Conclave, gli alti prelati che fanno scandalo
Non solo Mahony. Da Brady a Dziwisz, ecco i cardinali che hanno coperto i casi di pedofilia. Pronti a eleggere il papa.
Il
bubbone è scoppiato. Il cardinale americano Roger Mahony, ex
arcivescovo della diocesi di Los Angeles, colpevole di aver coperto
centinaia di abusi sessuali su minori, dovrebbe partecipare
all'elezione del successore di Benedetto XVI nel conclave di marzo.
Ma le associazioni delle vittime si sono ribellate: vogliono che il
Vaticano gli impedisca di votare. Dopo le dimissioni di Joseph
Ratzinger, la Chiesa è costretta ancora una volta a fare i conti con
una ferita mai superata. Negli Stati Uniti tira aria di svolta, la
giustizia americana ha imposto alla diocesi californiana di fare i
nomi dei responsabili degli abusi sessuali. E ha chiamato a deporre
per il 23 febbraio proprio l'alto prelato. «Posso capire la loro
rabbia nei miei confronti e verso la Chiesa», ha scritto il
cardinale nel suo blog.
OMERTÀ
DIFFUSA.
Ma Mahony è solo un caso fra i tanti e non il più clamoroso, almeno
in quanto a distanza dalla Cupola di San Pietro. Per anni, l'omertà
su ogni abuso è stata la regola. E il risultato sono i migliaia di
casi in Irlanda e i centinaia negli Stati Uniti. Violenze sessuali
sono state inflitte agli studenti del rinomato collegio gesuita di
Berlino e ai ragazzi del coro di Ratisbona diretto nientemeno che dal
fratello del papa, Georg Ratzinger. Il papato di Benedetto XVI ha
cercato di reagire alla piaga pubblicamente, ma con troppe private
ambiguità. E il numero dei cardinali impresentabili al conclave lo
dimostra.
1. Roger Mahony, ex arcivescovo di Los Angeles
Roger
Mahony
Il
2 febbraio, il nuovo arcivescovo di Los Angeles José Gomez ha
interdetto Mahony da ogni pubblica funzione. Arcivescovo nella stessa
diocesi dal 1985 al 2011, il cardinale è stato per anni il punto di
riferimento del cattolicesimo progressista americano. Adesso, però,
il suo successore o accusa di aver insabbiato 129 casi di abusi su
minori. Il più eclatante è quello del messicano Nicolas Aguilar
Rivera che in soli nove mesi avrebbe molestato almeno 26 ragazzini
per poi fuggire in Messico, dove è ancora latitante.
UDIENZA IL
23 FEBBRAIO. Dagli Anni 40 al 2000 nella diocesi di Los Angeles
oltre 500 bambini sono stati vittime dei preti pedofili. La Chiesa ha
già pagato circa 485 milioni di euro in risarcimenti.
Ma,
il 23 febbraio, quando il cardinale deporrà in tribunale sui reati
di 25 sacerdoti, i magistrati avranno finalmente le carte della
diocesi in mano: 12 mila pagine che la curia ha inviato alla procura.
E, mentre monta l'indignazione per la sua presenza, al conclave
inizia a farsi strada anche la sua verità. Il faldone comprende
lettere che non lasciano dubbi: l'arcivescovo era a perfetta
conoscenza dei reati. Stando alle rivelazioni pubblicate il 15
febbraio dal Los Angeles Times, già dal 1993 avrebbe
interpellato più volte il Vaticano sul caso di padre Kevin Barmasse,
un prete che molestava i ragazzi e offriva loro alcol per farli
ubriacare. Secondo il quotidiano Usa i documenti, oltre alla
colpevolezza del cardinale, provano l'insensibilità della Santa Sede
di fronte alle sue richieste di intervento.
IL RUOLO DI RIVERA.
Lo scandalo coinvolge un altro nome di peso del conclave: il potente
arcivescovo di Città del Messico Norberto Rivera Carrera. Secondo
Mahony, nell'87 il cardinale destinò Nicolas Aguilar alla sua
diocesi, senza avvertirlo della sue 'attitudini', pur conoscendole
molto bene. Nella parrocchia di Tehuacan, infatti, le denunce contro
il sacerdote erano fioccate dall'inizio degli Anni 80. Nel 2006, il
cardinale messicano è stato denunciato da uno dei giovani molestati
alla Corte superiore della California. E nel 2010 risultava indagato
con Mahony per aver coperto gli abusi del sacerdote suo connazionale.
2. Séan Baptist Brady, primate di Irlanda
Séan Baptist Brady
Il
22 gennaio 2013, forse con l'idea di chiudere il papato facendo
pulizia, Benedetto XVI ha annunciato di non voler rinnovare
l'incarico al capo della Chiesa irlandese, Séan Baptist Brady: tra
un anno è destinato a passare il testimone. E il motivo è evidente:
ha taciuto sull'abisso.
Nel
2009, l'Irlanda ha scoperto le dimensioni dell'orrore nato all'ombra
del crocifisso: secondo il rapporto della Child
Abuse Commission, voluta
dall'allora premier Bertie Ahern, migliaia di bambini in collegi,
scuole cattoliche e orfanatrofi sono state vittime di orchi con il
colletto bianco e la croce al collo. In 40 anni, la relazione del
governo ha contato 2.500 vittime.
Nel
2006, il Vaticano rifiutò di fornire alla magistratura irlandese il
carteggio tra la Santa Sede e l'arcidiocesi di Dublino sui casi di
abusi, adducendo motivi di ordine diplomatico. E Desmond Connell,
arcivescovo della capitale dal 1988, si è ritirato nel 2004.
RICATTI
E ABUSI. Ma le
responsabilità della Chiesa irlandese restano. E gli uomini che le
portano addosso anche. Il primate d'Irlanda Brady, nonché numero uno
della conferenza episcopale d'Irlanda dal 1996, non solo era a
conoscenza degli abusi sessuali compiuti da preti e vescovi, ma ha
lui stesso dichiarato di aver assistito alla firma di accordi per
costringerli al silenzio. Ciò nonostante, il cardinale parteciperà
al conclave per votare il nuovo pontefice.
3. Godfried Danneels, ex numero uno della Chiesa belga
Godfried
Danneels
Responsabile
del silenzio è anche l'ex primate della Chiesa belga, Godfried
Danneels. Nominato cardinale nell'83 da papa Giovanni Paolo II, ha
guidato la conferenza episcopale belga dal 1980 ed è stato primate
di Bruxelles dal 1979 al 2010. Nell'anno in cui si è ritirato, però,
ha compromesso la sua storia. Ad aprile 2010, infatti, Danneels ha
incontrato il ragazzino violentato dal vescovo di Bruges, Roger
Joseph Vangheluwe. L'ex capo della Chiesa belga ha chiesto alla
vittima di aspettare per denunciare gli abusi ancora un anno, dando
il tempo al vescovo di ritirarsi dalle cariche pubbliche. Peccato che
il ragazzo abbia registrato l'incontro e l'invito al silenzio sia
finito stampato su nastro. «Non so se c'è molto da guadagnare dal
sollevare tanto rumore, né per lui, né per te», disse allora il
cardinale. Vangheluwe si dimise il mese stesso, ammettendo la
violenza. Intanto, durante i suoi lunghi anni al potere, il Belgio ha
conosciuto oltre 400 casi di abusi su minori. Anche Danneels è
atteso a Roma per votare il nuovo pontefice.
4. Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia
Stanislaw
Dziwisz
In
pochi hanno voglia di parlare del primo grande scandalo che ha
colpito al cuore il Vaticano: il caso del potente fondatore della
congregazione dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado.
Carismatico e capace di mobilitare le masse, nel 2000 Degollado venne
immortalato al Giubileo mentre stringeva la mano di papa Karol
Wojtyła. Grazie a cospicui flussi di denaro, il pedofilo Degollado
si era assicurato buone entrature a San Pietro. A fare da ponte tra
lui e il pontefice erano il segretario di Stato, Angelo Sodano, e il
polacco Stanislaw Dziwisz. Dziwisz, nato nei dintorni di Cracovia,
era diventato segretario privato del pontefice e poi, nel 2006, venne
nominato cardinale da Joseph Ratzinger. Intimo di Giovanni Paolo II e
influentissimo sotto il suo pontificato, Dziwisz assicurò ai
Legionari di Cristo un'accoglienza calorosa a San Pietro con accesso
al palazzo apostolico. Così, quando nel 1998 otto ex legionari si
appellarono alla Congregazione per la dottrina della fede di
Ratzinger, denunciando gli abusi del loro leader, per le stanze
vaticane fu un duro colpo. E soprattutto una notizia da non
amplificare.
LINEA
MORBIDA. Quello che
Giovanni Paolo aveva chiamato «una guida per la gioventù», e di
cui tessé le lodi fino al 2004, era in realtà un noto pedofilo:
aveva violentato giovani, avuto rapporti sessuali con numerose donne
ed era divenuto padre per ben sei volte. Ma nulla si mosse fino al
2006, quando con Benedetto XVI salito al soglio pontificio e il
cardinale William Levada nuovo prefetto della Congregazione per la
dottrina della fede, Degollado fu escluso da tutte le cariche
pubbliche. Al posto di un vero processo, però, gli fu riservata la
linea morbida della preghiera e della penitenza. Evidentemente Maciel
godeva ancora di buoni appoggi. Il potentissimo ex segretario di
Stato Sodano - ed ex nunzio apostolico nel Cile del dittatore Augusto
Pinochet - ha superato gli 80 anni e non voterà (così prevede la
regola). Dziwisz, invece, parteciperà al conclave come arcivescovo
di Cracovia. Sodano è accusato anche di aver ostacolato le indagini
sull'ex arcivescovo di Vienna, Hans Hermann Wilhelm Groër, dimessosi
sotto il peso dagli scandali sessuali.
5. Hoyos e Simonis non voteranno
Dario
Castrillòn Hoyos
Il
vincolo del'età ha escluso dal voto anche altri cardinali scomodi e
impresentabili. Per esempio, il colombiano Dario Castrillón Hoyos:
ex prefetto della Congregazione per il clero, teorizzò il segreto
professionale dei vescovi. Hoyos, infatti, indicò come esempio da
seguire il vescovo francese Pierre Pican condannato dalla
magistratura per non aver denunciato gli abusi dei preti pedofili di
cui era a conoscenza. Escluso per anzianità anche l'olandese
Adrianus Simonis. Da capo dei vescovi dei Paesi Bassi coprì gli
abusi sessuali dei sacerdoti olandesi e mentì dichiarando di non
saperne nulla.
6. Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
"Casini
William
Joseph Levada
Il
cardinale William Joseph Levada è stato uno degli uomini più vicini
a papa Ratzinger. Non a caso, nel 2005 Benedetto XVI l'ha nominato
prefetto della Congregrazione per la dottrina della fede, impero
personale del pontefice dimissionario per oltre 20 anni. Levada è
stato scelto anche con l'obiettivo di gestire in maniera oculata il
dossier pedofilia. Appena entrato in carica, il porporato condannò
il capo dei Legionari di Cristo (probabilmente in accordo con papa
Benedetto) al ritiro e alla preghiera. Nonostante le odierne buone
intenzioni, il suo resta un profilo controverso.
IL
BENEFICIO DEL DUBBIO.
Come prefetto, oggi il cardinale ha il compito di giudicare gli abusi
e sanzionare i sacerdoti nel mondo. Eppure, quando gli toccò stare
al fronte come arcivescovo di Portland e San Francisco non dimostrò
particolare rigore. Nel 2006, è stato chiamato a testimoniare sugli
abusi perpetrati all'interno delle diocesi americane di cui fu
responsabile. E il New York
Times (che ha esaminato
documenti della procura), pur non muovendogli alcuna accusa sul piano
giudiziario ne ha tratto una conclusione poco rassicurante: Levada,
ha concluso il quotidiano americano, «ha seguito la pratica
prevalente della gerarchia ecclesiastica, dando ai preti il beneficio
del dubbio e mostrandosi riluttante a rimuoverli dal ministero».
(Fonte)
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