Il Parlamento italiani intanto ha votato nel tripudio generale la fiducia al professor Monti. Una maggioranza schiacciante, che in altri tempi si sarebbe definita bulgara, ha lanciato il nuovo esecutivo nell’iperspazio.
E il popolo è in festa, perchè secondo Demos, quasi 8 italiani su 10 manifestano un giudizio positivo nei confronti del premier.
In questa situazione però nessuno rileva come il missile Mario Monti viaggi senza avere un pianeta da raggiungere. Nessuna crisi strutturale o ‘di sistema’, infatti, è superabile in assenza di una alternativa al modello saltato per aria.
Il capitalismo, nella sua ultima formulazione iperliberista sostenuta da Reagan e Thatcher e poi riformata dai ‘democratici’ Blair e Clinton, è defunto con l’esplodere della catastrofe dei subprime cominciata negli Usa all’inizio del 2008 e con il cedimento del debito sovrano di molti Paesi del cosiddetto Nord del mondo.
Nel frattempo una nuova potenza economica mondiale, la Cina popolare, sta divorando i mercati del pianeta, conquistando di ora in ora primati fino ad ora permessi solo agli statunitensi ed all’Europa. A capo di quello sterminato Paese asiatico c’è un Partito comunista.
Dopo la crisi il Nord del mondo si sta popolando di poveri, disoccupati, quasi poveri, giovani senza ideali e prospettive e il Sud sta vivendo i contraccolpi della crisi di riflesso, vedendo aumentare ulteriormente le proprie difficoltà e subendo (senza ben compendere) il rinascere di guerre coloniali patetiche e sanguinarie come quella lanciata in Libia da Londra, Parigi e Washington per il controllo del gas e del petrolio di Gheddafi.
Pechino, alla finestra dopo aver comperato una gran parte del debito a stelle e strisce, adesso è pronta a divorare quello europeo, diventando di fatto il vero leader del nuovo millennio falsamente globalizzato, in realtà monocentrico.
Barak Obama, sempre più in balia dei ‘poteri forti’ del suo Paese, ha cominciato a dislocare i marines sul fronte asiatico, mentre in moltissime città studenti e nuovi poveri subiscono la repressione di repubblicani e democratici intenzionati a far sparire dalle strade la protesta del movimento che contesta lo strapotere di Wall Street.
In un quadro internazionale così desolante si valuta ‘il valore’ di una economia nazionale sulla base di riferimenti ‘virtuali’, non di rado ignorando quelli che un tempo si chiamavano ‘fondamentali’.
Il dominio della finanza di carta sta erodendo la ricchezza reale dei Paesi e questo meccanismo sta smantellando quel sistema produttivo concreto, materiale, sul quale si era fondato non solo il capitalismo moderno, ma anche si era costruita la cultura progressita dello Stato assistenziale, dei diritti civili, delle libertà politiche, sindacali e personali.
Italia, Irlanda, Islanda, Grecia, Portogallo, Spagna sono oggi in guai serissimi, Francia, Belgio, Gran Bretagna e tutta la squadra degli ‘ex Est comunista’ seguono a ruota. La Germania, nel suo primato immaginario, si sente al sicuro, senza comprendere che per essere ricchi bisogna che ci sia qualcuno in grado di sostenere quella ricchezza. E se intorno ai confini della Repubblica federale circolano pezzenti a chi venderà le sue auto la supercompetitiva ‘locomotiva’ germanica?
L’Italia, dopo trent’anni di Berlusconi, è diventata la provincia scema dell’impero, il luogo nel quale si discute di Bunga Bunga e non di strategie per il futuro. I cittadini non percepiscono la dimensione dello tsunami che ha già investito il Belpaese ed i partiti, fedele espressione di questo ‘handicap’, suppongono di poter continuare a galleggiare come sempre tra piccole e grandi truffe, giochi di potere e lottizzazzioni. Giornali e telegiornali, infine, sono muti o quasi di fronte allo sfascio.
Le voci che tentano di far riflettere i cittadini, che hanno compreso come il modello sul quale fino ieri era impostata la vita nazionale sia esaurito per sempre sono poche e del tutto ignorate dal sistema dei media.
Per questo gli italiani  non sanno che nessuna Ici, nessuna Iva e nessuna ‘manovra’ potrà mai ripianare i debiti e produrre il denaro necessario per mantere gli antichi stili di vita.
Il Paese muore ed il professor Monti è stato chiamato a curare il malato con l’aspirina. E lo farà bruciando una montagna di denaro reale per compesare un debito enorme e senza ritorno, prodotto da volumi immensi di ricchezza sperperata da uomini politici e governanti dissenati.
E come noi italiani, per motivi diversi, sono nella palude quasi tutti gli altri Paesi europei, colpiti o dal cedimento del debito sovrano o dal possibile collasso del sistema bancario o dalle due cose insieme.
Uno scenario tanto complicato e senza precedenti dovrebbe spingere i ‘saggi’ ad immaginare un altro futuro, un modello nuovo, in grado di conciliare i diritti con la redistribuzione delle risorse e delle ricchezze.
Ma questo dibattito quasi non c’è, avvilito da reduci della falce e martello e da rinnovatori che hanno dimenticato l’eguaglianza e l’hanno sostituita con la meritocrazia.
Sinistra ‘radicale’ e ‘riformisti’ allo stato dei fatti sono la stessa immagine riflessa nello specchio deformante della conservazione ed i ‘movimenti’ di indignati o simili rappresentano solo un settore marginale e confuso di una generazione senza tradizione e memoria.
Col professore della Bocconi l’Italia si ritroverà meno sola di quanto non fosse durante il governo di ‘Papi Silvio’ (l’Europa ci riammetterà nel salotto buono dal quale eravamo stati cacciati a causa dei festini di Arcore), ma nessuno si illuda che la situazione possa migliorare per i più deboli, per i giovani, per i disoccupati, per gli anziani. Perchè i soldi che dobbiamo restituire sono molti di più di quelli che abbiamo.
E così è se vi pare.
(dalla redazione di www.inviatospeciale.com del 21 novembre 2011)
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