Barbara Spinelli, editorialista di Repubblica e scrittrice, al Fatto Quotidiano dice: "Il presidenzialismo occulta e rinvia quel che urge davvero. E non voglio dire che l’unica e massima urgenza sia l’economia (è la teologia delle Grandi Intese)... L’urgenza, in Italia, sono i partiti totalmente inaffidabili e moralmente devastati"
Che l’attuale situazione italiana sia “istituzionalmente anomala”, lo si capisce benissimo a metà dell’intervista. Quando Barbara Spinelli,
editorialista di Repubblica e scrittrice, si ferma un secondo e dice:
“Stavo parlando del presidente della Repubblica. Cioè del presidente del
Consiglio”.
Il presidenzialismo non è certo la priorità
dell’Italia. Pare che questa fretta sia un tentativo di ufficializzare
una situazione già esistente de facto. D’accordo?
Non
solo sono d’accordo: i poteri aggiuntivi che si vogliono dare al
presidente, il presidente se li è già presi, forzando non poco la
Costituzione. Ma c’è qualcosa di più: il presidenzialismo occulta e
rinvia quel che urge davvero. E non voglio dire che l’unica e massima
urgenza sia l’economia (è la teologia delle Grandi Intese). L’urgenza è
come i valori: ce ne sono di supremi, e il resto è relativo. L’urgenza,
in Italia, sono i partiti totalmente inaffidabili e moralmente
devastati; e la politica rintanata in oligarchie chiuse, che nemmeno
ascoltano il responso delle urne. Se sopra tale marasma metti il
cappello del capo forte, non solo congeli lo strapotere presidenziale,
ma cronicizzi le malattie stesse che il presidenzialismo – ma
attenzione: è un inganno – pretende di guarire. Il presidenzialismo
dilata ovunque le oligarchie: ergo in Italia dilata la corruzione.
Il
capo dello Stato ha messo una data di scadenza al governo, una cosa
mai vista. Grillo ha obiettato: “A che titolo dice queste cose?”. Lei
che ne pensa?
Grillo ha perfettamente ragione: dove sta
scritto che il presidente determina in anticipo, ignorando le Camere, la
durata dei governi? Perfino a Parigi, dove tale prerogativa esiste – ed
è grave che esista – l’Eliseo si guarda da dichiarazioni simili. In
Francia il presidente è contemporaneamente presidente del Consiglio dei
ministri. La stessa cosa ormai avviene in Italia: il presidenzialismo
nei fatti c’è già. Questo governo è un Monti bis, con i politici dentro.
E alla presidenza c’è Napolitano. Intendo presidenza del Consiglio, non
della Repubblica.
Così si sfalda il sistema delle garanzie e dei contrappesi costituzionali.
Salta
completamente. E prefigura già la Repubblica presidenziale. Inoltre
abbiamo un presidente della Repubblica-presidente del Consiglio che gode
di privilegi extra-ordinari , che nessun premier può avere. Tanto più
perniciosa diventa la storia delle telefonate tra Colle e Mancino sul
processo Stato-mafia. Esiste dunque un potere che ha speciali
prerogative e immunità, senza essere controllabile. La democrazia è
governo e controllo. Perché Grillo dà fastidio? Perché è sul controllo
che insiste.
Il professor Cordero parlando di Berlusconi
ha evocato spesso il “golpe al ralenti”. Gli strappi di questi mesi
suggeriscono la stessa idea: eppure l’informazione non ha quasi reagito.
Sul
presidenzialismo, Repubblica e il Fatto hanno in realtà reagito con
forza. Ma sulle derive oligarchiche della democrazia, e sul tradimento
degli elettori avvenuto con le larghe intese, stampa e tv sembrano
intontite, se non ammaliate. Io insisto sempre molto sulla questione
morale, intesa come dovere di non tradire la parola data. Ma son pochi a
insistere. Perfino Fabrizio Barca, il più cosciente del naufragio del
Pd, ha tenuto a precisare, interrogato su Berlusconi: “Teniamo separati
il piano dell’etica e della politica”. Ma da quando in qua?
Il
tesoriere del Pdl Bianconi ha detto “Stella e Rizzo sono i tumori della
democrazia”. Chiaramente i tumori sono tutti quelli denunciati dai due
giornalisti. Sono anni che parliamo di Casta, per i privilegi e la
gestione familistica del potere, e il risultato è un governicchio delle
oligarchie.
La politica è del tutto sorda. Mi ha colpito
il caso di Anna Finocchiaro. Gli elettori erano in rivolta contro i 101
traditori, e sono stati apostrofati così: “Non so cosa vogliano questi
signori!”. Poco dopo ha recidivato, quando i deputati Pd hanno prima
firmato e dopo poche ore respinto la mozione Giachetti che aboliva
subito il Porcellum: “La mozione è intempestiva e prepotente!”.
Intempestiva? Fuori c’è la rivoluzione, la gente chiede pane, e a
Versailles Maria Antonietta stupisce: “Hanno fame? Dategli le
brioches!”. La cecità dell’Ancien Régime somiglia ominosamente alla
nostra.
In relazione al presidenzialismo, il professor Zagrebelsky sul Corriere ha parlato di sindrome di Stoccolma del Pd.
Siamo
nella continuità di un progetto che nella sostanza non è mai stato
meditato né condannato. Tanto che quasi abbiamo realizzato il Piano di
rinascita nazionale della P2 di Gelli. Siamo prigionieri di un’idea
malata che incolpa la Costituzione d’ogni nostra stortura. Non si vuol
vedere che invece siamo prigionieri di una cosiddetta classe dirigente
prima compromessa col fascismo, poi coi clericali, poi con l’America,
poi con la mafia, poi con Berlusconi. È quest’ultimo oggi a dettare le
condizioni.
E il Pd?
Il Pd non esiste, è
una nostra invenzione. O un rimorso, a seconda. È fatto di persone
dietro cui c’è il nulla. Puoi trovare uno, Civati o Barca, ma anche
quando vai nel deserto trovi oasi che non sono miraggi. Il Pd pare vivo e
di sinistra, ma le due cose sono un trompe l’oeil.
Napolitano
ha consultato anche il M5s. Non so se Grillo abbia fatto nomi. Presumo,
però, che Napolitano gli abbia fatto capire che le candidature di
rinnovamento non erano gradite. Inoltre non ha nemmeno mandato Bersani a
verificare la fiducia in Parlamento. Questo vuol dire che il piano era
molto chiaro. Il governo Monti doveva continuare con innesti politici,
la democrazia intesa come tribunale dei governanti andava, senza dirlo,
sospesa. Se questo è sanare i mali dell’Italia c’è da scappare.
(Fonte)
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