Pdl, pronta la norma “anti contestazioni”. Carcere per chi turba le manifestazioni
Il testo del deputato Ignazio Abrignani ha già
avuto l'ok dei vertici di via dell'Umiltà dopo la manifestazione del
Popolo delle Libertà a Brescia quando un gruppo dei centri sociali
contestò Berlusconi. Il provvedimento prevede la reclusione da uno a 3
anni e multe fino a 2500 euro
Il testo sembra tagliato su misura dopo la manifestazione di maggio del Pdl a Brescia quando un gruppo dei centri sociali contestò Silvio Berlusconi. E’ in quella stessa occasione, per esempio, che Renato Brunetta arrivò al presidio scortato dagli agenti del reparto mobile. E così la bozza di proposta di legge preparata dal deputato berlusconiano Ignazio Abrignani è stata già ribattezzata norma anti-contestazioni:
prevede il carcere da uno a 3 anni e multe da mille a 2500 euro per chi
disturba le manifestazioni dei partiti in piazza, non solo durante le
campagne elettorali, ma in tutte le iniziative politiche, sia pubbliche
che private. L’impianto sostanziale della proposta di legge ha avuto
l’ok politico dello stato maggiore di via dell’Umiltà e attualmente è in
corso un lavoro di rifinitura del testo.
Non è un’iniziativa
personale dell’onorevole del Pdl, bensì è stato quest’ultimo che ha
avuto un vero e proprio mandato dal partito per mettere insieme un
possibile testo. Già nei giorni successivi alla manifestazione di
Brescia il Pdl pensava a norme ad hoc. Tanto che la questione fu al
centro di un’assemblea dei gruppi parlamentari del partito: erano
assenti Berlusconi e Alfano (impegnato
in un consiglio dei ministri). Tuttavia la maggior parte degli
interventi di quel giorno si concentrò sul post Brescia. Lo stesso Brunetta
aveva detto di aver sentito il Cavaliere e che si era arrivati alla
decisione di intervenire a livello legislativo. La legge attuale – aveva
spiegato ai parlamentari il capogruppo alla Camera – impedisce il
disturbo alle manifestazioni politiche ma “non è esplicitamente
estensibile alle manifestazioni elettorali per le amministrative”.
Proprio in quell’occasione fu dato mandato a Abrignani di elaborare una
nuova proposta sulla materia.
Avevano peraltro già detto un no netto a una legge del genere sia il Movimento Cinque Stelle (attraverso il blog di Beppe Grillo) sia il Partito Democratico
che quando il Pdl ufficializzò la volontà di preparare la legge la
definì “folle”. L’obiettivo di queste norme, spiegà l’ex sottosegretario
agli Interni Ettore Rosato, ha il solo obiettivo di “azzerare il
dissenso per legge”.
Quanto ad Abrignani si tratta dell’ex capo della segreteria politica di Claudio Scajola e
un tempo si era trovato anche tra le correnti dei “critici” all’interno
del Pdl, quelle che facevano capo a Scajola – appunto – e a Beppe Pisanu.
La
nuova legge potrebbe essere un modo, spiegano dal Pdl, anche per
agevolare il lavoro delle forze dell’ordine impegnate ad assicurare la
massima sicurezza possibile in situazioni delicate come queste. Il
progetto di legge consta di un solo articolo, formato da tre commi e si
intitola “Norme a tutela della libertà di riunione politica e di
propaganda elettorale”. Il primo comma della bozza recita così:
“Chiunque con qualsiasi mezzo impedisce o turba una riunione politica,
sia pubblica che privata, è punito con la reclusione da uno a tre anni e
con la multa da euro 1.000 a euro 2.500”. Il testo prevede
un”aggravante” per chi contesta manifestazioni elettorali: “Se la
riunione è di propaganda elettorale, la multa è raddoppiata”.
Linea
ancora più dura, secondo quanto prescrive il secondo comma, per il
pubblico ufficiale che veste i panni dell’agitatore di piazza: “Se
l’impedimento proviene da un pubblico ufficiale, la pena è della
reclusione da due a cinque anni”. Spulciando la relazione introduttiva
del progetto di legge, il pugno duro del Pdl contro i contestatori si
fonda su un’interpretazione precisa dell’articolo 17 della Costituzione,
che garantisce il diritto ai cittadini di riunirsi “pacificamente”,
ossia “in assenza del pericolo che il suo svolgimento possa provocare
danni a persone o cose, e “senza armi”, a prescindere dal luogo in cui
le riunioni si svolgono”. Una proposta di legge, si legge ancora, “volta
a introdurre una normativa chiara e di portata generale, estendendo
quei presidi garantiti per le riunioni di propaganda elettorale
stabiliti dall’articolo 99 del dpr 361/1957 che, per il divieto di
analogia ex articolo 25 della Costituzione dovendo essere applicato
tassativamente, non valgono per le elezioni amministrative”. Si tratta
di una norma, continua la relazione, “presente in tutte le democrazie europee”.
La proposta di legge, è nata dopo il clamore suscitato dagli incidenti di Udine e Brescia.
E accese subito il dibattito politico in Parlamento. Sotto accusa,
nell’immediatezza dei fatti in piazza Duomo, erano finiti soprattutto
Sel e la presidente della Camera, Laura Boldrini, per
non aver difeso prontamente e in pubblico i parlamentari pidiellini
oggetto di ingiurie da parte dei contestatori. Il clima si infiammò
a tal punto che la Boldrini decise di intervenire che gettare acqua sul
fuoco: “Se gli insulti sessisti ci sono stati vanno condannati ed è
ovvio che esprimo la mia solidarietà a quelle deputate in quanto donne”.
Da allora il partito di via dell’Umiltà ha deciso tenere alta la
guardia sull’argomento, ripromettendosi di disciplinare la materia senza
cadere in “facili strumentalizzazioni politiche”.
(Fonte)
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