Penso una cosa semplice, quasi banale,
perfino ovvia. Sappiamo benissimo che le elezioni dello scorso febbraio hanno
restituito un risultato elettorale che rende impossibile la formazione di
un Governo di legislatura. Ma nonostante ciò, dalle urne è uscito ugualmente,
in maniera inequivocabile, un risultato elettorale plebiscitario
che non si presta ad interpretazione alcuna. Chi ha governato questo Paese
nell'ultimo anno e mezzo e che, presentandosi al cospetto degli elettori, ha
ottenuto una sonora bocciatura, non può più governare questo Paese.
Gli
italiani hanno votato e hanno espresso in maniera plebiscitaria questa volontà.
Qualsiasi soluzione in contrasto con questo risultato è una palese
sovversione della democrazia e del voto degli italiani. La democrazia non è
esclusivamente quella manifestazione di volontà diretta e positiva, attraverso
la quale la popolazione esprime un giudizio (diretto e positivo) votando
un candidato o una coalizione. Ma è qualcosa di più ampio, nobile ed elevato, che
si sostanzia anche in modo indiretto, attraverso la volontà di negare il
consenso a un determinato candidato o coalizione, votandone un altro. Se io
voto Bersani o Berlusconi o chicchessia, non solo esprimo un voto
positivo a favore di quel candidato, ma ne esprimo anche uno negativo
(contrario) nei confronti del candidato non votato. Il risultato lo conosciamo
benissimo. Il 90% degli italiani hanno deciso di non volere Monti. Questa mi
sembra l'unica verità che sia uscita dalle urne e che non può essere interpretata
in alcuna maniera.
Affermare, come ha fatto Napolitano, che "abbiamo
comunque un Governo capace di governare" , costituisce un abuso delle
carta costituzionale che crea un precedente pericoloso ed inquietante al
punto da far tremare i polsi. Avere un Governo dimissionario, benché non
sfiduciato da nessun Parlamento, non è la stessa cosa che avere un governo con
pieni poteri poiché investito
della fiducia di un Parlamento, peraltro, in questo caso, modificato nella sostanza a seguito del voto
libero e democratico di milioni di cittadini. E quel governo non può essere
presieduto da un personaggio che gli italiani hanno affermato a gran voce di
non volere.
Nella gestione dello stallo politico
prodotto dal risultato delle elezioni dello scorso febbraio, sono stati
commessi degli errori così eclatanti al punto che difficilmente si riesce
a pensare che non siano stati assistiti da una colpevole premeditazione . E ciò
per diversi motivi che cercherò di spiegare.
Come abbiamo avuto modo di scoprire,
l'incarico esplorativo affidato a Bersani non ha sortito alcun risultato di
rilievo se non quello di aggravare lo stallo politico che rischia di far
precipitare nel caos l'intera nazione.
Ma perché Bersani ha ottenuto questo
pessimo risultato? Dare risposta a questa domanda è molto semplice poiché
egli, di concerto con Napolitano, non voleva ottenere nessun risultato se
non quello di aggravare lo stallo della crisi che, per forza di cose, secondo
l'opinione pubblica, vedrà proprio nel M5S il maggior responsabile delle
conseguenze economiche che ne deriveranno. Le elezioni hanno restituito un
risultato che vede il PD tra i grandi sconfitti della tornata elettorale con un
travaso di milioni di voti proprio a favore del partito di Grillo che nel
frattempo è divenuto l'unico interprete (almeno in parte) dei valori
naturali della sinistra italiana ai quali, proprio il PD, sembra aver
abdicato. Lo stallo conseguente potrebbe avere come effetto proprio quello di
eliminare Grillo e il M5S, rei, secondo la vulgata popolare, di aver prodotto
lo stallo politico non accettando compromessi con Bersani per la formazione di
un Governo.
Questa circostanza tenderà ad aggravare il sentiment di sfiducia
sull'Italia e, conseguentemente, la crisi economica che determinerà una
crescita esponenziale dei livelli di sofferenza di famiglie e imprese che, a
loro volta, vedranno in Grillo e nel M5S, i principali responsabili della
situazione che si verrà a determinare.
L'intento del PD e di Napolitano è
proprio quello di guadagnare tempo ed eliminare il partito di Grillo facendo
recuperare al PD i consensi sottratti dal M5S. Ciò che induce a pensare
alla premeditazione di questo disegno, risiede proprio nelle logiche con
cui sono state condotte le consultazioni e nella proposta espressa da Bersani
agli stessi partiti.
In realtà, il leader del PD,
proponendosi ai diversi schieramenti presenti in Parlamento, lo ha fatto
come se avesse vinto le elezioni. I famosi 8 punti con cui Bersani ha cercato
di attrarre i consensi per la formazione di un nuovo esecutivo,
costituiscono un programma di legislatura o comunque di governo di
lungo periodo, che non sarebbe mai stato accettato dagli altri partiti per il
semplice motivo che il Pd non ha vinto le elezioni. In altre parole, il
programma proposto da Bersani, non avrebbe mai potuto catalizzare l'ampio
sostegno parlamentare di cui lo stesso programma necessita, per una durata
indeterminata. Pensare che i partiti, questi partiti, avessero potuto accettare
qualcosa di simile, è solo una pia illusione per nulla aderente alla realtà dei
fatti. E così è stato.
Dopo l'ingovernabilità sancita dalle
elezioni dello scorso febbraio, l'unica soluzione plausibile sarebbe stata
quella di ritornare rapidamente al voto, non senza aver quantomeno
riformato la legge elettorale. Sarebbe del tutto ingenuo pensare che i partiti
avessero accettato la proposta di Bersani che, a mio avviso, sarebbe dovuta
essere limitata esclusivamente a due questioni fondamentali da assolvere prima
di andare a nuove elezioni.
Se Napolitano avesse affidato a Bersani la
possibilità di formare un governo di scopo limitando l'azione del nuovo
esecutivo alla riforma della legge elettorale, alla riduzione di costi della
politica quindi anche del finanziamento ai partiti, i partiti stessi
sarebbero stati messi davvero dinanzi alle proprie responsabilità e la
democrazia, magari, avrebbe prevalso e sarebbe stata ossequiata con la formazione
di un Governo che avrebbe traghettato in tempi brevi l'Italia a nuove
elezioni, con una riforma elettorale idonea a garantire la governabilità del
Paese.
Questa soluzione non si è voluta
perseguire e, nonostante il fallimento di Bersani, peraltro
ampiamente
preventivato, sorprende che non sia stata perseguita una strada
alternativa magari affidando l'incarico ad una personalità istituzionale
con
l'intento di assolvere questo compito. Si è preferito nominare i 10
saggi
lasciando a Monti la possibilità di occupare un posto non suo per
altri
lunghissimi mesi (o anni?), ossequiando i mercati e gli interessi di
mezzo
mondo, tranne quelli degli italiani. Ora è del tutto verosimile
attendersi che creeranno sui mercati quelle condizioni ideali e di
terrore per far digerire agli italiani un altro Governo tecnico, o una
nuova edizione del Governo Monti. Proprio come accadde 18 mesi fa.
(Fonte)
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