Quello che più deve preoccupare dell’allarmante titolo di questo
articolo è che non l’ho pensato io, ma l’ho copiato pari pari dal titolo
che Ross Douthat, uno dei più seguiti articolisti del New York Times ha
dato al suo articolo di sabato 1 giugno: “Prisoners of the Euro”.
È allarmante perché, se scrive certe cose un noto articolista del Times,
che sta negli Stati Uniti, dove il liberismo è talmente connaturato e
consolidato nella società che il massimo di spinta a sinistra e di
egualitarismo che potete trovare è quello che in Europa potrebbe tutt’al
più essere riconosciuto come modesto approccio ad un vago tentativo di
socialdemocrazia, allora vuol dire che siamo messi veramente male.
Ma cosa scrive Douthat? Scrive esattamente questo: “Attualmente l’Unione
Europea non sta promuovendo la democrazia, il liberalismo e il rispetto
dei diritti umani, sta invece sottomettendo i suoi Stati più deboli ad
uno straordinario test di resilienza, conducendo un sempre più perverso
esperimento tendente a vedere fino a che punto le norme liberali possono
essere sopportate”.
È semplicemente micidiale nella sua efficacia questa frase. Douthat non
fa giri di parole per trovare giustificazioni anche minimali al massacro
del benessere sociale cui sono stati sottoposti in questi ultimi tre
anni gli europei, va’ subito alle conclusioni e si chiede
sostanzialmente se l’Europa sia finita in mano a degli squilibrati che
vogliono semplicemente testare il livello di sopportazione della
popolazione ad una cura di liberalismo puro iniettato a dosi massicce.
Il test (stress test per la precisione) è basato sulla disoccupazione di
massa cui sono stati sottoposti i popoli europei nel triennio
esaminato, un periodo nel quale la disoccupazione ha raggiunto livelli
di guardia assoluti per la tenuta della democrazia stessa.
Quando grandi paesi industrializzati come l’Italia e la Spagna
raggiungono livelli di disoccupazione giovanile pari rispettivamente al
40% e al 50% (senza contare la Grecia che è già al 60%) è impossibile
non prevedere che è solo questione di tempo per arrivare a sommosse
anche violente della giovane popolazione e alla nascita (già se ne
vedono in giro i germogli) di movimenti e organizzazioni che punteranno
all’abbattimento dello Stato democratico per affidarsi a forme
autoritarie capaci di spazzare via i responsabili (irresponsabili) che
ci hanno portato a questo punto.
Il meccanismo perverso che ha causato tutto questo, dice Douthat (ma
ormai lo abbiamo già detto in molti anche noi, su Rinascita), è la
moneta unica Euro, che ha messo tutti i paesi dentro ad un recinto unico
dove però c’è solo un paese, la Germania, che può muoversi a suo
piacimento nel suo elemento naturale.
Ora, dico io, dare tutta la colpa alla Germania è fin troppo
semplicistico. La Germania non ha costruito da sola questa situazione,
vi ha contribuito la sua parte. Ma per il resto ci si è trovata come
tutti gli altri. Semplicemente ne ha approfittato svergognatamente. Ma
questo, per chi non se ne è ancora accorto, è nella norma delle
ideologie liberali.
Le decisioni sono state prese da una classe dirigente all’interno degli
organismi europei largamente dominata da personaggi strettamente
ispirati da questa ideologia. Una ideologia che nella gestione della
cosa pubblica ha sotterrato completamente ogni sentimento di solidarietà
per sostituirlo con quello della competizione pura: chi vince prende
tutto.
Una competizione però molto anomala, perché tende a preservare tutti i
diritti e i privilegi ai ricchissimi, mentre procede come un rullo
compressore a cancellare tutti quelli che le classi medie e povere si
erano conquistate in un secolo di lotte operaie e sindacali. Il
liberalismo continua ancora a promettere quelle opportunità di crescita
nella scala sociale che erano il perno del successo del liberalismo
stesso, ma che ormai sono diventate per tutti un miraggio, salvo
pochissime eccezioni.
Il capolavoro di follia pura applicata al metodo di governo è stata la
sottoscrizione di tutti gli stati Europei al Patto di Stabilità e ai
vincoli di bilancio”.
Mettiamo pure in ipotesi che questi personaggi, in grande maggioranza
provenienti da esperienze di amministrazione dominati dall’interesse
personale, abbiano fatto questa scelta in buona fede, in un momento cioè
in cui la crisi in Europa non era ancora arrivata a “mordere” a questi
livelli. Ma ormai è da due anni che la crisi sta affondando la corazzata
Europa, possibile che ancora non abbiano capito che la prima cosa da
fare è cancellare, o almeno sospendere, immediatamente quelle scellerate
norme?
Nei giorni scorsi, dopo che in soli due anni ci hanno già quasi
completamente dissanguato in termini economici, hanno accordato
all’Italia l’uscita dalla procedura di “stabilizzazione per debito
eccessivo”. Aveva lo scopo di costringerci, attraverso “riforme
strutturali” (leggi “tagli al welfare”), di ridurre il debito. E stato
ridotto il debito? Neanche per sogno! Grazie alla crisi che ci hanno
buttato addosso il debito è persino cresciuto.
Ma allora, ci voleva un genio per capire, appena iniziata la fase
critica della crisi (più di un anno fa!), che quella dannata regola
andava sospesa subito? No, non occorreva un genio, per il semplice fatto
che lo hanno fatto apposta.
La scusa era quella del debito, ma lo scopo
era quello di cancellare le conquiste sociali. Eppure nemmeno i partiti
della nostra cosiddetta “sinistra” sono stati capaci di opporsi
seriamente a questo autentico flagello sociale.
Dice ancora Douthat: “In una situazione così compromessa come quella che
si è venuta a creare nel durante, e ancor più in prospettiva, l’unica
soluzione seria per uscire immediatamente da questa spirale perversa
(che come abbiamo visto in precedenza porta inevitabilmente a mettere a
serio rischio l’intero sistema democratico), è l’uscita immediata
dall’euro. Con il completo recupero della propria sovranità monetaria e
di gestione della propria ricchezza, ogni Stato europeo potrà finalmente
dimostrare le proprie capacità senza dover dipendere da controlli (e
interessi!) esterni”.
Personalmente ho già sostenuto almeno due anni fa questa soluzione come
la migliore.
Purtroppo più passa il tempo e peggiore diventa la
situazione della nostra economia, rendendo quindi più difficile anche
l’ipotesi dell’uscita dall’euro, che non sarebbe in nessun caso una
“passeggiata”.
Tuttavia, piuttosto che l’orribile futuro certo che ci prospettano
questi strateghi della “morte lenta”, meglio l’avventura dell’uscita
immediata dall’euro. In fondo la forza dell’Italia non è certo l’euro, è
la nostra capacità di produrre beni e servizi, e quello possiamo farlo
benissimo con la lira (o altra moneta da creare).
Dicono: ma dopo, chi comprerà ancora il nostro debito? Risposta: cosa
centra il debito con la moneta? Il debito lo pagheremo con la nuova
moneta, tutto qui.
Dicono: ma gli investitori avranno paura e non compreranno più il nostro
debito. Risposta: se è vero che (e credo sia vero) che gli investitori
esteri sono già scappati quasi tutti dal nostro debito, il problema
diventa praticamente solo interno all’Italia. E perché dovrebbero il 90%
degli italiani pagare interessi da strozzini al 10% che ha in mano
quasi tutto il debito italiano? In tal caso una ristrutturazione del
debito risolverebbe il problema anche per le future generazioni e
l’Italia potrebbe in pochi mesi ripartire alla grande.
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