giovedì 7 febbraio 2013

Basta, sequestriamo l'Ilva

Uno Stato che sappia fare lo Stato avrebbe già avviato le procedure di nazionalizzazione dell'impianto, per poi bonificarlo a spese dei suoi attuali proprietari e infine rimetterlo sul mercato



 Nel caso Ilva si è visto di tutto. Tranne lo Stato. Non che il Governo sia stato assente: anzi, è intervenuto cercando anche per via legislativa di trovare una soluzione e il Ministro dell'ambiente, Corrado Clini, si è adoperato ben oltre le sue specifiche competenze. Ma è mancato il senso dello Stato, ossia la capacità di fare sintesi delle diverse esigenze, tutte legittime anche se in contrasto tra di loro: la tutela della salute dei cittadini, la difesa dell'occupazione, la continuità di una fabbrica fondamentale per l'economia italiana.

In queste condizioni occorre un passo più deciso. Lo Stato deve intervenire sostituendosi temporaneamente alla proprietà privata per avviare un'operazione di risanamento e di rilancio salvaguardando la salute degli abitanti. Non si tratta di nazionalizzare un'impresa perché strategica, ma di sottrarla temporaneamente a una proprietà che è sotto accusa della magistratura e non può avere la lucidità per gestire una fase così complessa mentre deve difendersi da accuse pesanti. Poi, una volta risolti i problemi più rilevanti, potrà essere rimessa sul mercato, tenendo conto degli esiti giudiziari. Occorre un intervento temporaneo, com'è stato il caso delle industrie automobilistiche in Usa da parte del presidente Obama, all'indomani della crisi globale.

COME LA MAGISTRATURA ha sequestrato la produzione, così lo Stato dovrebbe sequestrare l'azienda per un periodo limitato di tempo al fine di consentirle di avviare le bonifiche e di utilizzare i proventi della produzione (anch'essa sequestrata) per pagare i salari e non perdere le commesse. In una situazione di crisi come l'attuale, le imprese concorrenti dell'Ilva di altri paesi anche a noi vicini cercheranno di approfittare della non operatività degli impianti di Taranto con risultati che rischiano di trasformare la crisi ambientale in crisi economica e produttiva permanente. Tutto il comparto siderurgico italiano dovrebbe reagire per evitare che una simile perdita di produzione si consolidi e comporti un depotenziamento della nostra capacità di produzione.

Con l'intervento dello Stato si potrebbero immaginare anche soluzioni temporanee per allontanare momentaneamente le persone più a rischio per le emissioni, fintanto che l'abbattimento dell'inquinamento non sia assicurato. Si tratta d'interventi estremi ma necessari se la salute delle persone è a rischio. Interventi che si possono fare solo se è lo Stato a garantire l'operazione.

Il Governo tutto dovrebbe assumersi la responsabilità, a partire dal presidente del Consiglio e dal ministro dello Sviluppo economico, senza lasciare al ministro dell'Ambiente il compito inusuale di difendere le ragioni della produzione e dell'occupazione. Il ministro dell'Ambiente deve essere il garante della rapidità e dell'efficacia degli interventi di risanamento previsti.

IL SEQUESTRO DELL'AZIENDA deve essere chiaramente temporaneo e non dare luogo a una nazionalizzazione permanente. I costi di quest'operazione devono essere caricati sull'azienda e sui suoi azionisti e di tali costi occorrerà tenere conto quando l'azienda sarà rimessa sul mercato. Dopo il risanamento e se si sarà riusciti a difendere la produzione, l'azienda avrà un valore maggiore e l'occupazione potrà essere conservata.

Per condurre una simile operazione, occorrono anche manager capaci di rapidi interventi. Questo governo aveva individuato in Enrico Bondi l'uomo della spending review a cui affidare il compito di tagliare la spesa pubblica. La sua fama deriva dalla sua storia di manager rafforzata dall'impegno messo per risanare Parmalat. Poi il commissario alla spesa pubblica è stato dirottato a un compito di partito: la verifica della reputazione dei candidati al Parlamento della lista Scelta civica di Mario Monti. Un compito francamente meno rilevante e comunque ormai assolto. Forse sarebbe il caso di dirottare lui o altra persona a cercare di risolvere il problema dell'Ilva che rischia di penalizzare una città, una regione e tutta l'Italia, per i suoi riflessi sul sistema economico e sociale del paese.
(Fonte)
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