L’arte della guerra : Business di armi Roma-Tel Aviv
Nel pieno della crisi arriva finalmente «una potente iniezione di
fiducia per tutti coloro che credono nel valore del lavoro»: lo dichiara
il deputato Pd Daniele Marantelli, plaudendo al contratto di Alenia
Aermacchi (Finmeccanica) per la fornitura a Israele di 30 velivoli
militari da addestramento avanzato M-346. Così, nella prossima
operazione «Piombo fuso», i piloti israeliani potranno essere ancora più
micidiali. Berlusconi aveva promesso di promuovere la vendita degli
M-346, dice l’onorevole Pd, ma la sua è stata «una promessa non
mantenuta, come tante altre». Poi, fortunatamente, è arrivato il governo
Monti. I suoi meriti vengono riconosciuti da Giuseppe Orsi, presidente
di Finmeccanica: l’accordo è frutto di «una proficua collaborazione» tra
il governo italiano è quello israeliano. Dimentica però, ingiustamente,
i meriti del governo Berlusconi, artefice della legge quadro (17 maggio
2005) sulla cooperazione militare Italia-Israele.
Quest’ultimo accordo, dunque, è frutto della stessa politica bipartisan
attuata dai governi italiani. Nell’annunciare il successo della vendita a
Israele degli M-346 e dei loro sistemi operativi, il ministero italiano
della difesa tace però su un particolare. Il ministero della difesa
israeliano pagherà solo una parte minore del prezzo totale. Il grosso,
circa 600 milioni, sarà anticipato da un consorzio finanziario formato
dal gruppo bancario italiano Unicredit e da un fondo pensione collegato,
che investiranno insieme 400 milioni, e dalla banca israeliana
Hapoalim, che investirà 200 milioni. Il ministero italiano della difesa
annuncia quindi che «le forze armate italiane, dal canto loro, potranno
utilizzare un sistema satellitare ottico ad alta risoluzione per
l’osservazione della Terra denominato Optsat-3000, realizzato in
Israele». Dà quindi l’impressione che questo satellite sia stato messo
da Israele gentilmente a disposizione dell’Italia. In realtà, essa lo
acquista attraverso Telespazio dalle Israel Aerospace Industries,
pagandolo oltre 200 milioni di dollari, cui si aggiungeranno gli ingenti
costi per la messa in orbita e il controllo del satellite. Questo, da
una quota di 600 km, servirà non a una generica «osservazione della
Terra», ma a individuare in lontani teatri bellici gli obiettivi da
colpire, con immagini di 50 cm ad alta risoluzione. Col solito tono
vago, il ministero della difesa comunica infine «la fornitura di
sottosistemi standard Nato di comunicazione per due aerei destinati
all’Aeronautica militare». Parla così della frusta e non del cavallo:
gli aerei sono due Gulfstream 550, jet di lusso per executive made in
Usa, che le Israel Aerospace Industries trasformano in sofisticatissimi
aerei da guerra. Dotati delle più avanzate apparecchiature elettroniche e
collegati a sei stazioni terrestri, questi G-550 modificati, capaci di
volare a 12mila metri di quota con un raggio d’azione di 7mila km, sono
la punta di lancia di un sistema di comando e controllo per l’attacco in
distanti teatri bellici. L’Italia acquista da Israele questo sistema di
comando per le guerre di aggressione al modico prezzo di 750 milioni di
dollari che, aggiunti a quello del satellite militare, portano la spesa
a oltre un miliardo. Ovviamente con denaro pubblico. «Una potente
iniezione di fiducia» a coloro che credono nel valore della guerra.
(30.07.2012 - globalresearch)
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