Revisionismo storico “a bassa intensità” a Pordenone – il caso Kanish Mvudisa
Succede che, tra i record pordenonesi, in questa città industriale
culturalmente all’avanguardia, ci sia un immigrato congolese, Kanish
Mvudisa – esponente della Resistenza alla dittatura di Mobutu,
economista, operaio e sindacalista – che diventa il primo segretario
cittadino di origine straniera di un partito.
Succede che purtroppo una delle tristi evenienza della vita sia la
sua prematura interruzione: Kanish muore il 16 gennaio del 2011, a soli
52 anni. Succede che l’ultimo viaggio di Kanish sia vissuto con grande
emozione in città, grazie anche al protagonismo dell’Amministrazione
Comunale.
Pure l’Amministrazione Provinciale prende atto per motivi formali della
morte di Kanish, e si assume alcuni oneri assistenziali verso i suoi
figli (cfr. delibera questo indirizzo ).
Ma succede che quella stessa Amministrazione Comunale, al momento del censimento, dichiari Kanish “irreperibile”, come ci informa Stefano Polzot in un articolo del quotidiano locale “Messaggero Veneto” pubblicato il 5 gennaio 2013 (Irreperibile all’anagrafe, invece è morto. Pordenone: il caso del leader degli immigrati Mvudisa: il Comune collaborò ai funerali, ma ora non rilascia il certificato di decesso).
Succede che ci sia chi chiama l’Amministrazione Comunale a giustificarsi: visti i numerosi atti pubblici, e l’esistenza di un segno tangibile come la stessa tomba nel cimitero cittadino, e visto che si presume che i molteplici archivi digitali cittadini (ma anche le zucche ad essi preposte) dialoghino tra loro, è evidente che è stato commesso un falso in atto pubblico, e/o un atto di spregio razzista. Ambedue tanto inammissibili quanto intollerabili.
Succede che, invece di correggere l’errore e scusarsi, amministratori pubblici e funzionari si trincerino dietro giustificazioni risibili: rinviamo alle pagine della stampa locale per prendere coscienza che Pilato ed i Farisei sono evergreen onnipresenti.
In sintesi, succede quello che
certamente non sarebbe successo, se Kanish fosse stato un pordenonese
“con le carte in regola”. Se non fosse stato un africano nero. Se fosse
nato a Bolzano, come l’attuale sindaco pro tempore.
Succede che si commemori ogni gennaio, ingenuamente e spesso ritualmente, lo sterminio nazista di antifascisti, comunisti, cristiani confessanti, ebrei, handicappati, lesbiche, neri, omosessuali, pazienti psichiatrici, rom, sinti, slavi, socialisti, testimoni di geova, (tutti in rigoroso ordine alfabetico), quando abbiamo il revisionismo storico a portata di mano, in casa nostra, oggi stesso.
Revisionismo “totalitario” che ogni giorno riscrive, cancellandone implacabilmente anche la memoria umana, la storia di una città che qualche secolo fa era stata capace di rifiutare il seggio vescovile, mandando a dire al prelato concordiese che – per quanto sarebbe costato con le sue pretese – poteva pure rimanere nelle paludi portogruaresi. Una città laica, progressista ed operaia, che dovette essere militarmente sconfitta dalle bande dell’unico ministro concittadino, quel Pisenti che fu ministro della “giustizia” della Repubblica fantoccio di Salò, capofila di un ceto politico-economico che seppe intrupparsi prima con il fascismo e poi con il successivo regime clericale. E che oggi fa finta di essere diverso, anche se sono sempre gli stessi a tenere le redini del potere ed a depurare la memoria da ogni Kanish che appaia a turbare il loro orizzonte del moderatismo conservatore.
Cose di una piccola città, di piccola gente, tanto supponente quanto ottusa. Cose di tutti i giorni, a volerle tollerare. Usque tandem… ?
Succede che si commemori ogni gennaio, ingenuamente e spesso ritualmente, lo sterminio nazista di antifascisti, comunisti, cristiani confessanti, ebrei, handicappati, lesbiche, neri, omosessuali, pazienti psichiatrici, rom, sinti, slavi, socialisti, testimoni di geova, (tutti in rigoroso ordine alfabetico), quando abbiamo il revisionismo storico a portata di mano, in casa nostra, oggi stesso.
Revisionismo “totalitario” che ogni giorno riscrive, cancellandone implacabilmente anche la memoria umana, la storia di una città che qualche secolo fa era stata capace di rifiutare il seggio vescovile, mandando a dire al prelato concordiese che – per quanto sarebbe costato con le sue pretese – poteva pure rimanere nelle paludi portogruaresi. Una città laica, progressista ed operaia, che dovette essere militarmente sconfitta dalle bande dell’unico ministro concittadino, quel Pisenti che fu ministro della “giustizia” della Repubblica fantoccio di Salò, capofila di un ceto politico-economico che seppe intrupparsi prima con il fascismo e poi con il successivo regime clericale. E che oggi fa finta di essere diverso, anche se sono sempre gli stessi a tenere le redini del potere ed a depurare la memoria da ogni Kanish che appaia a turbare il loro orizzonte del moderatismo conservatore.
Cose di una piccola città, di piccola gente, tanto supponente quanto ottusa. Cose di tutti i giorni, a volerle tollerare. Usque tandem… ?
(di: Gian Luigi Bettoli - Fonte)
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