Forexinfo intervista Paolo Cardenà, Private Banker
dei maggiori Gruppi Bancari italiani, nonché socio cofondatore di una
società attiva nella consulenza finanziaria, tributaria, fiscale e
gestionale alle imprese.
Il Dottor Cardenà è anche autore del seguitissimo blog "Vincitori e Vinti",
all’interno del quale scrive dei più importanti argomenti di natura
politico-economica sia a livello nazionale, che internazionale.
Abbiamo
chiesto al Dr. Cardenà la sua opinione sull’attuale situazione
politico-economica italiana, concentrandoci in particolar modo sullo
spinoso tema dei "Debiti della PA". Ecco cosa ci ha risposto.
1)
Il 6 aprile il Governo ha approvato il decreto per il pagamento dei
debiti della PA. Il DL prevede l’erogazione di 40 miliardi di euro alle
imprese entro i prossimi 12 mesi, come giudica questa decisione?
R.
Sconcertante, e lo è per definizione. In pratica, abbiamo avuto
cognizione che, in Italia, per giungere all’esecuzione di un atto di
ordinaria amministrazione quale quello di pagare un fornitore, occorre
un provvedimento normativo, per di più corposo. Il provvedimento
licenziato dal Governo appare criticabile in molteplici punti, poiché
istituisce una procedura complessa e per di più subordinata alla
capacità dell’ente debitore di espletare il carico burocratico previsto
dalla normativa, senza tuttavia istituire un regime sanzionatorio per
gli enti meno performanti nel pagamento dei debiti verso i propri
fornitori. Questo, inevitabilmente, stante anche la complessità
burocratica prevista dal provvedimento, differirà ulteriormente i tempi
di pagamento senza peraltro rimuovere in maniera strutturale le
criticità di questo sistema al fine di scongiurare per il futuro il
ripetersi di simili circostanze. Inoltre, il provvedimento, oltre a
congelare le azioni legali già intraprese dalle varie imprese creditrici
nei confronti delle pubbliche amministrazioni, non ospita affatto un
vincolo di destinazione delle somme che lo Stato dovrebbe corrispondere
ai propri fornitori, tale da impegnare i destinatari di queste risorse
al pagamento degli arretrati accumulati nei confronti dei
subappaltatori/subfornitori. Questo, evidentemente, avrebbe generato
effetti a cascata positivi su tutto il sistema dei fornitori e
subfornitori, sia a monte che a valle.
2) Confindustria,
che ieri ha denunciato in Parlamento il fatto che le imprese italiane
starebbero subendo la terza crisi di liquidità nel giro di pochi anni,
ha sostenuto che un’immediata erogazione di 48 miliardi di debiti alle
imprese potrebbe innescare un circolo virtuoso che permetterebbe alle
suddette di riprendersi nel giro di pochi anni, facendo tra l’altro
aumentare il PIL dell’1%. Lei è d’accordo?
R. Ovviamente
ci troviamo nel campo delle ipotesi e, non conoscendo su cosa si basano
le previsioni elaborate da Confindustria, mi limito a dire che appare
fin troppo ottimistica. E ciò per diverse ragioni. In primo luogo va
detto che, per effetto della crisi economica e anche dei ritardi della
Pubblica Amministrazione, un numero crescente di imprese sta
accumulando debiti tributari (chiaramente sanzionati). Quindi è del
tutto verosimile attendersi che buona parte di queste risorse debba
essere impegnata per adempiere alle obbligazioni tributarie maturate ma
non ancora pagate, o debiti scaduti nei confronti del sistema bancario.
Tanto è vero che i crediti in sofferenza del sistema bancario sono in
progressiva e preoccupante ascesa. Al fine di amplificare i riflessi
positivi del decreto - che peraltro non dispone il pagamento immediato
delle risorse come auspicato da Confindustria - esso sarebbe dovuto
essere integrato anche con una moratoria dei debiti tributari presso
Equitalia, magari favorendo la possibilità di ottenere una rateizzazione
più lunga delle somme iscritte a ruolo (auspicabilmente a sanzioni
ridotte), così che non si sarebbero drenate delle risorse da un sistema
già di per se arido. Ma uno degli aspetti più inquietanti del
provvedimento risiede proprio nel fatto che, in tema di compensazioni
tra debiti tributari e crediti nei confronti della PA, esse siano
possibili solo per quei debiti tributari emersi a seguito di
accertamento, escludendo le rituali compensazioni per debiti di imposta
che maturano nell’ambito dell’ordinaria gestione imprenditoriale. In
parole molto semplici, solo per fare un esempio, sarebbe logico
attendersi che, se la mia azienda, nell’anno in corso, matura dei debiti
tributari nei confronti dello Stato, mi venga riconosciuta la
possibilità di compensare questi debiti fino alla concorrenza del
credito vantato nei confronti dello Stato. Invece no, la compensazione è
consentita solo per i tributi emersi in sede di accertamento
tributario. Questo aspetto, a mio avviso, è quello che meglio
rappresenta la latente bontà del provvedimento.
3) Secondo
molti, tra cui l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, e la CGIA di
Mestre, il credito che le imprese vanterebbero nei confronti della
Pubblica Amministrazione supererebbe in realtà i 100 miliardi. Il
Governo pagherà mai il resto e se sì, come?
R. Difficile
dirlo. Certo che, se lo stock del debito quantificato dalla CGIA dovesse
essere confermato, ci troveremmo di fronte a un debito che, in queste
condizioni, ammesso che si possa onorare, avrà bisogno di anni prima di
essere riassorbito. Ad ogni modo, stante l’impossibilità di poter
aumentare il debito pubblico (anche per via del Fiscal Compact che, come
noto, imporrà all’Italia una diminuzione del debito di circa 50
miliardi annui, fino a convergere al 60% del PIL), per finanziare i
debiti della Pubblica Amministrazione non vedo altra alternativa che
quella di riqualificare e tagliare ferocemente la spesa pubblica.
Questo consentirebbe sia il progressivo riassorbimento del debito verso
parametri fisiologici, sia una diminuzione significativa delle
pressione fiscale, idonea, oltre che a calmierare gli effetti recessivi
che si produrranno con i tagli di spesa, anche a dare slancio alle
imprese, al lavoro, ai consumi, innescando un percorso virtuoso per il
ciclo economico, indispensabile per la salvezza dell’Italia e
soprattutto degli italiani. Ma suoi tagli della spesa esistono fuochi
incrociati e veti da parte di chi ha tutto l’interesse a mantenere un
livello di spesa di simili proporzioni, poiché enorme bacino di consensi
elettorali e privilegi per buona parte del mondo politico e della
casta, che trae linfa vitale proprio da questo sistema che ha portato
l’Italia alla rovina. Ma i privilegi, anche quelli acquisiti, sono tali
solo se te li puoi permettere. E non mi sembra che sia possibile farlo
ancora a lungo. Insomma, il sistema Italia va ripensato profondamente,
anche culturalmente.
4) Cambiando argomento,
recentemente lei ha scritto anche sulle CAC, le Clausole di Azione
Collettiva sui titoli di Stato con scadenza superiore ad un anno, che
introducono delle norme coercitive che, de facto, annullano la
tradizionale garanzia legislativa che lo Stato offriva in passato a
coloro che investivano sul debito pubblico. Cosa pensa di questa
decisione contenuta nel MES?
R. Come già avete
anticipato nel pormi la domanda, le CACs sono previste dal Trattato
di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) che dispone
che, tutti i Paesi europei sono obbligati ad applicare le Clausole di
Azione Collettiva (CAC) sui propri titoli di debito pubblico di nuova
emissione. Le CACs, è bene ricordarlo, sono delle vere e proprie
clausole vessatorie previste sui nuovi titoli di Stato di durata
superiore a 12 mesi, emessi da ogni Paese europeo aderente all’ESM, con
la prima cedola scadente a partire dalla data del 1 gennaio 2013. In
pratica, per effetto dell’introduzione di queste clausole, lo Stato, in
caso di necessità, può modificare le condizioni dei titoli emessi. Ad
esempio, può modificare la data dei pagamenti di cedole e rimborsi,
così come può decidere di decurtare il valore di rimborso del titolo o
la valuta di pagamento, o quant’altro. Insomma un bel regalino
ereditato dal MES, al quale l’Italia partecipa con un capitale
sottoscritto di 125 miliardi di euro.
In questi giorni abbiamo visto che molti Italiani hanno sottoscritto la nuova emissione del BTP Italia, il titolo di Stato dedicato ad investitori retail e ai piccoli risparmiatori. La sottoscrizione è andata benissimo, per il Tesoro, al punto che si è conclusa anticipatamente rispetto ai tempi previsti . Un vero successo, si direbbe! Anche grazie alla pubblicità martellante andata in onda a reti unificate con la quale si invitava il risparmiatore ad aderire alla sottoscrizione, poiché investimento sicuro. Sinceramente nutro forti dubbi che i risparmiatori conoscano il significato delle Clausole di Azione Collettiva a cui i titoli che loro hanno sottoscritto sono sottoposti e che chiaramente possono subire le modifiche di cui abbiamo accennato.
In questi giorni abbiamo visto che molti Italiani hanno sottoscritto la nuova emissione del BTP Italia, il titolo di Stato dedicato ad investitori retail e ai piccoli risparmiatori. La sottoscrizione è andata benissimo, per il Tesoro, al punto che si è conclusa anticipatamente rispetto ai tempi previsti . Un vero successo, si direbbe! Anche grazie alla pubblicità martellante andata in onda a reti unificate con la quale si invitava il risparmiatore ad aderire alla sottoscrizione, poiché investimento sicuro. Sinceramente nutro forti dubbi che i risparmiatori conoscano il significato delle Clausole di Azione Collettiva a cui i titoli che loro hanno sottoscritto sono sottoposti e che chiaramente possono subire le modifiche di cui abbiamo accennato.
5) Un’altra decisione sbagliata, quindi?
R.
Sempre a proposito del MES e anche del pagamento dei debiti della
pubblica amministrazione, spero che gli italiani si rendano conto
delle scelte nefaste prese dal Governo Monti nell’ultimo anno, con
il sostegno trasversale del PD e PDL. Nel corso del 2012 lo Stato
italiano ha pagato alle varie forme di salvataggio europee la bellezza
di 40 miliardi di euro, lo stesso importo che lo stato si prefigge di
pagare oggi alle imprese creditrici della PA, dopo mesi e mesi di
ritardo asfissiante che ha provocato il fallimento di migliaia e
migliaia di imprese Nel versare i 40 miliardi nei vari salvataggi, il
Governo lo ha fatto senza alcuno scrupolo, senza alcuna esitazione:
neanche quella di chiedersi se sarebbe stato opportuno utilizzare
queste risorse, prima per soddisfare i fornitori, le aziende italiane,
e poi, eventualmente, gli impegni nefasti presi con l’Europa. Per
pagare i soldi al MES che, nel frattempo, sono stati utilizzati anche
per salvare le banche spagnole e, conseguentemente, per salvaguardare
gli interessi della Germania, lo Stato è ricorso al mercato per farsi
prestare i soldi che non aveva. Lo ha fatto riconoscendo un lauto
interesse agli investitori e senza porsi nessuno scrupolo sull’impatto
che avrebbe avuto sul rapporto debito /PIL o sulla spesa per gli
interessi. Scrupoli invece osservati quando si tratta di pagare le
imprese italiane. Nessuno lo ha detto, nessun giornale, nessun
programma televisivo ne ha parlato quando il Governo Monti, con
precisione maniacale, è corso a staccare assegni all’Europa.
6) Poco tempo fa, in sede europea, è stato approvato il Two Pack, un
accordo che, insieme al Fiscal Compact e al MES, mira a tenere sotto
controllo i bilanci finanziari dei singoli Paesi dell’Unione. A suo
parere, è una misura necessaria o solo una forma per incrementare il
controllo dell’Eurozona sui sugli Stati nazionali?
R. Il
dramma delle euro, o meglio delle popolazioni dell’area mediterranea
dell’Europa, risiede proprio nella moneta unica e nei processi che
hanno portato alla creazione dell’unione monetaria, che hanno disatteso
la teoria economica. Eminenti economisti, fin dagli anni ’60,
avevano ammonito circa le tappe che si sarebbero dovute osservare per la
creazione di un’area valutaria ottimale; cosa che evidentemente,
quella dell’euro, non è. La teoria economica vorrebbe che un’area
valutaria ottimale rispetti almeno caratteristiche comuni in termini
di flessibilità di prezzi e salari, mobilità interregionale di forza
lavoro e capitale, convergenza dei tassi di inflazione,
diversificazione produttiva, integrazione fiscale. E’ chiaro che i
Paesi che hanno aderito all’euro non avevano e non hanno
caratteristiche tali da consentire la creazione di un’area valutaria
ottimale comune, idonea a compensare, al proprio interno, gli
squilibri economici esistenti, attraverso la mobilità della forza
lavoro o attraverso trasferimenti automatici e quant’altro
evidentemente necessario per garantirne la stabilità. Ma si è voluto
procedere ugualmente in questa direzione nella consapevolezza
criminale che le future crisi economiche avrebbero creato le condizioni
per favorire una maggiore convergenza verso l’unione. Ecco, in tal
senso, il TWO PACK, così come il FISCAL COMPACT, sono strumenti in
perfetta sintonia con la visione che si è avuta dell’euro, fin
dall’origine. In altre parole, si cerca di riparare ad un errore con
altro errore, poiché questi istituti costituiscono i principali
strumenti di compressione della sovranità dei singoli Stati, in nome
della realizzazione di procedure e di convergenze di politiche fiscali
ed economiche dei paesi dell’Eurozona, secondo gli eurocrati,
propedeutiche a colmare le divergenze strutturali delle varie economie
europee.
7) A livello pratico, in cosa consiste il Two Pack?
R.
Il TWO PACK, ad esempio, obbligherà i singoli governi nazionali a
presentare alla Commissione Europea, entro il 15 ottobre di ciascun
anno e prima dell’approvazione da parte dei singoli parlamenti
nazionali, le rispettive manovre di finanza pubblica al fine di
consentire di verificare il rispetto degli impegni presi con le
autorità europee nei primi sei mesi dell’anno (il così detto semestre
europeo). In caso di mancato o carente rispetto degli accordi
sottoscritti, la commissione europea potrà chiederne la modifica,
seppur in assenza di diritto di veto. Nel caso in cui il paese dovesse
disattendere le raccomandazioni, oltre a subire azioni legali, potrà
incorrere in procedure per deficit eccessivo e nel caso anche in
sanzioni economiche.
Inoltre, sempre la Commissione Europea (organo autoreferenziale privo di qualsiasi investitura democratica) potrà mettere sotto stretta sorveglianza i Paesi “minacciati da difficoltà finanziarie”, obbligando governi a colmare e redimere le cause strutturali, sottoponendo il proprio operato a controlli trimestrali stringenti da parte di una taskforce dedicata. E qui, la mente tende subito ad evocare quanto è accaduto in Grecia in questi 3 anni, ma non solo.
Riassumendo, potremmo agevolmente affermare che il Two Pack costituisce un’ulteriore cessione di pezzi di sovranità nazionale verso strutture non elette ed autoreferenziali, in assenza di qualsiasi criterio solidaristico, di mutualità e senza alcuna contropartita.
Inoltre, sempre la Commissione Europea (organo autoreferenziale privo di qualsiasi investitura democratica) potrà mettere sotto stretta sorveglianza i Paesi “minacciati da difficoltà finanziarie”, obbligando governi a colmare e redimere le cause strutturali, sottoponendo il proprio operato a controlli trimestrali stringenti da parte di una taskforce dedicata. E qui, la mente tende subito ad evocare quanto è accaduto in Grecia in questi 3 anni, ma non solo.
Riassumendo, potremmo agevolmente affermare che il Two Pack costituisce un’ulteriore cessione di pezzi di sovranità nazionale verso strutture non elette ed autoreferenziali, in assenza di qualsiasi criterio solidaristico, di mutualità e senza alcuna contropartita.
8) Finiamo con un
focus sull’attuale situazione italiana. Non c’è un Governo, si litiga
sul Presidente della Repubblica ed un accordo tra i vari partiti sembra
quasi utopico. In molti vorrebbero un “Governissimo”, secondo lei è la
soluzione giusta?
R. Le dico subito che sono contrario a
questa soluzione. Nel corso degli ultimi decenni, le parti politiche
hanno da sempre dimostrato un profonda intollerabilità nei confronti
dell’avversario politico. Questa avversità è andata via via ad
aumentare fino a creare le condizioni per le quali in Italia si potesse
affermare un partito, fondato da un comico, nato dal nulla, ed
esploso fino ad arrivare al 25% dei consensi nella prima tornata
elettorale politica. Per contro lo stesso Grillo, sia in campagna
elettorale che successivamente, ha reiteratamente affermato che non
intende scendere a compromessi e sostenere alcun governo a marchio PD,
PDL. Pensare che possano governare insieme PD e PDL è semplicemente
utopistico, oltre che pericoloso. Bersani, all’indomani del risultato
elettorale, si è proposto ai vari partiti con un programma formato di
8 punti, che, in realtà, è un programma di governo di legislatura, o
per buona parte di essa.
Ferme restando le divergenze programmatiche sostanziali con il programma del PDL, è chiaro che nessun partito avrebbe sostenuto un governo Bersani con il programma di legislatura proposto. E ciò per il semplice fatto che il centro sinistra non ha vinto le elezioni. Né si può dire che un’alleanza tra PD e PDL, e quindi l’ipotesi un governissimo, sia possibile almeno limitatamente ai punti programmatici comuni perché, se così fosse, significherebbe far nascere un governo sconfitto in partenza poiché ricattabile dai veti incrociati dei due schieramenti che si sono contrapposti e combattuti nell’ultimo ventennio e che finiranno che sfiduciare il governo alla prima occasione utile, o, nella migliore delle ipotesi, a limitarne l’azione riformatrice di governo. Cosa che l’Italia, a parer mio, non può più permettersi.
Contrariamente, se Napolitano avesse affidato a Bersani la possibilità di formare un governo di scopo limitando l’azione del nuovo esecutivo alla riforma della legge elettorale, alla riduzione di costi della politica quindi anche del finanziamento ai partiti, i partiti stessi sarebbero stati messi davvero dinanzi alle proprie responsabilità e la democrazia, magari, avrebbe prevalso e sarebbe stata ossequiata con la formazione di un Governo che avrebbe traghettato in tempi brevi l’Italia a nuove elezioni, con una riforma elettorale idonea a garantire la governabilità del Paese.
Questa soluzione non si è voluta perseguire e, nonostante il fallimento di Bersani, peraltro ampiamente preventivato, sorprende che non sia stata perseguita una strada alternativa magari affidando l’incarico ad una personalità istituzionale con l’intento di assolvere questo compito. Si è preferito nominare i 10 inutili saggi lasciando a Monti la possibilità di occupare un posto non suo per altri lunghissimi mesi, ossequiando i mercati e gli interessi di mezzo mondo, tranne quelli degli italiani.
Ferme restando le divergenze programmatiche sostanziali con il programma del PDL, è chiaro che nessun partito avrebbe sostenuto un governo Bersani con il programma di legislatura proposto. E ciò per il semplice fatto che il centro sinistra non ha vinto le elezioni. Né si può dire che un’alleanza tra PD e PDL, e quindi l’ipotesi un governissimo, sia possibile almeno limitatamente ai punti programmatici comuni perché, se così fosse, significherebbe far nascere un governo sconfitto in partenza poiché ricattabile dai veti incrociati dei due schieramenti che si sono contrapposti e combattuti nell’ultimo ventennio e che finiranno che sfiduciare il governo alla prima occasione utile, o, nella migliore delle ipotesi, a limitarne l’azione riformatrice di governo. Cosa che l’Italia, a parer mio, non può più permettersi.
Contrariamente, se Napolitano avesse affidato a Bersani la possibilità di formare un governo di scopo limitando l’azione del nuovo esecutivo alla riforma della legge elettorale, alla riduzione di costi della politica quindi anche del finanziamento ai partiti, i partiti stessi sarebbero stati messi davvero dinanzi alle proprie responsabilità e la democrazia, magari, avrebbe prevalso e sarebbe stata ossequiata con la formazione di un Governo che avrebbe traghettato in tempi brevi l’Italia a nuove elezioni, con una riforma elettorale idonea a garantire la governabilità del Paese.
Questa soluzione non si è voluta perseguire e, nonostante il fallimento di Bersani, peraltro ampiamente preventivato, sorprende che non sia stata perseguita una strada alternativa magari affidando l’incarico ad una personalità istituzionale con l’intento di assolvere questo compito. Si è preferito nominare i 10 inutili saggi lasciando a Monti la possibilità di occupare un posto non suo per altri lunghissimi mesi, ossequiando i mercati e gli interessi di mezzo mondo, tranne quelli degli italiani.
(Fonte)
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