I maggiordomi europei dei “proprietari universali” hanno
inventato e messo in atto di una vera e propria “repressione
finanziaria” contro i popoli europei. Essa – dicono e ripetono da cinque
anni – ha lo scopo di ridurre il debito, tanto pubblico quanto privato.
Ma questo debito è in gran parte il frutto di una truffa ben
congegnata. E dunque va respinto come tale a coloro che hanno, per
questa via, accumulato immensa ricchezza. In secondo luogo, la riduzione
del debito non può essere realizzata con l’ossessiva imposizione di tagli
alla spesa pubblica, e con la parallela creazione di maggiori entrate
fiscali. Questa linea di presunta austerity è fallita e sta producendo
aumento del debito e recessione dovunque si è tentato di imporla. Il
taglio del valore reale del debito avviene solo trasferendo risorse dai
creditori ai debitori. L’alternativa è tra immolare la vita di centinaia
di milioni di persone o sacrificare una categoria di redditieri: il
discrimine passa attraverso le regole che prevarranno in questa fase di
transizione.
Si deve partire dalla denuncia dei trattati di Maastricht e di
Lisbona, che costituiscono le basi dell’aggressione finanziaria contro i
popoli europei. Si deve
procedere alla nazionalizzazione di tutte le banche centrali dei paesi
membri e ad una corrispondente, drastica modifica del ruolo e della
struttura della Banca Centrale Europea. Gli Stati della zona euro (e
quelli che vi aderiranno in caso essa rimanga in piedi), dovranno essere
gli unici azionisti della Banca Centrale Europea. Questa misura dovrà
accompagnarsi alla nazionalizzazione di tutte le grandi banche
nazionali, togliendo loro ogni ruolo nel campo del credito e del
controllo finanziario, trasferendo parte delle loro funzioni al sistema
del credito cooperativo e popolare nelle varie forme storiche che esso
ha avuto nel passato nei diversi paesi, o introducendolo dove, per
ragioni storiche, non fu creato. E’ questa la via per restituire ai
governi e ai rispettivi “ministeri del Tesoro” il controllo delle Banche
Centrali nazionali e della Bce, ovvero la sovranità monetaria.
Tra le prime questioni da portare di fronte alle opinioni pubbliche
europee, è lo stato del debito, di cui va dichiarata – di fronte
all’evidenza – l’impagabilità strutturale. Ciò va fatto attraverso un
audit che dovrà fornire, in tempi rapidi, un quadro attendibile e
controllato del debito aggregato europeo, della sua composizione, dei
debiti sovrani dei singoli Stati, siano essi membri della zona euro o
esterni ad essa, identificando sia la struttura dei debiti che
l’identità dei grandi creditori internazionali. I debiti sovrani
dovranno essere progressivamente ristrutturati e riassorbiti mediante
una tassa sulle transazioni finanziarie di qualsivoglia natura, non
inferiore allo 0,1% dell’ammontare. Una vera Tobin Tax i cui proventi
devono essere indirizzati anche allo sviluppo delle imprese, del
risanamento sociale e ambientale, al finanziamento dell’istruzione e
della ricerca. Si prevede l’istituzione
di un fondo europeo speciale a tasso agevolato per il credito a
medio/lungo termine, riservato alle piccole e medie imprese.
Le nuove collocazioni delle emissioni di obbligazioni sovrane
dell’Eurozona saranno curate direttamente dal Tesoro degli Stati
interessati, senza alcuna intermediazione bancaria privata, e riservate
ai cittadini del paese emittente e ai cittadini europei ivi residenti.
Le emissioni dovranno essere vincolate prioritariamente a creare lavoro e
a destinazioni sociali, all’educazione e alla ricerca scientifica, alla
sanità pubblica, alla tutela e bonifica dell’ambiente, alle energie
rinnovabili, alla valorizzazione dei terreni e delle produzioni
agricole. Le nuove obbligazioni sovrane dell’eurozona saranno
nominative, non negoziabili, non cedibili, trasmissibili solo per via
ereditaria, con scadenza non inferiore a cinque anni e non superiore a
dieci, ad un tasso di riferimento non eccedente il doppio di quello
praticato dalla Banca Centrale Europea resa pubblica.
Misure decise di riforma della finanza europea e internazionale (l’Europa
dovrà agire su scala mondiale come protagonista sovrano) saranno
anch’esse indispensabili. Tra esse è necessaria la separazione delle
banche d’affari dalle banche di deposito e risparmio. Le Borse saranno
il terreno d’azione delle sole banche d’affari speculative e di
investitori istituzionali di vario genere. E’ fatto divieto di accedere
alle Borse alle banche di deposito e risparmio. E’ fatto divieto di
accesso alle Borse dei fondi speculativi comunque denominati.
Annullamento di tutti gli impegni su titoli ceduti a tassi che superano
il corretto interesse bancario (2,5-3 % al massimo). Lancio tra i
cittadini di un prestito nazionale solidale così come fu fatto in Italia
con il “prestito per la ricostruzione” del dopoguerra. Cessioni di
titoli al prestito internazionale devono essere contrattate a livello
dei governi dei vari paesi, dentro norme e costi concordati in modo trasparente e con la garanzia solidale dell’Ue.
Deve essere ripristinato, con apposita legislazione, il concetto
della funzione sociale del credito, che è principio giuridico e
politico. Le società di rating internazionali vanno bandite dall’Europa (la Guardia di Finanza
e l’antimafia potrebbero prendersi carico del compito unificando così
la lotta all’evasione con quella alla mafia) impedendo così il
pilotaggio internazionale della speculazione, il riciclaggio e l’uso dei
paradisi fiscali che sono il rifugio sicuro di ogni malversazione
finanziaria. Le banche e le Borse che seguono questi indirizzi (che sono
attualmente la pratica comune di tutta la finanza
mondiale), andranno immediatamente “sospese” come si fa normalmente
quando interviene una turbativa d’asta a scopo speculativo. Viene creato
un osservatorio comunitario sull’economia e la finanza.
Gli strumenti finanziari speculativi “over the counter” (ossia fuori
del controllo istituzionale) dovranno essere messi fuorilegge. E’ fatto
divieto di aiuti pubblici alle banche private. Il principio del “troppo
grande per fallire” deve essere dichiarato illegale. La privatizzazione
dei profitti e la socializzazione delle perdite è il comandamento del
sistema bancario e la condanna dei popoli e va quindi dichiarato
illegale.
Tutto ciò (e molto altro ancora) deve partire dall’introduzione di una politica
europea per la redistribuzione del reddito, attraverso un sistema
fiscale equo e condiviso. Ciò implica l’abrogazione del Fiscal Compact,
che è il vertice massimo dell’ingiustizia e del furto di sovranità.
Sappiamo che questa prospettiva incontrerà resistenze micidiali e
reazioni scomposte. Mario Draghi ripete ad ogni passo che non esiste un
“piano B” e che si proseguirà con l’euro così com’è. Ma diciamo che, se
le cose procederanno in questa direzione, noi ci mobiliteremo per
costruire delle casematte difensive, sotto forma di alleanze europee tra
paesi più colpiti. Sia per fronteggiare il disastro sociale, sia per
evitare di trovarsi di fronte, per esempio, a una Germania che – spinta
da un egoismo populista, esce dall’euro per conto proprio, trascinando
con sé un pezzo d’Europa
che è agganciato al suo carro. Sarebbe una decisione davvero drammatica
che segnerebbe la fine di un ruolo europeo della Germania e che
ricadrebbe non solo sui tedeschi ma su tutta l’Europa, con ripercussioni di scala mondiale.
Le opzioni possibili di una “ritirata ordinata”, difensiva,
dall’attuale sistema esistono e possono diventare concrete se perseguite
con decisione e con un giusto calcolo dei rapporti di forza. Tra queste
l’ipotesi di creare un “EuroSud”, che permetta a Grecia, Italia,
Spagna, Portogallo, Francia, altri paesi “deboli” esterni attualmente
all’Eurozona, si sottrarsi al colpo che viene loro inferto e che
potrebbe diventare ancora più duro in condizioni di prolungata
instabilità. Tra queste opzioni vi è anche quella di una trasformazione
dell’euro in moneta di conto internazionale, sottraendogli la natura di
moneta-merce, e utilizzando i sistemi di clearing per regolare i
rapporti del commercio interno europeo e quelli tra area euro e sistema
internazionale. Oppure l’introduzione concordata di monete nazionali che
si affiancano all’euro per consentire un rilancio dell’intervento
pubblico, incentivare la domanda locale e una fase di ripresa economica e
sociale.
(Estratto del “Manifesto per l’Europa”, pubblicato da “Megachip” e redatto dal laboratorio politico “Alternativa”, guidato da Giulietto Chiesa. Al
documento, presentato il 17 giugno a Bruxelles presso il Parlamento
Europeo alla presenza di svariati gruppi politici europei, hanno
lavorato intellettuali di diversa provenienza, come l’economista Bruno
Amoroso, il diplomatico Agostino Chiesa Alciator nonché Piero Pagliani e
Pierluigi Fagan).
(Fonte)
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