Gli operai della Cft Rossi e Catelli di Parma, hanno subito una doppia ingiustizia. Da una parte il fulmine al ciel sereno della messa in mobilità, decisa dai vertici dell'azienda per sessantaquattro dipendenti, dall'altra l'impossibilità di lamentarsi e far sentire la propria voce.
Sono ormai cinque anni che l'azienda chiude in passivo: per ragioni
di bilancio, già tre anni fa, era stato deciso di mettere in mobilità
una parte dei lavoratori. Fu una rivolta: i dipendenti occuparono l'azienda
e bloccarono l'attività, fintanto che il provvedimento non venne
ritirato e le persone poterono tornare al lavoro. Lo sciopero aveva
risolto la questione. E così contavano di fare anche anche stavolta, ma
è stato impossibile.
Dopo infatti che è stato dato l'annuncio della ristrutturazione dell'azienda, fatta di tagli che peseranno sui lavoratori, i sindacati hanno convocato un'assemblea straordinaria, per discutere sul da farsi. Ed ecco la sorpresa: uscendo dal posto di lavoro, gli operai si sono trovati la ditta circondata da transenne, attorno alle quali si muove una decina di vigilantes il cui impegno è evitare proteste all'interno della proprietà. Subito chiamata dai sindacati la Digos, i lavoratori hanno così che quegli addetti alla sicurezza sono stati ingaggiati dai dirigenti dell'azienda e che monitoreranno giorno e notte l'area onde evitare manifestazioni. Ovviamente, sono pagati dalla ditta per il servizio offerto.
Pur non potendo dimostrare e protestare, i licenziati sono furiosi e
promettono battaglia. Si son visti strappare via in un solo giorno due
dei propri diritti, quello del lavoro e quello dello
sciopero, e a nulla valgono le rassicurazioni dei dirigenti della Cft
Rossi e Catelli secondo cui le manifestazioni possono essere fatte,
basta che non siano nel perimetro della ditta.
(Fonte)
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