Passaggio di consegne
Quando sentivo Napolitano bacchettare con ostentato sdegno i tanti servi
a gettone che lo imploravano di rimanere (tipo De Bortoli), maturavo il
dubbio che alcuni mondi occulti e raffinatissimi stessero lavorando
alla sua rielezione. Quelli che recitano distacco dal potere e fingono
disinteresse per cariche o onori sono in genere i più attaccati alla
poltrona, uomini capaci di architettare qualsiasi manovra pur di
continuare ad esercitare un comando fine a stesso, spesso retto
dall’ossequio ai potenti e dall’uso della frusta contro i deboli.
Lo
studente Napolitano era iscritto ai Guf (Gruppi universitari fascisti);
l’uomo Napolitano era quadro del Pci sovietico che plaudiva alla
carneficina di Ungheria nel 1956; l’ultimo Napolitano, caduto il muro di
Berlino, si è convertito all’ultraliberismo al fine di garantirsi uno
splendido finale di carriera abbracciando le parole d’ordine che aveva
attaccato per una vita. Chi non crede in nulla ha un vantaggio: può
sempre sostenere a cuor leggero le ragioni del più forte e garantirsi
così comodità e lustro. In un angolo recondito della mia mente albergava
il terrore di una rielezione ma, in verità, non riuscivo fino in fondo
ad immaginare una tale violenza contro il buon senso e la prassi storica
e costituzionale.
Amato, che garantisce gli stessi mondi e interessi
che Napolitano ha già egregiamente servito, mi sembrava la soluzione più
probabile. E invece no. La protervia è l’ultimo rifugio del potere
inviso e smascherato. Nelle urne gli italiani avevano già
abbondantemente bocciato il duo Monti-Napolitano, protagonisti di una
stagione politica tra le più cupe e tetre della storia dell’intera
Repubblica. Un anno costellato da suicidi, recessione, esodati e
disperazione; fenomeni voluti e pianificati, ma poi falsamente dipinti
come “problemi che la politica deve risolvere”. L’oligarchia di potere,
in Italia come in Grecia, ha bellamente ignorato il messaggio lasciato
nelle urne dal popolo non più sovrano. La mente del governo Monti è
ancora sul Colle e all’orizzonte già s’intravedono le vecchie larghe
intese. Il piano per “cinesizzare” l’Europa deve proseguire.
In Grecia,
se possibile, il governo uscito dalle ultime elezioni si è rivelato
ancora più brutale di quello guidato dal tecnico Papademos. In Italia
accadrà la stessa cosa. Il prossimo governo, in ossequio al Fiscal
Compact, varerà manovre che uccideranno definitivamente il già debole
tessuto economico italiano lasciando finalisticamente alla sola Germania
il diritto di mantenere un apparato produttivo degno di questo nome. Il
destino di greci, italiani, portoghesi e spagnoli è invece quello di
costituire sacche di lavoro schiavile a vantaggio degli interessi
mercantili dei nuovi imperi centrali. Non c’è nulla di casuale in quello
che accade; si tratta di operazioni lucide e scientificamente
organizzate. Ora, se le cose stanno così (e stanno così, fidatevi), il
significato della rielezione di Napolitano è chiaro: la reazione contro
il crescente malcontento di un popolo intero, volutamente e
progressivamente ridotto alla fame (in Grecia i bambini svengono in
classe perché denutriti.
Lo stesso destino toccherà presto ai nostri
figli), sarà spietata e fuori dai confini classici di una democrazia
liberale. Temo che il dissenso, da ora in avanti, possa essere represso
nel sangue. I contestatori verranno bollati come provocatori (lo stesso
aggettivo utilizzato guarda caso per delegittimare gli ungheresi nel
1956) ed esposti a qualsiasi tipo di ritorsione per salvaguardare “la
democrazia dal pericolo del populismo”. Il Golpe evocato da Grillo, poi
vigliaccamente dileguatosi, si è perfettamente compiuto. Da questo
momento nessuna deriva può essere ragionevolmente esclusa. Non mi
stupirei di vedere ricomparire tra qualche mese dalla pattumiera della
storia un nuovo Bava Beccaris pronto a sparare sulla folla disarmata che
chiede pane. Ma, a questo punto, non è possibile escludere a priori
neppure una deriva in stile Argentina di Videla, con i dissidenti
torturati e lanciati da aerei in volo. Il sistema ha fatto capire di
essere pronto a tutto ( ma proprio a tutto) pur di perpetuare la specie.
Forza, freddezza, coraggio e lucidità sono i sentimenti che devono ora
pervadere la maggior parte del popolo italiano che coltiva prospettive
democratiche e liberali.
(Fonte)
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